Il bastone di Asclepio
a cura di Sergio De Benedictis [sergio.debene(at)gmail(dot)com]
Un artigiano della medicina: il Chirurgo

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Non ce ne vogliano i tanti medici-filatelisti per la definizione riportata nel titolo, ma la parola “artigiano” è stata utilizzata nel senso più nobile del termine. Artigiano è colui che utilizza la propria arte nello svolgere manualmente e/o con l’ausilio di attrezzi il proprio lavoro; è colui che in gioventù, scelta la strada, si è posto sotto la guida di un “maestro”, frequentando la sua “bottega” e imparata l’arte è andato avanti da solo per la sua strada. Al pari un chirurgo svolge il proprio lavoro dotato di una eccellente manualità ed inizialmente si specializza presso una scuola accreditata che fa sicuramente capo ad un valente “maestro” dal quale apprende il “modus operandi” che porterà in seguito nel proprio ambito lavorativo.

Fin dall’antichità abbiamo testimonianza della sua figura: papiri arrivati fino a noi, come il Papyrus Smith, dal nome dell’egittologo Edwin Smith che lo acquistò nel 1862 da un rigattiere di Luxor, ci descrive oltre a ben circostanziati casi clinici ed allo strumentario utilizzato, anche la figura del chirurgo.

Uomo attento ed esigente, con un'ampia visione della vita del suo tempo. Non un semplice medico ma capace di osservare, trarre conclusioni dalle sue osservazioni, mantenere una mente ed un’attitudine prettamente scientifiche.

Fu anche capace di creare una nuova terminologia, riprendendo termini dal mondo naturale e dalla vita quotidiana.

A Ninive, sulla riva sinistra del fiume Tigri, a Nord della Mesopotamia, durante gli scavi sono venuti alla luce scalpelli, seghe, bisturi e trapani, strumenti testimoni di una attività medica chirurgica oltre a varie iscrizioni su tavolette di argilla che ci parlano di interventi chirurgici come quelli di cataratta.



La civiltà indiana ha sino al IV secolo una pratica medica sostanzialmente chirurgica, così come viene riportato nel testo sacro del “Susruta-Samhita”: la chirurgia è la prima e più alta branca della medicina, la sua pratica produce pochissimi decessi, degna del massimo rispetto sia in terra che nei cieli!

 

Nel continente americano grande esperienza riscontriamo nei chirurghi messicani e peruviani: note operazioni di taglio cesareo, trapanazione del cranio, incisione dei tumori e interventi alla prostata; comune l’uso dei capelli come filo di sutura.

Il famoso chirurgo cinese Hua To (110-207) procedeva negli interventi solo dopo che risultavano vane pratiche di agopuntura e utilizzo dei farmaci, in quanto nell’antica Cina non era ammesso lo spargimento di sangue; già note pratiche anestetiche a base di somministrazione di vino misto alla Cannabis Indica.

Su un antico vaso greco databile intorno al 500 a.c. forse la più antica rappresentazione di un atto chirurgico: Achille che cura le ferite di guerra del suo amico Patroclo, attraverso un bendaggio.

 

Ippocrate (460-377 a.C.), padre della medicina, si dimostra cauto nel ricorrere alla pratica chirurgica, tentando prima altre strade meno invasive.

Razhes (865-925), medico persiano, tratta organicamente tutta la materia nel suo testo “El Hawi”; per chiudere le ferite utilizzava l’intestino degli animali.

 

Avicenna (980-1037) nei suoi cinque volumi del “Canone” discerne ampiamente la materia ed il suo “sapere” rimane un riferimento per diversi secoli a venire.

Il medico/alchimista Paracelso (1493-1541), testimone del passaggio della pratica medica dall’antico al moderno, nel 1536 pubblicò “Die grosze chirurgie” in cui spiega tra l’altro come trattare ulcere e infezioni da ferite.



Sfogliando il “De humani corporis fabrica” si rimane sorpresi dagli studi anatomici di Vesalius (1514-1564), che esercitò presso l’Università di Padova, ma ancor di più colpiti dalle perfette riproduzioni del pittore tedesco, allievo di Tiziano, Johannes Stephan van Calcar.

 


Non si era soliti durante le operazioni ricucire i vasi sanguigni; il sanguinamento veniva semplicemente fermato con olio bollente o ferri roventi. Ma il grande chirurgo francese Ambroise Paré (1510-1590) vi pose rimedio; per lui non c’era distinzione tra un internista ed un chirurgo.

 

 

Professore di anatomia e chirurgia fu l’inglese William Harvey (1587-1657) il cui nome è legato alla scoperta e agli studi sulla circolazione sanguigna.

 

 

Padre della chirurgia ortopedica fu l’olandese Hendrick van Deverten (1651-1724) con i suoi studi sul rachitismo e la realizzazione di innovativi bendaggi e strumentario.

 


Singolare la figura del chirurgo “itinerante” bavarese Johann Andreas Eisenbarth (1663-1727). Con l’appellativo di “doktor”, senza aver frequentato alcuna università, era più vicino alla figura a quel tempo nota come “barbiere chirurgo”; si muoveva per tutta la Germania con un entourage di più di 120 persone portando in giro un vero e proprio spettacolo da baraccone. Musica e chiasso delle rappresentazioni serviva a coprire le urla di dolore dei suoi pazienti.


