S. P. del Regno delle due Sicilie

 

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I collegamenti postali da Catania
nel periodo borbonico (1786-1860)

di Giuseppe MARCHESE (N.U. Catania 1985)

La trattazione del sistema postale borbonico non può prescindere dal sistema stradale isolano che, per la conformazione dell'isola, condizionava il traffico merci e quello postale "interno" in maniera determinante.

A questo proposito gli storici sono concordi. In Sicilia sul finire del XVIII secolo non esistevano strade degne di questo nome, al più mulattiere percorribili con lettighe o a soma che spesse volte mettevano a repentaglio la vita del viaggiatore.

Per quanto ci riguarda l'assenza di strade interne fino al 1830 mise una seria ipoteca ai collegamenti postali i quali avevano una durata sproporzionata al percorso effettuato, che fino al 1810 per il percorso Palermo-Catania aveva una durata di cinque giorni, salvo imprevisti di ogni sorta che regolarmente si presentavano.

Una volta un fiume in piena metteva a rischio la vita del Corriere ordinario; altra era un ponte che non si poteva transitare; ancora erano le nevi dell'Etna che impedivano il passaggio del corriere che era ormai prassi arrivasse con uno o due giorni di ritardo nella cattiva stagione. Poiché lo stesso corriere doveva riposare e poi ripartire, ne conseguiva che si accumulava ritardo su ritardo fino a che una soppressione della corsa settimanale non rimetteva il viaggio a pari e quindi si ricominciava daccapo.

Questo sistema postale, a volte descritto superficialmente da cultori di storia postale e ignorato totalmente, salvo pochissime eccezioni (vedasi bibliografia) dagli storici "maggiori", era in effetti l'espressione di un sistema feudale immobile e immobilizzante che nemmeno gli echi della rivoluzione francese del 1786 riuscirono a scalfire e che si basava sugli interessi degli onnipresenti baroni i quali investiti del potere eccezionale del «misto e mero impero», cioè della possibilità di amministrare l'alta e la bassa giustizia, nonché di popolare i loro feudi, identificavano gli interessi isolani ai propri e quindi vedevano di mal'occhio che i loro sudditi potessero scrivere, magari per invocare giustizia.

Non migliore era la situazione del "popolino" nelle città demaniali. Catania, come Trapani e come Siracusa aveva un senato dominato nettamente dai baroni, non solo ma gli stessi baroni controllavano strettamente anche la posta, per mezzo dei luogotenenti di posta, persone spesso loro soggette e asservite, come da più parti venne chiaramente detto nel 1787/8, all'atto, cioè del passaggio dell'Ufficio del Corriere Maggiore dalle mani del principe di Villafranca al real Patrimonio.

 

LE STRADE

All'incirca tra il 1770 e il 1790 si può dire che strade intorno a Catania non ne esistevano.

Le testimonianze del Brydone e di altri viandanti non lasciano dubbi in proposito. Partito da Messina con sei muli che trasportavano il bagaglio, Brydone afferma «ieri eravamo così stanchi per quelle maledettissime strade dell'Etna che non riuscivo neppure a tenere la penna in mano, e anche oggi non è stato affatto un giorno di riposo...» e più avanti «La distanza da Giardini a Piedimente è di sole 10 Miglia, ma poiché la strada è oltremodo aspra e difficile, impiegammo quasi quattro ore a percorrerla».

Non meno impietose di Brydone sono le descrizioni degli altri viaggiatori del tempo.

Intanto nel 1778 il parlamento siciliano aveva tracciato un piano generale delle strade da costruirsi in Sicilia. Per quanto riguarda il tragitto Palermo-Catania è prevista la costruzione di una strada consolare per Messina via montagne con un braccio - diramazione diremmo oggi - per Catania.

Il tracciato si sviluppa da Palermo e quindi Villabate, Misilmeri, Ogliastro, Villafrati, Vicari, Roccapalumba, Alia, Vallelunga, S. Caterina, Villarosa, Castrogiovanni, Leonforte, Nissoria, S. Filippo d'Argirò, Regalbuto, Adernò, Bronte, Maletto, Messina.

Il bivio per Catania inizia dopo Adernò e quindi Biancavilla, Paternò, Catania.

La Palermo-Catania-Messina veniva indicata come prioritaria per i collegamenti isolani sia perché i paesi costieri della Messina marine erano collegati mediante la navigazione costiera, sia perché la strada per le montagne doveva essere di respiro al traffico interno dell'isola.

