S. P. del Regno delle due Sicilie

 

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Un viaggiatore veneto in Sicilia

di Giorgio CHIANETTA
(Bollettino Prefilatelico e Storico Postale n. 168)

L’apparenza a volte inganna. Una lettera apparentemente simile a tante altre può sorprendere e rivelarsi qualcosa di molto particolare ed interessante. Mi auguro vi sia capitato. A me è successo con una lettera siciliana del 1836, trattata inizialmente con disinteresse forse perché non presentava bolli postali di particolare pregio. Ma la destinazione non era affatto comune: Verona.

Effettivamente delle tante lettere siciliane che avevo visto sino a quel momento, questa era la prima da Girgenti con destinazione nel Regno Lombardo Veneto. Postalmente parlando era diventata già per me interessante, ma una volta aperta iniziarono le sorprese.

La prima è stata la densità del testo manoscritto. Si tratta di una lettera privata scritta sui classici fogli commerciali in uso in quel tempo, leggeri nello spessore e tenui nella colorazione della carta. Il testo copre regolarmente e con precisione le quattro facciate del foglio lasciando solo lo spazio al centro della quarta facciata, l’unico che sarebbe stato in vista una volta piegato.

La lettera è indirizzata ad una nobildonna di Verona, la contessa Giulia Guarienti Buri, scritta dal figlio Girolamo. Ricordo che inizialmente non feci tanto caso ai nomi, iniziai a leggere il testo cercando di capirne rapidamente il contenuto. Trovai delle date e dei nomi di luoghi siciliani: Palermo, Trapani, Castelvetrano, Marsala, Selinunte, e poi la mia Girgenti. Realizzai allora che si trattava di una lettera scritta a più riprese che raccontava alcune tappe di un viaggio in Sicilia del nobile veronese Girolamo Buri, nell’estate del 1836.

Solo dopo molti giorni completai la trascrizione del testo ed alla fine mi resi conto veramente di quanto quelle pagine di conversazione familiare si intrecciassero con tanti altri aspetti: l’epidemia di colera del 1836 nel nord Italia, la gente siciliana, le antichità, il paesaggio e la vegetazione dell’isola, le sue strade, i modi decisamente poco comodi di viaggiare in quel tempo, ed infine la posta. Il pensiero andò subito al periodo del Grand Tour quando la Sicilia e tutto il meridione d’Italia furono meta di viaggio di tanti forestieri, e pensai che Girolamo Buri fosse stato uno di questi, certamente non famoso come altri passati alla storia.

Cominciai poi a fare qualche ricerca sui nomi delle persone e, grazie a quell’archivio immenso che è ormai Internet, trovai i riferimenti delle famiglie Guarienti e Buri (1). La contessa Anna Giulia Guarienti era moglie del conte Giovanni Danese Buri, entrambi appartenenti ad antiche e nobili famiglie di Verona. Dei loro sette figli Giovanni Girolamo era il primogenito. Doveva essere un uomo colto e raffinato, era membro della Commissione della Biblioteca Comunale della città di Verona (2) e nella lettera si definisce “scienziato”. Molto probabilmente si occupava di agraria, c’è infatti nella sua lettera una costante presenza di dettagli sulla vegetazione vista durante il viaggio. Indagando ulteriormente capii poi il perché. Il padre, conte Danese, oltre ad essere stato per lungo tempo Podestà della città di Verona era uno studioso di agraria dedicandosi in modo particolare ai giardini (3), tanto da realizzare verso fine ‘700 nella propria villa di famiglia, lungo l’Adige a San Michele Extra, uno splendido giardino all’inglese che suscitò l’ammirazione dei suoi contemporanei (4).

Torniamo alla lettera. Riporta solo pochi giorni del viaggio, dal 20 al 25 luglio, cinque giorni che descrivono l’itinerario da Palermo a Girgenti, luogo dove venne spedita. Ecco il testo completo.

