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scontri che precedettero
la famosa battaglia del 29 maggio 1848
a Curtatone e Montanara
di Sergio LEALI(il Monitore della Toscana n. 10)

Tanto è stato scritto e tanto ci sarebbe ancora da scrivere sulla battaglia del 29 maggio che ha reso immortali i nomi delle località di Curtatone e Montanara, ma poco si sa dei numerosi scontri e scaramucce che la precedettero. Per quanto riguarda la storia postale legata a quell’avventura, ritengo che ben poco, per non dire nulla, ci sia ancora da scoprire; studiosi ben più preparati del sottoscritto hanno abbondantemente trattato l’argomento e pertanto,in questo mio modesto articolo, tralscio ogni riferimento di carattere postale.
Il 16 aprile la prima delle 3 colonne toscane varcò il Po a Brescello e si diresse a Viadana per unirsi all’armata sarda comandata dal re Carlo Alberto, dai generali Bava e De Sonnaz.
I toscani, sotto la guida del tenente generale Ulisse d’Arco Ferrari, per disposizione del Comando Supremo Sardo, al quale era stata demandata la condotta della guerra contro l’Austria, dalla fine di aprile si trovavano dislocati su posizioni difensive nelle località di Curtatone e Montanara. In prossimità delle Grazie, ove si trovava accampato anche il Battaglione Universitario, era posto il Quartier Generale Toscano. La posta spedita dai volontari, al suo arrivo a Firenze, venne contraddistinta fino al 12 maggio con un bollo a forma di cuore recante la dicitura “FIRENZE 6”; successivamente con “FIRENZE C”.


Lettera spedita da Bozzolo il 28 aprile 1848
recante il timbro“1° BATTAGLIONE UNIVERSITARIO TOSCANO” e
l’indicazione manoscritta S.(ervizio) M.(ilitare)


Lettera spedita dal “Campo di Mantova” il 3 maggio 1848 recante il timbro a cuore “FIRENZE 6”


Lettera spedita da Grazie il 20 maggio 1848
da parte di un ufficiale appartenente al Battaglione Universitario Toscano.
Essa reca impresso il timbro a cuore “FIRENZE C”

Più o meno nelle stesse zone erano acquartierate le truppe composte da napoletani e abruzzesi, comandate dal tenente colonnello Giovanni Rodriguez e dai patrioti Cesare Rossariol e Enrico Poerio.


Lettera spedita da Goito il 3 maggio 1848 da parte del ten. Col. Giovanni Rodriguez,
comandante del 1° Battaglione del 10° Reggimento di Linea Abruzzo Napoletano

Alla destra dello schieramento toscano, nei pressi di Governolo, si trovavano invece circa 1500 modenesi e reggiani, anch’essi posti sotto il comando sardo, appartenenti alla “Colonna Mobile d’Operazione Modenese e Reggiana” e al “Battaglione Basso Reno”.

Lettera spedita il 25 maggio 1848 dal Quartier Generale di Sustinente ed è a firma
del Comandante della Colonna Mobile d’Operazione Modenese, Reggiana ecc. .
Essa reca il timbro “COMANDO DELLA COORTE MOBILE IN MODENA”


Lettera spedita da Ostiglia il 24 aprile 1848 da parte del Tenente Colonnello Comandante il Battaglione Basso Reno

Nel mattino del giorno 19 aprile le truppe di stanza a Goito si diressero a Gazoldo per poi proseguire, dopo aver attraversato Castellucchio, per Montanara. Altre truppe, provenienti da Piubega e da Sacca, si diressero verso Curtatone, passando per Rivalta e Grazie con l’intento di contrastare quelle austriache che si erano allontanate da Mantova. Nel frattempo gli avamposti austriaci avevano fatto ritorno in città dove si trovavano circa 10.000 uomini. Le truppe sarde si spinsero fin sotto Mantova raggiungendo Angeli avvicinandosi anche a Belfiore dove vennero attaccate da cannonate lanciate da Porta Pradella, da colpi di mitraglia, razzi alla congrève e da fucilate. Si trattò di una scaramuccia di tre ore che si protrasse fin verso le 14 quando i piemontesi si ritirarono verso Grazie, Montanara e Castellucchio.
Le perdite, sia da una parte che dall’altra, furono molto limitate. Si contarono 2 morti e sette feriti fra gli austriaci e 5 feriti da parte sarda.