Il tracciato, dopo un attento esame dei luoghi subisce diverse variazioni e in fase di realizzazione si snoda da Palermo a Misilmeri, Ogliastro, Bolognetta, Villafrati, Vicari, Roccapalumba, Vallelunga, Santa Caterina, Villarosa, Castrogiovanni, Catenanuova, Paternò, Fiume Simeto, Catania, Aci Reale, Taormina, Messina.

Beghe e interessi particolari dei baroni siciliani, nonché altri ostacoli di varia natura non permisero una rapida costruzione della strada, anzi fino alla fine del 1790 si bloccarono i lavori al passo di Taormina, si aprirono le strade per Sciacca e per Messina marine e si continuò la Palermo-Messina per le montagne allo scopo di dirottarla verso Girgenti.

Nel 1813 il percorso per le montagne è costruito fino a Vallelunga restando fermo lo stato dei lavori tra Vallelunga e Santa Caterina per vario tempo.

Nel 1818 la situazione parve sbloccarsi con l'accordo di costruire la strada secondo l'itinerario del 1778 fino a Maletto e quindi Randazzo, Castiglione, Francavilla, Mottacamastra, Gaggi, Taormina, Forza d'Agrò, Scaletta, Messina; il braccio per Catania secondo le previsioni iniziali.

Le vicende di questa strada continuarono ad essere tormentate principalmente per problemi di tracciato, prima intorno Catania e poi la richiesta che il nuovo tracciato attraversasse Caltanissetta.

I problemi di tracciato intorno Catania sono evidenziati nelle varie decisioni difformi per il tracciato nel tratto Catanese, segno che i comuni interessati si davano battaglia affinché la nuova arteria passasse il più vicino al loro territorio presupponendo, giustamente, che la strada avrebbe portato incentivo alla vita cittadina.

Solo nel 1828 la strada fu interamente ultimata, ad esclusione di alcuni ponti che furono ultimati nei due anni successivi. Il braccio per Catania fu costruito per ultimo, dopo ultimato il tratto fino ad Adernò, a cura e spese della provincia di Catania e dei comuni interessati.

Ma la strada è pessimamente costruita tanto che alcuni tecnici sostenevano che la Palermo-Vallelunga doveva essere rifatta su un tracciato assai meno ripido, anche se più lungo di tre miglia. Inoltre «non si giustifica il tracciato di Randazzo per Linguaglossa al mare, preferito inspiegabilmente all'antico itinerario dei corrieri lungo la valle dell'Alcantara, assai più agevole e pianeggiante».

Dopo tante polemiche, ritardi, sospensioni, finalmente il 24-5-1830 il capo Valle di Catania può trionfalmente comunicare «si è aperta la comunicazione rotabile da questo capo Valle per Palermo e Messina per mezzo di due lunghi tronchi di strada che incontrano la consolare, una a Adernò e l'altra al Ponte Minessale sopra Diana e già molti carri da trasporto e molte carrozze li hanno replicatamente percorso».



Tuttavia la strada non è sempre agibile e dimostra gravi carenze. Nel 1851 l'intendente di Palermo in una sua relazione, afferma che vari incidenti rendono impossibile il transito della Palermo-Messina per le montagne per una frana dell'anno precedente nei pressi di Cefalù Diana.

Questa importante arteria 50 anni prima avrebbe svolto un ruolo essenziale per l'economia siciliana.

Ultimata ora, mentre incombe l'avvento della navigazione a vapore e il mostro d'acciaio sulla strada ferrata, è fortemente in ritardo sui tempi.

L'itinerario definitivo per la prima parte ricalca quello approvato nel 1778 fino a Bronte e quindi Randazzo, Maletto, Linguaglossa, Piedimonte, Taormina, Messina.

Ecco quindi due potenti freni all'espansione del servizio postale isolano a cui si può aggiungere anche la debolezza del ceto medio - i famosi negozianti - i quali sostenevano il peso maggiore del servizio postale.

Da parte sua la corona non era migliore dei suoi vassalli. La casa regnante vedeva nel servizio postale solo un mezzo per lucrare le casse dello Stato, che poi si identificava nel re, e gli appelli per un migliore servizio postale si infrangevano contro la caparbia volontà di non arrecare danno alla corona che era uno dei punti di forza di tutta l'amministrazione postale, dalla Giunta delle Poste fino all'ultimo impiegato.

Una politica di tal genere non può aver prodotto che un servizio scarso e rachitico, un servizio postale approssimativo, appaltatori famelici che risparmiavano su tutto, anche per la biada dei cavalli; dei corrieri che mai arrivavano all'età della pensione e gli esposti delle vedove e degli orfani dei corrieri riempiono e impregnano ancora oggi tutto il carteggio dell'Amministrazione delle Poste e Procacci di Sicilia.