Carissima Mamma,        Trapani 20 Luglio 1836
Comincio questa lettera a Trapani prima stazione dopo la mia partenza da Palermo senza sapere né dove la finirò né dove la metterò in posta, perché le brevi stazioni che mi propongo di fare, e le molte cose che mi restano a vedere non mi permettono che di scrivere poche righe per volta.
Io ho lasciato Palermo il giorno 18, con dispiacere, perché quanto più conoscevo quella città tanto più mi piaceva, e le belle relazioni che mi avea fatto me la rendevano sempre più aggradevole. Ecco quello che succede viaggiando, allora appunto ci si trova bene in un paese quando bisogna allontanarsene. Ciò non credo mi succederà nel rimanente della Sicilia perché non fermandomi che quanto di tempo esige di vedere, non da scienziato ma da semplice curioso, quanto la natura, e gli avanzi di antichità offrono di bello, non hanno tanto di forza sui miei sensi da rendermi dispiacevole l’allontanarmene, sebbene che anche qui in Trapani comincio ad avere qualche relazione.
Io ho scritto a Mariella che
[io] dovea fare questa prima tratta di viaggio con un Frate Teatino di questa città. Ebbene egli mi ha fatto mille gentilezze durante il viaggio, e poi mi ha fatto conoscere la sua famiglia che è una delle principali di qui, ed interessantissima essendo composta dal Padre, dalla Madre, e di quindici figli, tutti nella più bella armonia. Sembra veramente una famiglia patriarcale, e credo che questa relazione mi potrà essere utile pel rimanente del viaggio.
Prima di partire da Palermo ho ricevuto una lettera di Bolla, ma poco consolante per rapporto al colera
(5). Sento che vi siete allontanati da S. Michele (6) per motivo di qualche caso [di colera] ivi accaduto che in città ve n’erano non pochi casi e non dubbj; che l’Isotta non aveva ancora potuto avere il passaporto per andare ai bagni; che i Pompei già erano andati a Illasi (7), insomma cose tutte che il vedermi lontano da Voi, mi rendono inquieto tanto più quantocché in questo benedetto paese il ricevere lettere con una qualche sollecitudine non è possibile. Io ho lasciato alla posta di Palermo gli ordini più precisi ma non so lusingarmi di aver vostre nuove fino a Siracusa, e Dio non voglia, forse fino a Messina.
Su questo punto, benedetto il nostro paese ove certo le comunicazioni sono velocissime. Immaginatevi che di qui partirò con due somari, uno per me e l’altro pel bagaglio, e la scorta, come maniera la più comoda e sollecita per visitare questa parte della Sicilia, ove non vi sono strade; eppure qui non vi sono né grosse montagne né luoghi scoscesi, ma solo perché non vi si pensa
(8).



Particolare da "Carta generale della Sicilia", tratta da "Nuovissima Guida dei Viaggiatori in Italia" edita da
Ferdinando Artaria e figlio a Milano nel 1845. La strada da Palermo a Trapani è indicata come rotabile
(sono segnate infatti le "poste"') ed era tale anche nel 1836; le altre strade percorse dal nostro viaggiatore
sino a Girgenti sono invece solo dei sentieri.

22 [Luglio]. Continuo da Castelvetrano la lettera incominciata a Trapani, ma solo per darvi le mie nuove mentre questa tratta di viaggio ha assai poco d’interessante. Fino ad ora trovo la Sicilia ben diversa da quella che me l’era immaginata. Tutta la sua fertilità consiste in frumento e pascoli, sicché essendo il frumento raccolto ed i pascoli abbruciati dal sole presenta per la maggior parte luoghi aridissimi. Partito da Palermo alberi non ne vidi quasi più, e mi è toccato il far le 15 o 20 miglia senza vederne uno solo per quanto i miei cattivi occhi giravano da ogni parte. Tutto dà al luogo una certa aria di deserto non molto aggradevole. Può essere che in seguito la cosa cambi d’aspetto ma temo che fino a Siracusa non troverò gran differenze.
Questa assoluta mancanza d’alberi mi fa credere che anche in altra stazione non vi debba essere quell’amenità che mi aspettavo. Ciò che dà una certa novità a questo luogo si è la diversità di vegetazioni. In questi immensi spazi di terreno ad uso di pascoli si vedono continui cespugli di certa specie di palma che pochissimo si alzano dal suolo, lunghe siepi di Aloe tutte ornate degli arborei loro fiori, frammischiati di fichi d’india giganteschi in paragone dei nostri, ed altri molti arbusti per me nuovi. Le strade passano attraverso queste campagne nelle quali maltracciati sentieri servono di direzione.
Io jeri a mezzanotte partii da Marsala, e quantunque la strada sia sicurissima per maggiore tranquillità presi una guardia sicché il mio convoglio pareva una piccola carovana. Quante volte mi venne in pensiero M. De La Martine
[Alphonse de Lamartine] di cui mi figurava esser divenuto una [...] miniatura. Tutto questo romanticismo però va bene ma non vedo il momento di arrivare a Siracusa dove il vapore e le strade carrozzabili mi offriranno una più comoda maniera di viaggiare. La speranza poi di trovare in quella città vostre nuove me lo fa maggiormente desiderare. Ma egli è troppo presto a pensarvi mentre ci sono ancora otto interi giorni di viaggio. Per quanto riguarda le antichità poche ancora ne ho trovato e per la maggior parte di quelle che ci vorrebbe l’esaltata immaginazione di Pinali (9), o per dir meglio le sue archeologhe cognizioni per conoscerne il pregio. Quello che anche me ignorantissimo piacque molto fu il tempio di Segesta che è veramente magnifico, e conservatissimo. Domani vedrò gli avanzi dei templi di Selinunte, ma temo che siano di quelli per Pinali (10). Quello che a me interesserebbe assai più si è che la natura si mostrasse più maestosa, ma fino ad ora non l’ho trovata così. Eppure il clima vi sarebbe adattabilissimo mentre nei giardini di Palermo ho veduto le piante che da noi si custodiscono in stoffa [riparate dal freddo], piantate in più aria e in bellissima vegetazione. Lascio la lettera per andar in questo poco di giorno che mi rimane a veder le bellezze di Castelvetrano, che però non mi aspetto gran cosa. Spero di finire questa mia e di metterla in posta Lunedì a Girgenti.

