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APPUNTI SULLA STORIA POSTALE DI FARA
- dalla prima Repubblica Romana all’annessione al Regno d’Italia -
di Francesco Maria AMATO

I primi nuclei abitativi che risiedettero stabilmente nei territori ove prese corpo il comune di Fara risalgono al paleolitico medio. Numerosi tuttavia sono le testimonianze dell’età del bronzo, ed ancor più quelle dell’età del ferro fra le quali diversi fondi di capanna databili con buona approssimazione alla fine del IX, all'VIII ed al VII secolo a.C. Pregevole e rilevante il recente ritrovamento di una casa del VI secolo a.C. che, sicuramente appartenente all’insediamento sabino identificato con la città di Cures, continuò ad esistere anche in epoca romana, come dimostrano i resti di murature appartenenti ad un complesso termale, ad un teatro e ad una necropoli.

Elemento caratteristico di questo periodo è tuttavia la presenza, sul territorio, di una forte diffusione di ville rustiche costruite tra il II e il I secolo a.C. quali quelle di Fonteluna, di Mirteto, dei Cagnani e di S. Lorenzo in zona Canneto, di S. Andrea e di S. Pietro nei pressi di Borgo Salario, di Grottaglie, di Piano S. Giovanni, di Grotta Scura, di Monte S. Martino e di Fonte Vecchia (1).

Le origini dell’abitato che oggi possiamo invece vedere, si fanno risalire ad epoca più recente, forse longobarda, come sembra indicare lo stesso toponimo “fara”, termine con il quale veniva individuato sia un gruppo familiare, sia il territorio loro assegnato dal re longobardo. Il primo elemento architettonico che salta subito all’occhio del visitatore che giunge a Fara è l’antico castello. Risalente intorno all’anno 1006, alterne furono le vicende ed i fatti storici che nel tempo lo videro protagonista. Portato nel 1050 dall'abate Berardo I sotto il controllo dell'Abbazia di Farfa, fu successivamente occupato da Rustico, uno dei membri della potente famiglia dei Crescenzi Ottaviani. Il 17 marzo del 1082 tuttavia, grazie all’intervento armato dell'imperatore Enrico IV, in visita a Farfa, Rustico dovette abbandonare in gran fretta il castello che tornò così nuovamente in possesso dell'Abbazia. Con lo sviluppo e l'incremento demografico nell’XI secolo il polo unificatore della città di Farfa divenne la chiesa di S. Antonino la cui costruzione fu iniziata nella prima metà del secolo per supplire alle nuove esigenze della cura d'anime indubbiamente cresciute in questo periodo, e non più in grado di essere svolte dalla piccola chiesa di S. Maria in Castello. Nel corso del XV secolo Fara divenne un feudo degli Orsini, poi di Federico da Montefeltro, duca di Urbino, per passare definitivamente, una volta tornata agli Orsini, sotto il controllo dello Stato Pontificio.

Passata alla famiglia dei Barberini, nel XVII secolo il cardinale Francesco Barberini, nipote di Papa Urbano VIII, riorganizzò il complesso di edifici costituiti dal castello e dalle costruzioni adiacenti. Delimitato il terreno antistante con un muro di cinta, vi fondò, nel 1673, il monastero delle Clarisse Eremite (2). Le Regole dell’ordine religioso, da lui dettate, rimasero in vigore fino al 1963. Inserita nel Dipartimento del Cliturno – Cantone di Poggio Mirteto durante il periodo della Repubblica Romana del 1798-99, superata l’occupazione francese dei territori della chiesa del 1808-1813 ed il successivo breve periodo che vide per protagonista il Murat dal dicembre del 1813 all’ottobre del 1814, Fara, con la sistemazione delle delegazioni apostoliche voluta da Papa Pio VII nel 1816, fece parte della Delegazione di Rieti. Elevata a sede di governatorato dipese postalmente da Civita Castellana.

I primi tasselli di documentazione postale di cui posso fornire valido riscontro sono rappresentati da un bollo di franchigia in negativo del Comune di Fara (fig. 1) estrapolato dal frontespizio di una missiva per Roma datata 13 gennaio 1830 ed una lettera con destinazione Castelnuovo di Farfa del 5 dicembre 1833.

Fig. 1 - Bollo di franchigia in negativo del Comune di Fara - (archivio personale)

Sul fronte di quest’ultima, il bollo di franchigia Delegazione di Rieti / Governo di Fara apposto con inchiostro nero (fig. 2).

Fig. 2 - Lettera da Fara per Castelnuovo di Farfa - (www.annullisabini.altervista.org)

Ancora risalente allo stesso decennio, e più precisamente al 1837, il bollo di franchigia postale della Deputazione Sanitaria Comunale di Fara che riporto in figura 3.