Altri scontri ebbero luogo il 3 e il 4 maggio. I volontari toscani e napoletani, nella prima giornata misero in fuga il nemico, molto più numeroso in uomini e in armamenti, e lo costrinsero a lasciare sul campo diversi feriti. Il giorno successivo gli austriaci si comportarono con notevole slealtà in quanto, indossando divise dell’esercito nemico, inalberando bandiere tricolori e inneggiando a Pio IX e all’Italia unita, si diressero verso i volontari tosco-napoletani che corsero loro incontro per abbracciarli. Lasciatili avvicinare, d’improvviso, gli austriaci si divisero e fecero avanzare un cannone che, sparando, provocò diverse vittime particolarmente fra i napoletani e gli abruzzesi. Una volta riavutisi dallo stupore i volontari, armati di baionette e del loro infinito coraggio, si lanciarono con rabbia contro il nemico e lo costrinsero alla fuga.
In questi scontri si distinsero particolarmente i napoletani, i militi della Banda Torres ed alcuni cannonieri.

La descrizione risulta scritta nel “BOLLETTINO DEL CAMPO TOSCANO:
“CASTELLUCCHIO 3 maggio – A un’ora dopo mezzogiorno nel paese di S. Silvestro, all’estrema destra della nostra colonna ebbe luogo un fatto d’arme che è il più notevole degli accaduti fin qui. Quattro compagnie d’Ungheresi e Croati si erano avanzati a poca distanza appiattati nei campi han cominciato un fuoco vivissimo sul corpo franco di Torres, sulla nostra Civica e sui nostri cannonieri che si avanzavano per una recognizione. I nostri han risposto con un fuoco ancor più vivo e sono stati sostenuti da altre compagnie di artiglieria e dai Napoletani accorsi al momento, che si son battuti come leoni per modo che gli Austriaci han dato addietro fuggendo inseguiti da nostri fino sotto il tiro del Cannone di Mantova e lasciando sul campo molti morti e molti feriti, un prigioniero Croato e molte sacca di farina portata poi al Quartier-generale. – Noi abbiamo tre feriti. ...”

E in un successivo Bollettino viene riportato quanto segue:
“Montanara 6 maggio –
Sono 5 giorni che continuamente abbiamo degli allarmi, e con svantaggio degli Austriaci; ieri l’altro un attacco che ebbero i Napoletani, ed i Livornesi dagli Austriaci è da considerarsi assai perché i nostri furono sorpresi con inganno. Finsero gli austriaci di essere Civici, erano vestiti come noi, avevano una Bandiera tricolore, e gridavano VIVA PIO IX, VIVA L’ITALIA EC. Quando i nostri se li trovarono addosso non accorgendosi dell’inganno, e allorché i nostri furono chiusi nel mezzo, questi cominciarono il fuoco; ma i nostri accortisi del tradimento petto a petto colla sola baionetta in canna fecero una resistenza da veri Italiani, si noti bene che i nemici avevano tre pezzi di cannone, uno dei quali a mitraglia, che fu quello che uccise 6 dei nostri, quattro Napoletani, un Capitano Piemontese, un artigliere, ed un Civico livornese.”.


“BULLETTINO DELL’ARMATA N. 10 dei giorni 2 e 3 maggio 1848”

Una descrizione altrettanto minuziosa di questo scontro è riportata in una stupenda lettera scritta a Giovanni Lunardi di Lucca dal figlio Narciso appartenente alla “Colonna Giovannetti”, il cui testo trascriviamo integralmente:


Montanara in Lombardia 5 maggio 1848


Mio adorato babbo
Con la mia di ieri ti dava le notizie fino alle ore undici antimeridiane dicendoti se vi fossero nel restante del giorno altre novità. Devi dunque sapere che verso le ore una pomeridiane si avvisò essere usciti da Mantova 2.000 Tedeschi per sorprenderci e farci rinculare; giunti ad una certa distanza principiò un denso fumo fatto dagli austriaci per impedire di poter calcolare il loro numero, dipoi bombe, Racchette, Mitraglia, Cannonate, fucilate insomma un buggerinaio che non finiva mai. Noi fummo al momento alle armi; il nemico si avvicinò, gli avamposti finirono le cartuccie e si ripiegarono sulla colonna non essendovi nemmeno un ferito. Dalla parte di S. Silvestro, e da Curtatone (le due nostre ali) principiò un tremendo moschettio ed un cannoneggiamento che non finiva mai e durò quasi due ore. I Napoletani che erano da S. Silvestro si sono battuti eroicamente, ma sono stati tratti in inganno a causa della ugualità delle uniformi con le Tedesche. Questi infami Austriaci dopo avere perduti due cannoni e molte armi, essere fatti molti prigionieri, insomma essere sbaragliati, spiegata bandiera tricolore si mischiarono con i Napoletani d’imodoché non si distingueva più quali fossero gli Austriaci, quali i Napoletani; tanta è la somiglianza delle uniformi! Di lì nacque che i Tedeschi preso il bel momento principiarono a gridare viva Pio IX, viva l’Italia, abbracciare i Napoletani, poi ad un tratto riprendere i cannoni, sparare a mitraglia di modo che i feriti Napoletani furono 7, i morti 3, compreso un cannoniere toscano. Dei Livornesi vi fu uno che ebbe una palla nel berretto che passò da parte a parte senza recare nissuno inconveniente. Dalla parte poi di Curtatone ove pure sono Livornesi e Lucchesi, il Delogè (sic) finse andarli incontro con un numero di soldati di linea e dietro Livornesi con tre obici e un cannone, al momento che erano per attaccare il foco e mentre varie fucilate furono scambiate, si aprirono le file del Logè (sic) (avendo già combinato così) e tre obici dettero tali briscole ai Tedeschi che un numero innumerevole di Tedeschi caddero estinti, ma non si è potuto prenderne nessuno perchè i birbanti temendo fortemente di qualche scherno portarono seco i morti e i feriti. Il fatto è questo che i Tedeschi nel numero grande che erano ebbero la più grande sconfitta che mai.
Questo è il seguito della giornata di ieri, per quest’oggi fino a quest’ora che sono circa le 11 antimeridiane, se avverrà anche quest’oggi tel farò sapere domani circa quest’ora.
Addio, saluta mamma, le sorelle e gli amici tutti, addio
L’aff.mo tuo figlio
N(arciso) Lunardi


Lettera spedita da Montanara il 5 maggio 1848 diretta a Lucca
sul cui frontespizio reca la dicitura manoscritta “Dalla Colonna Giovannetti in Montanara”

Il giorno 10 maggio avvenne uno scontro nel quale rimase mortalmente ferito il maggiore Ferdinando Landucci. In seguito ad ordini ricevuti dal Quartier Generale sardo, secondo i quali le truppe toscane avrebbero dovuto riprendere le primitive posizioni davanti a Montanara, il battaglione comandato dal maggiore Landucci venne vigorosamente attaccato da 300 bersaglieri austriaci a Rivalta. Nonostante l’attacco inaspettato i toscani respinsero i nemici fino a Curtatone. Nello scontro rimasero feriti quattro militi toscani, fra i quali Landucci colpito da una palla di fucile al basso ventre. Venne prontamente soccorso ma le sue condizioni si rivelarono subito quanto mai gravi tanto che il giorno 12, confortato dal figlio, sergente nel 2° reggimento di fanteria, morì. Il parroco di Grazie non volle celebrare i riti della sepoltura che vennero affidati al cappellano dei civici lucchesi Giambattisti. Il giorno successivo le sue spoglie vennero sepolte in una cappella del santuario. Il capitano dello stato maggiore generale della legione toscana, notissimo letterato e cittadino livornese, Enrico Mayer, lo commemorò con toccanti parole, lette da Giuseppe Montanelli; esse sono riportate anche in una sua lettera originale indirizzata al fratello e che qui viene trascritta.

I militi della Santa Crociata
Concorsa ne’ Piani Lombardi
A propugnare la Italica Indipendenza
Deponevano la salma
Del Maggiore Toscano Ferdinando Landucci
Trafitto da colpo mortale
Mentre con pochi guerrieri che presidiavano Le Grazie
Respingeva e incalzava l’austriaco assalitore
Più potente di numero, più misero di virtù
-
O Prode Italiano
La vista del tuo sepolcro sgomenti il nemico
Che rallegrò di sua fuga
Il tuo sguardo morente


Interno della lettera scritta dal capitano livornese Enrico Mayer il 13 maggio 1848
recante il testo dell’epitaffio da lui dettato in memoria del maggiore Ferdinando Landucci