24
[Luglio]. Eccomi in Girgenti dopo due giorni di viaggio non poco faticoso non essendo abituato a cavalcar muli, ma però ameno. In questo l’aspetto della Sicilia mi ha presentato dei punti di vista assai pittorici e variati, camminando sempre su colline leggermente mosse oppure in riva al mare. Sebbene anche in questa parte manchino gli alberi, pure non ne è del tutto priva ed assai belli quelli che vi si incontrano, e la molteplicità degli arbusti sopperisce in qualche parte alla loro mancanza. Girgenti è assai pittorescamente situata sopra una collina che domina il mare. Non si direbbe mai che è quella tanto celebre Agrigento decantata per l’antica sua opulenza, e magnificenza dei monumenti. Cattivo a quel poco che ho potuto vedere ne è il fabbricato. Soli 15 mila abitanti racchiude, e la maggior parte villani. Mi sembra però molto vivace il loro carattere perché oggi che è giorno di festa [domenica] fanno un tale strepito sotto le mie fenestre che non so che mi faccia. Domani qui mi fermerò per vedere gli interessanti avanzi d’antichità che vi restano. [...] Raccomandate all’ora mio Antonio che sbatta, e dia aria ai miei vestiti.

25
[Luglio]. Questa mattina ho veduto gli antichi tempi di Agrigento, di una magnificenza, ed in parte di una conservazione mirabili anche agli occhi de’ più idioti di antiquaria come sono io. Nulla ancora ho potuto stabilire del rimanente del mio viaggio. Vorrei di qui andare a Malta, e di là a Siracusa. Se fo questo giro per almeno dieci giorni almeno non potrò darvi mie nuove, però se non ne riceverete in questo spazio sappiatene la ragione. Mi rincresce il dover chiudere questa mia prima di aver deciso, ma la partenza della posta lo esige.
Mille saluti a tutti di casa e agli amici e di cuore v’abbraccio

Vostro affezionatissimo Figlio Girolamo
Alla Nobile Signora
La Sig. Contessa Giulia Guarienti Buri
Verona
R. Lombardo Veneto

Ognuno di voi potrà trovare aspetti più o meno interessanti nel testo. Io vorrei soffermarmi solo su due: la descrizione di Girgenti (ora Agrigento, come l’antico nome latino), e gli aspetti storico-postali.

La delusione mista a sorpresa con cui viene descritta la Girgenti è comune a molti viaggiatori del tempo, a partire dai primi visitatori del Grand Tour in Sicilia (11): la conoscono di fama per la magnificenza dei Templi, si aspettano di trovare una città adeguata agli splendori della città classica, ma appena ne entrano in contatto rimangono profondamente delusi. Indubbiamente la Girgenti che Girolamo Buri visitò non doveva offrire un grande spettacolo. Da lontano, nel panorama arido dell’estate del 1836 poteva apparire pittorescamente arroccata sulla rupe occidentale che costituisce il suo nucleo più antico. Da vicino, racchiuse dalle sue antiche mura medievali avrà trovato in genere costruzioni fatiscenti dove dominavano miseria e degrado. Anche la gente del posto, contadini (villani) e pastori principalmente, avranno rispecchiato nel loro aspetto esteriore tutta questa povertà, ma riuscivano a salvare almeno la vivacità e l’allegria nel giorno di festa.