Fig. 3 - Deputazione Sanitaria Comunale di Farfa - (Gallenga M. I bolli dell’Umbria e della Sabina)

A decorrere dal 1840 il Comune dipese postalmente dalla Direzione di I Classe di Poggio Mirteto, come dimostra la missiva del 17 dicembre 1847 con destinazione Roma riportata in figura 4.

Fig. 4 - Lettera da Fara per Roma inoltrata via Poggio Mirteto - (www.annullisabini.altervista.org)

La lettera, inoltrata tramite l’ufficio di posta di Poggio Mirteto, bollo in stampatello inclinato sul fronte, reca al verso il lineare in stampatello diritto di Fara (fig. 5).

Fig. 5 - Lineare di Fara sul verso della lettera per Roma - (www.annullisabini.altervista.org)

Con la proclamazione della Repubblica Romana del 1849, ottemperando alle disposizioni del nuovo Governo, vennero modificati i bolli di franchigia postale in dotazione, sostituendo le insegne pontificie con quelle repubblicane (fig. 6).

Fig. 6 - Repubblica Romana del 1849. Governo di Fara - (Gallenga M. I bolli dell’Umbria e della Sabina)

Svanito il sogno di indipendenza e ristabilita l’autorità del papa sui territori della Chiesa, nel corso della seconda metà del 1850, in piena epoca filatelica, l’ufficio di posta ebbe in uso anche il bollo su due righe Fara/Affrancata di norma apposto con inchiostro rosso (fig. 7).

Fig. 7 - Bollo accessorio Fara/Affrancata -
(Burgisser A. Stato Pontificio. Bolli ed Annullamenti Postali)

Al 1854 risale il bollo di franchigia Gendarmeria Pontificia/Leg. Umbria/Brigata/Fara (fig. 8) in dotazione ai Corpi Militari che sostituirono i Carabinieri Pontifici dopo la caduta della Repubblica Romana (3).

Fig. 8 - Bollo di franchigia della Gendarmeria Pontificia di Fara - (archivio personale)

Alla luce della nuova suddivisione amministrativa, nel 1857 il Governo di Fara dipese dalla Provincia di Rieti unitamente ai Governi di Canemorto, Magliano, Poggio Mirteto e Rocca Sinibalda.
L’invasione dell’esercito Sardo dei territori pontifici dell’Umbria e della Sabina dell’11 settembre 1860 si concluse in circa dieci giorni portando un vento di libertà alle locali popolazioni che votarono per l’adesione al Regno d’Italia. Dal mese di novembre del 1860, vennero ritirati i francobolli pontifici (4) per essere sostituiti con quelli sardi (fig. 9).

Fig. 9 - Frammento con valore da centesimi 10 della IV emissione di Sardegna annullato con bollo circolare FARA 2/NOV/61 - (www.bollisabini.altervista.org)

Mentre le quattro ex province pontificie esistenti tra l’Umbria e la Sabina vennero ridotte ad una sola Provincia dell’Umbria con capoluogo Perugia (5), nel febbraio del 1861 l’Amministrazione delle Poste del Regno d’Italia pubblicò nel Bollettino Mensile il nuovo ordinamento postale.
La Provincia dell’Umbria e quella della Sabina vennero incluse nel Compartimento Postale di Firenze e suddivise in sette circondari postali per un complessivo di 32 uffici di Stato. Fara, divenuta Distribuzione Postale, venne inquadrata nel Circondario di Terni (6). Con Regio Decreto N. 1260 del 29/03/1863 il Comune di Fara assunse l’attuale denominazione di Fara in Sabina.

 

Note:

1. vedi www.farasabina.it;
2. cfr. www.clarisseremite.com;
3. vedi www.ilpostalista.it I trentatre anni di vita del Corpo dei carabinieri pontifici 16 luglio 1816 – 17 settembre 1849 -note di storia postale del 05-03-2015;
4. i francobolli in possesso dei privati furono tollerati per circa un mese soltanto nell’ambito delle località recentemente occupate;
5. con Regio Decreto N. 545 del 14 marzo 1923 il Comune di Fara in Sabina cambia Provincia di appartenenza transitando da Perugia a Roma. Successivamente, con ulteriore Regio Decreto N. 1 del 12 gennaio 1927 il Comune di Fara in Sabina cambia nuovamente Provincia di appartenenza transitando da Roma a Rieti, cfr. www.comuniecittà.it;
6. cfr. Gallenga M., I bolli dell’Umbria e della Sabina, Collana Raybaudi di Studi Filatelici, Vol. 6, Roma 1973, pag. 17.