Ciò che segue è un succinto esame dei collegamenti postali che univano Catania al resto del paese in questo periodo.


I COLLEGAMENTI POSTALI

La città di Catania nel 1786 era collegata stabilmente solo con Palermo, mediante una corsa settimanale che partiva da Palermo il Martedì notte, giungeva a Catania la domenica mattina, con la bella stagione e nel pomeriggio avanzato nella cattiva.

Dopo un riposo di un giorno/un giorno e mezzo lo stesso corriere prendeva la via del ritorno da Catania, il Martedì notte, per la destinazione finale.

Per quanto riguarda le altre località dell'isola il passaggio obbligato della posta era Palermo e quindi, mediante la «doppia corsa», venivano smistate a Catania. Oppure si poteva affidare le lettere alle barche di commercio che effettuavano il cabotaggio isolano.

Nel primo caso si aveva il raddoppio della spesa, il ché non era secondario; nel secondo caso bisognava affidarsi a quanto poteva effettuarsi il trasporto via mare, cosa che alle volte poteva capitare dopo alcune settimane o mesi di pazienti «appostamenti» al porto in attesa o del vento favorevole o della entrata di una nave.

L'anno 1786 avviene il noto trapasso delle Poste al Regio Corso e fra i tanti problemi che deve affrontare la nuova amministrazione vi è quello di migliorare il feudale servizio postale che riceve in eredità.

Come primo atto viene istituita una nuova corsa da Messina a Siracusa con periodicità settimanale. Questo percorso è molto importante per la città di Catania che potrà avere adesso collegamenti stabili con Messina e con Siracusa, ma ben più importante ancora potrà avere, tramite Messina, collegamenti stabili con il continente.

Il nuovo percorso tocca i paesi di Messina, Fiume di Nisi, Taormina, Giarre, Acireale, Catania, Lentini, Villasmundo, Sancosimano, Siracusa.

Malgrado questa innovazione le lettere del continente per Catania continuano a perdere troppo tempo per strada e ciò provoca un esposto del Senato di Catania al re dove si afferma «che le lettere di fuori regno per detta città di Catania nel passare per Messina restano ivi oziose per otto giorni con grandissimo pregiudizio di quella popolazione, e più d'ogni altro de' negozianti».

L'ispettore generale delle Poste in Palermo sostiene che tale inconveniente nasce poiché «le lettere per Catania sogliono darsi dall'ufficio di Messina al Corriere di Siracusa che parte da Messina la notte dei Martedì ed arriva in Catania il Giovedì mattina prima del mezzo giorno, e che ripassando il venerdì riporta in Messina le risposte la domenica seguente. Or il Corriere da Napoli in Messina giunge ordinariamente il giovedì; ed ecco che le lettere devono restare sino all'altro Martedì per essere rispedite col Corriere di Siracusa rimanendo sette giorni oziose nell'Ufficio di Messina, così egualmente le risposte, le quali arrivate da Catania in Messina la domenica, devono attendere sino al seguente sabato la partenza del Corriere di Messina per Napoli».

Di fronte a questo inconveniente la proposta dell'ispettore è «di stabilirsi due particolari postiglioni per lo trasporto di dette lettere uno in Messina l'altro in Catania...» colla postilla che la spesa «non debba gravare sulla Regia Corte».

La proposta viene approvata e nel Giugno 1794 vengono nominati i due postiglioni per il trasporto della posta da Messina a Catania proveniente dal continente al di fuori del Corriere ordinario di Siracusa.

L'esame del servizio postale di fine secolo, che si estende fino al 1820, in Sicilia e a Catania è estremamente negativo rispetto ai bisogni del nascente ceto imprenditoriale o degli utenti più in generale. Il servizio postale viene considerato come fonte di reddito per la corona e non come un importante mezzo di incentivo per l'economia isolana.

A conferma di ciò si evidenzia che mentre il Di Pollone ottiene dal parlamento di Torino una sostanziale riduzione delle tariffe postali, e quindi un minore gettito dell'erario, dettato esclusivamente dalla necessità di incrementare il traffico postale, quasi nello stesso tempo - vale a dire nel 1813 - il Cav. Giovanni Aceto sottopone al re «per la sovrana approvazione» un piano delle corse di notevole interesse che permetterà di dimezzare i tempi di percorso mediante un ampliamento dell'organico dei Corrieri Ordinari e di un più frequente cambio della cavalcatura; incrementando anche le corse da settimanali a bisettimanali.