Dal punto di vista postale vi sono nel testo alcuni passi interessanti. Dalla commiserazione con cui viene visto il servizio postale borbonico, messo a confronto con quello nel Lombardo Veneto – “in questo benedetto paese il ricevere lettere con una qualche sollecitudine non è possibile” – ad una interessante annotazione sulla disposizioni date a Palermo per la rispedizione delle lettere lì pervenute ad un nuovo recapito a Siracusa – “ho lasciato alla posta di Palermo gli ordini più precisi ma non so lusingarmi di aver vostre nuove fino a Siracusa” – un “domicilio cambiato” preventivo, antesignano di un più moderno servizio “Seguimi”. Il Buri conclude la lettera quasi di fretta – “la partenza della posta lo esige” – doveva ancora consegnarla all’Officina di Posta di Girgenti; oggettivamente mancava anche lo spazio per poter scrivere altro se non aggiungendo un nuovo foglio.

Provando a seguire l’orario teorico delle corse postali del periodo, la lettera parte da Girgenti il martedì 26, trasportata dal corriere nel viaggio di ritorno dell’antica corsa di Licata, e passando per Sciacca e Corleone giunge a Palermo giovedì 28 luglio. Verosimilmente prosegue il suo viaggio via terra, quindi riparte il successivo lunedì 1° agosto con il corriere del cammino di Messina per la via delle Marine che trasportava anche le corrispondenze per Napoli, dove arriva il lunedì successivo 8 agosto; continuando il suo viaggio nel continente transita per lo Stato Pontificio ed arriva a Verona lunedì 15 agosto. Totale 20 giorni.

La lettera reca in partenza il bollo ovale di GIRGENTI, del tipo che fu in uso per circa due anni dal 1835 al 1837 con la tipica colorazione rosso bruno. Reca in alto a sinistra, in piccolo, il segno della tassa siciliana e napoletana, 20 grana, pagata in anticipo secondo il regolamento vigente. Ad oggi non riesco a dare una spiegazione convincente di questa tassazione, la tariffa avrebbero previsto 15 grana (di cui 10 per Napoli) come tassa unica per lettera “semplice” (sino a un foglio) da Girgenti per il Lombardo-Veneto via terra. E’ possibile che per errore l’impiegato di Girgenti abbia considerato la destinazione come stato estero al di fuori del territorio italiano, usando quindi la tariffa più alta (“altri stati di Europa” e non “intera Italia”), errore tra l’altro non corretto a Palermo. Oppure aggiunse alla tassa per l’estero i 5 grana del percorso interno da Girgenti a Palermo, anche questo un errore perché la tariffa per l’estero includeva già la tassazione per la tratta interna a favore dell’Amministrazione siciliana. Vi è poi a destra il segno di tassa di 12 carantani che rappresentano il porto del Lombardo-Veneto dal confine Napoli-Pontificio sino a destinazione, incluso il transito pontificio, riscosso a Verona dove la lettera arriva il 15 agosto, presumibilmente via Bologna e Mantova. I transiti di Palermo e Napoli, e l’arrivo a Verona sono comprovati dai relativi datari apposti al verso.

Non so se vi sia stato un motivo concreto che spinse il nobile Buri ad intraprendere un viaggio in Sicilia, o piuttosto sia stato animato da un desiderio di conoscenza ed avventura. Credo più in questa seconda ipotesi, e la conferma di ciò l’ho trovata recentemente leggendo che Girolamo Buri, due anni dopo il suo viaggio in Sicilia, fece un viaggio da Ancona ad Alessandria d’Egitto e poi a Gerusalemme, Damasco, Costantinopoli ed Atene, dal 2 febbraio al 19 agosto 1838 (12). Evidentemente aveva davvero lo spirito del viaggiatore.

Degli altri giorni del viaggio siciliano, precedenti e successivi a quelli appena narrati non ho alcuna traccia scritta, Girolamo Buri avrà certamente scritto altre lettere alla madre (rimasta vedova nel 1827) e ad altri familiari o amici, lettere inviate forse da Palermo, Siracusa e magari anche da Malta se davvero riuscì poi ad andare: chissà se un giorno ne troverò mai qualcun’altra.