Dominique Jean Larrey
(1766-1842), già ricordato nell'articolo: I medici dell'Imperatore, ebbe modo al seguito del Bonaparte di fare larga pratica sul campo di battaglia; sua l’idea di costruire degli ospedali da campo trasportabili, tanto da poterlo definire il padre della moderna chirurgia di guerra.

 

Lo statunitense Ephraim McDowell (1771-1830), fondatore della chirurgia addominale, effettuò la prima ovariotomia senza alcuna anestesia o pratiche di sterilizzazione; di lì a poco fu il suo connazionale Crawford Long (1815-1878) ad utilizzare per primo l’anestesia durante una operazione chirurgica.

 


Sembra strano al giorno d’oggi ma fu l’ostetrico ungherese Ignác Fülöp Semmelweis (1818-1865), noto come “il salvatore delle madri”, che nel 1847 scoprì che l'alta incidenza di febbre puerperale poteva essere drasticamente ridotta mediante la disinfezione delle mani.

 


Durante la guerra di Crimea (1854-1858), operando all’interno della fortezza di Sebastopoli, il chirurgo russo Nikolaj Ivanovič Pirogov (1810-1881) si specializzò nelle operazioni di amputazione degli arti, sviluppando una sua tecnica particolare con un taglio al di sotto del ginocchio.

 


Tutta la medicina deve essere chirurgica” era il motto di Theodor Billroth (1829-1924), caposcuola in molti settori della chirurgia; a lui si deve la prima esofagectomia nel 1871 e la prima laringectomia nel 1873. Affrontò con grande impegno il problema della chirurgia gastrica sotto l’aspetto dei tumori.

 

 

E ricordiamo anche un italiano, il nostro Carlo Forlanini (1847-1918) che inventando la tecnica dello pneumotorace artificiale, diede speranza ai tanti malati tubercolotici.

 



E riconoscimenti quali il Nobel non sono mancati: tra i primi Emil Theodor Kocher (1841-1917) che lo ricevette nel 1909 per “ il suo lavoro sulla fisiologia, sulla patologia e sulla chirurgia della tiroide “.

 

Anche se non fu un chirurgo, la categoria gli deve molto per aver scoperto la radiazione elettromagnetica nell'intervallo di frequenza oggi noto come raggi X: stiamo parlando del fisico tedesco Wilhelm Conrad Röntgen (1845-1923); da allora fu più facile programmare gli interventi.

Altro aiuto fondamentale arrivò dalla scoperta nel 1901 dei gruppi sanguigni, che rese possibili le trasfusioni durante gli interventi, da parte di Karl Ernest Landsteiner (1868-1943) che fu premiato anche lui con il Nobel nel 1930.

Anche se discutibile per l’applicazione della lobotomia nella terapia di alcune psicosi, vogliamo ricordare il neurochirurgo portoghese António Caetano de Abreu Freire Egas Moniz (1874-1955), che sviluppò la tecnica dell’angiografia cerebrale con contrasto per indagare la causa di svariati tipi di malattie nervose, come tumori e malformazioni arterovenose, venendo riconosciuto come un pioniere nel suo campo.

 

 

Gettò le basi della chirurgia fisiologica Henri Marie René Leriche (1879-1955) e nei suoi studi enfatizzò l’importanza del sistema nervoso vegetativo.

 

 

Grande importanza hanno i vari congressi dedicati a questa branca medica; occasioni in cui gli specialisti hanno la possibilità di scambiare opinioni ed esperienze.

Diversamente che nel passato, i chirurghi hanno ora diversi metodi diagnostici a disposizione come può essere una gastroscopia o una broncoscopia e diversi farmaci come gli antibiotici che possono essere somministrati in una profilassi pre o post operatoria.

In ultimo riportiamo l’importante ruolo del chirurgo nella pratica dei trapianti che, potendo in certi casi sostituire l’organo malato, ha risolto molte patologie.


Anche se fu solo un teorico, Alexis Carrel (1873-1944), Nobel nel 1912, compì importanti studi, realizzando trapianti di organi in animali e studiando nuove tecniche per la conservazione di organi e tessuti al di fuori del corpo attraverso la coltura in vitro.

 


Tutto ha avuto inizio nel 1918 da un trapianto di cornea ad opera del russo Vladimir Petrovich Filatov (1875-1956); ma ancora nel nostro immaginario il trapianto più famoso resta quello di Christiaan Barnard (1922-2001) presso il Grooteschuur Hospital di Cape Town in Sud-Africa.

 


Dopo 9 ore in sala chirurgica il cuore della defunta Denise Darvall viene impiantato nel corpo di un lituano di 54 anni, Louis Washkansky, che soffriva di diabete e di un inguaribile male cardiaco. L’operazione ha successo, la sensazionale notizia fa il giro del mondo in poche ore: Barnard diventa il chirurgo più famoso del momento.

Nella sua autobiografia sono descritte le paure e le difficoltà di un uomo qualunque che, grazie a sacrifici e buoni sentimenti, ma anche alla voglia di emergere e di successo, è riuscito a lasciare qualcosa di indelebile e concreto all'umanità: un artigiano dunque!



Sergio De Benedictis
21-06-2020