Come risposta a questo piano, che naturalmente comporta una caduta delle entrate dell'erario, il Cav. Giovanni Aceto viene rimosso dal suo incarico e quello stesso piano troverà una parziale approvazione solo nel Novembre 1819.

Tempi di consegna lunghissimi, quindi. 5 giorni dura il percorso da Palermo a Catania; uno e mezzo quello da Messina a Catania.

L'altro neo del servizio postale è la periodicità settimanale assolutamente non in grado di soddisfare le necessità degli utenti i quali debbono scrivere solo nei giorni di partenza dei corriere e non possono fare altro che rimettere le lettere nel cassetto se scrivono negli altri sei giorni.

A ciò si deve necessariamente aggiungere l'alto costo delle tariffe postali che punisce gli isolani rispetto ai napoletani e, ancora, l'aspetto negativo del dover pagare la tariffa delle lettere sempre fino al confine e spesso fino a destino a causa della mancanza di convenzioni postali tra il Governo borbonico gli altri stati d'Italia per cui le lettere dovevano essere presentate franche a Roma oppure a Mantova.

Da tempo ormai le tariffe delle lettere in Sicilia erano:

- foglio gr. 5
- foglio e mezzo gr. 8
- due fogli gr. 10
- oncia gr. 12

e tali restarono per tutto il periodo in cui ci riferiamo.

A Napoli durante il periodo di occupazione di Giuseppe Napoleone e di Murat (1806-1814) le tariffe scesero notevolmente; venne introdotta la tariffa per distanza e quella per città. In Sicilia niente. Tali erano le tariffe e tali restarono contribuendo ad opprimere non poco di più la debole asfittica economia siciliana.

Nel 1813 avvengono alcune modifiche di non secondaria importanza per le poste. La periodicità dei percorsi Catania-Palermo e Messina-Siracusa diviene bisettimanale. Catania può collegarsi direttamente con le città delle Valli di Noto e Val di Mazzara, per mezzo della corsa di Messina-Siracusa e quindi col postiglione di Mazzarino per Licata e Agrigento e con la posta traversa Sciacca-Mazzara con i paesi della Sicilia Nord occidentale (Trapani, Marsala, Mazzara).

Nel novembre 1819 finalmente avviene l'ampio rimaneggiamento delle corse che si aspettava da tempo.

La corsa principale che collega Catania con Palermo viene così modificata:



Nel luglio 1838 avvengono diversi importanti modifiche al sistema postale siciliano che interessa direttamente Catania.

Sono aperte le strade carrozzabili ai servizi postali da Palermo verso Trapani e verso Catania. Il vantaggio è considerevole dato che adesso si percorre la Palermo-Catania in poco più di 30 ore e, con lo stesso mezzo, Catania è collegata con Messina in 12 ore.

A questa innovazione segue un ampio rimaneggiamento delle corse. Vengono soppresse la Palermo-Catania e la Messina-Siracusa e al posto di quest'ultima viene istituita la «corsa d'incontro» Catania-Noto a cominciare dal 20 agosto 1938.

La funzione prima della corsa è quella di istradare direttamente le lettere di Napoli e di fuori regno verso la Valle di Noto, Caltanissetta, Girgenti. Secondariamente porterà in dette località le lettere che provengono da Messina e Palermo e che si riuniscono tutte a Catania che in questo modo diventa il nodo principale dell'asse postale Nord orientale dell'isola.

Anche l'altra corsa «Messina-montagne» ha una importante funzione per Catania poiché viene messa direttamente in collegamento con Palermo e Messina diventando quindi uno stimolo per la sua economia.

La corsa Catania-Noto ha il seguente itinerario: Catania, Lentini, Siracusa, Noto.

Da Noto un postiglione porta le corrispondenze ad Agosta. La corsa è bisettimanale e dal 1-6-1939 diviene trisettimanale; viene effettuata in 20 ore il venerdì con un percorso senza soste. Il Lunedì e Sabato il percorso prevede il riposo del Corriero a Siracusa per circa 12 ore e pertanto il tempo di percorrenza diventa di 32 ore circa.

Il 17-9-1848 in piena rivoluzione siciliana la Consulta delle Poste approva l'istituzione di una corsa giornaliera da Palermo a Catania con vettura corriera.

Questo atto che resta in vigore fino alla fine della rivoluzione siciliana dimostra l'interesse per i collegamenti tra i due importanti centri isolani.