"Veduta dei Templi di Girgenti", particolare tratto dal disegno a china di Antonio Senape ( 1788 - 1850 ca.), realizzato intorno
al 1840 dopo il suo secondo viaggio in Sicilia del 1828. Sullo sfondo la città antica ed in primo piano la classica lettiga portata da muli.

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  1. FRANCESCO SCHRÖDER, Repertorio genealogico delle famiglie confermate nobili e dei titolati nobili esistenti nelle provincie venete, Venezia 1830, Tipografia di Alvisopoli, pp.171-172 e pp. 411-413.

  2. SAC. CESARE CAVATTONI, Storia della Biblioteca Comunale di Verona, Verona 1858, Tipografia Frizierio, p.10.

  3. Fu membro dell’Accademia d’agricoltura, commercio ed arti di Verona. Scrisse Rapporto sopra la teoria de’ giardini, Verona 1802. Cfr. Memorie dell’Accademia d'agricoltura, commercio ed arti di Verona, Vol. V, Verona 1815, Tipografia Mainardi, p. 372; GIANPIERO FUMI, Fonti per la storia dell'agricoltura italiana (1800-1849), 2003, p. 425.

  4. Villa Buri ancora oggi ha uno splendido parco ricco di decine di specie di alberi esotici.

  5. Riferimento all’epidemia di cholera-morbus che tra il 1835 ed il 1836 colpì le popolazioni del Lombardo-Veneto spostandosi l’anno successivo a Napoli e poi in Sicilia. Tra il 1835 e 1836 nella sola provincia di Verona ci furono oltre 6.500 morti. Cfr. Biblioteca Italiana, Giornale di letteratura, scienze ed arti, tomo LXXXV, Gennaio, Febbraio e Marzo 1837, Milano, p.116.

  6. Si riferisce a Villa Buri, ubicata in località Molini nei pressi del borgo di San Michele Extra, nei pressi di Verona.

  7. Località a nord-est di Verona, nell’omonina valle, antico feudo della citata famiglia dei Pompei che lì avevano costruito una villa.

  8. L’assenza di una efficiente rete viaria in Sicilia è stato per secoli uno dei motivi dello stato di arretratezza dell’isola. Le strade rotabili erano agli inizi del 1800 una percentuale irrisoria, la maggior parte dei collegamenti erano in realtà trazzere, cioè sentieri percorribili a cavallo o a piedi, sui quali gravavano anche un elevato numero di barriere di pedaggio; solo dopo il 1838 iniziò un lento incremento dei tratti rotabili e di conseguenza il progressivo miglioramento dei collegamenti postali con l’introduzione delle vetture corriere.

  9. Gaetano Pinali (Verona, 1759 – 1846), avvocato veronese, grande appassionato di architettura e archeologia.

  10. Nel 1836 il sito archeologico di Selinunte era un campo di rovine, i due templi oggi visibili vennero parzialmente ricostruiti con interventi negli anni ’20 e ’50 del 1900.

  11. P. BRYDONE, A Tour Through Sicily and Malta, Vol. I, London 1773, Strahan and Cadell, p. 349: “The city of Agrigentum, now called Girgenti, is very irregular and ugly; though from a few miles distance at sea, it makes a noble appearance, little inferior to that of Genoa. ... On our arrival, we found a great falling off indeed; the houses are mean, the streets dirty, crooked, and narrow”.

  12. PIETRO DONAZZOLO, I viaggiatori veneti minori, Memorie della Soc. Geografica italiana, Vol. 16, Roma 1928, pag. 339: «GEROLAMO BURI 1838. — Figlio del co. Gian-Danese di Verona e di Anna Giulia Guarienti fu il primogenito di sette fratelli. Nel 1838 fece ini viaggio da Ancona ad Alessandria d’Egitto e poi a Gerusalemme, Damasco, Costantinopoli ed Atene. Ad istanza degli amici si adattò, ordinando i suoi appunti, a dettarne una succosa relazione di 85 pagine, che manoscritta ora trovasi nella privata biblioteca a Venezia del principe Giovanelli, nella cui famiglia era entrata una sua sorella, divenuta sposa al conte Andrea. Il viaggio si inizia il 2 febbraio e finisce il 19 agosto 1838.» .

*) Vedi Marchese Giuseppe, Itinerario Palermo-Messina per la via delle Marine, in '"'Bollettino Prefilacelico e Storico Postale"n. 47/ 1986, pp. 183-187.

 
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