 

LE VIE DI MARE

Malgrado il Porto di Catania non sia mai stato molto attivo, tuttavia sul finire del secolo XVIII una discreta attività di merci transitava per quel porto.

Era uso costante e tacitamente approvato che mazzi di lettere venissero consegnate ai bastimenti commerciali che facevano scalo nei porti siciliani per essere consegnate direttamente a Napoli, Genova o altro porto della penisola.

Le feluche adibite a tale uso partivano da Messina e Palermo e all'arrivo consegnavano le lettere all'ufficio postale per l'inoltro ai destinatari, quando non li consegnavano direttamente in porto ad essi stessi o a incaricati conosciuti.

Vi era pertanto il più delle volte un percorso misto: il primo via mare effettuato per mezzo di privati e il secondo per mezzo delle poste. In questo caso le tasse che il destinatario doveva pagare si riferivano solo a quelle inerenti il percorso effettuato per conto delle poste, mentre i mittenti pagavano la parte del percorso iniziale.

Anche le lettere di Catania prendevano quindi tale strada, mentre un altro piccolo traffico con le località siciliane nord-orientali venivano espletate con barche di traffico locale che facevano spola tra Catania, Siracusa, Sciacca, Agosta e Trapani.

Tale sistema venne man mano ostacolato dal regio Corso fino ad emanare delle norme specifiche di divieto contenute nel decreto del 1819.

In quegli anni si va infatti istituendo un servizio di «pacchetti postali» che ha come scopo il collegare Napoli con Messina e Palermo, lasciando quindi fuori il traffico da e per Catania, come gli altri centri minori della Sicilia.

Nel 1842 l'amministrazione postale introduce un servizio postale a mezzo vapori tra i porti dell'isola, ma anche se questo piano interessa i porti di Palermo, Trapani, Favignana, Pantelleria, Agrigento, Siracusa, Messina, il porto di Catania viene escluso.

Tagliato fuori dal grosso traffico, Catania si affida al naviglio minore di commercio per i collegamenti merci e postali coi suoi porti viciniori, Messina a settentrione e Siracusa a meridione, in modo saltuario, certo, ma con una certa preferenza per questo mezzo se nella lettera faceva seguito il carico e ciò per la poca sicurezza delle strade interne e lo stato di esse.

Nel volume del Del Bianco «Gli annuali marittimi italiani», a pag. 120 si legge: «nessun (documento postale) mi è noto nel periodo borbonico, anche se abbiamo notizie dell'esistenza di una linea Napoli-Catania».

Si ha la fondata conferma che la via di mare per la città di Catania, in periodo borbonico, sia stata una linea alternativa a quella di terra quando per motivi di opportunità (trasporto merci) o contingenti (interruzione della via stradale per frane od altro o per le frequenti epidemie coleriche) bloccavano i collegamenti con Messina e quindi col continente e verso meridione con le altre città isolane.

 

POSTE TRAVERSE

Nel XVIII secolo in Sicilia non erano previste poste traverse, nel senso comune che si da' a questo termine, ma dei punti fissi nei quali il corriere lascia e prende le corrispondenze per i comuni non percorsi dal Corriero ordinario.

Il postiglione, tale è il nome di questo «corriere traverso» generalmente nominato e pagato dall'università del luogo si reca in questi posti prende e lascia la corrispondenza sia per il suo paese che, alle volte, per i paesi che attraversa.

Questi punti sono per il Catanese:

- Cesarò per S. Todaro;
- Bronte per Maletto;
- Randazzo per la posta di Roccella V. D., Floresta, S. Domenica;
- Moio per Malvagna;
- Francavilla per la posta di Castiglione, Linguaglossa, Mottacamastra;
- Gaggi per Mascali, Caltabiano, Schisò, Graniti, Piamonti, Li Giarri, Sastrorao.

Il piano delle corse del Novembre 1819 prevede soltanto la posta traversa da Catania a Acireale, per mezzo di un corriere affittatore della posta, due volte alla settimana. Il percorso viene coperto in tre ore.

Nell'Agosto 1838 con l'avvento delle vetture corriere la posta traversa si sviluppa da Adernò a Bronte, Randazzo, Piedimonte e infine Giardini, per un percorso complessivo di miglia 49.

Un anno dopo avviene la sistemazione definitiva del percorso traverso e dei punti d'incontro da Adernò a Piedimonte, attraverso Bronte e Randazzo, con un percorso di miglia 42.

Le diramazioni di posta interna sono più articolate e di ciò si fornisce quadro generale a parte.

Situazione delle Poste traverse del Gennaio 1820:



 
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