Il maggiore Landucci, cui venne intitolata a Mantova una delle più note caserme, era nato a Pescia nel 1791. Iniziò la carriera militare nel 1810 come volontario nei veliti della Guardia napoleonica; divenne furiere l’anno successivo e nel 1813 e 1814 prese parte alle campagne napoleoniche. Nel 1813 in pochi mesi divenne sergente, sergente maggiore e sottotenente. Finita l’epopea napoleonica entrò a far parte delle truppe toscane divenendo ben presto tenente. Nel 1831 fu promosso capitano e nel 1847 maggiore.
Lo scontro viene descritto anche in una lettera datata Marcaria 11 maggio 1848, il cui testo viene riportato qui di seguito:

Gentilissima Signora
Ieri la nostra colonna ebbe fra le 5 alle 6 pomeridiane uno scontro con gli austriaci fra le Grazie e Castellucchio, colla peggio dei Tedeschi, che si ritirarono frettolosamente in Mantova portando con loro vari morti, e feriti, fra questi alcuni ufficiali superiori, noi non abbiamo che a deplorare che tre feriti; ma pur troppo fra questi il maggiore Landucci.
Dopo questo fatto tutta la Truppa Toscana, e Napoletana è ritornata a riprendere le vecchie posizioni di Curtatone, S. Silvestro ecc.: oggi si sono riattivati tutti i lavori di fortificazione e siamo assicurati che non si muoveranno più.
...
Da Verona, e Peschiera niente di interessante.

Per suo obblig. Servo
Castiglioni

P. S.
Una persona arrivata ora da Goito, da per certa la notizia della resa di Peschiera. Auguro ben di cuore sia una verità.

Uno degli scontri più cruenti e che impegnò un notevole numero di uomini di entrambi gli schieramenti ebbe luogo il 13 maggio. In esso rifulse il coraggio e l’eroismo dei toscani e dei napoletano-abruzzesi. È narrato in numerose lettere fra le quali una delle più significative venne scritta da Francesco Leonetti del 1° Battaglione Fiorentino che si distinse in modo particolare anche nella battaglia del 29 maggio.

“Cara Gegia”
.............
Adesso prendo la penna per dirti che io sto benone, e raccontarti il fatto di ieri, che fu piuttosto importante.
Circa il tocco dopo mezzogiorno un gran polverio che noi vedemmo dalla parte di Mantova, e un luccicar di baionette ci avvisava che una colonna austriaca era per attaccarci. All’arme, all’arme, fu il grido che risuonò in tutto il paese. In un baleno corremmo sotto le armi, ed in fatti di lì a poco ci vedemmo attaccati in tre punti dalla colonna Austriaca. I cannoni cominciarono a far fuoco dall’una parte e dall’altra, i fucili nostri rispondevano col fuoco ai fucili nemici; insomma una forte mischia si era attaccata sopra una linea di circa due miglia. Da quattro ore consecutive durò il fuoco vivo senza che una parte o l’altra rinculasse d’un punto. Sulle vie non vedevamo che feriti portati sulle carrette, che anche fra i più acerbi dolori non si pentivano di aver combattuto per la santa causa.
Quando il nostro Colonnello Giovannetti con un colpo di arditezza guadagnò quella giornata. Egli levò dal fuoco quattro Compagnie; due di civici, fra i quali ero ancor io, e due di Napoletani, e ci ordinò di seguirlo. Di traverso ai campi egli ci condusse fino al campo nemico con l’intenzione di sorprenderlo alle spalle, e chiudergli la ritirata. La cosa sarebbe riuscita, come d’impadronirsi ancora dei loro pezzi d’Artiglieria, se la bramosia dei nostri di tirare sopra i Tedeschi non avesse rovinato tutto; perché gli Austriaci, sentendo di essere assaliti alle spalle, dopo aver fatto fuoco per poco tempo, voltarono a un tratto i loro pezzi e cominciarono a fuggire a più non posso, lasciandoci padroni del campo, e di una casa dove essi si erano fortificati, nella quale bevemmo alla salute dell’Italia.
Così finì questa bella giornata, nella quale avemmo a piangere bensì la morte di 8 dei nostri, e di 30 feriti. Gli Austriaci, alle relazioni che abbiamo, contano immenso numero di morti e feriti con qualche prigioniero. La sortita di jeri si giudica di 300 uomini con 7 pezzi d’artiglieria. I nostri amici son tutti sani, ...”
Il tuo affezionato amico
Francesco Leonetti

Un’altra bellissima lettera è quella che lo stesso Francesco Leonetti inviò alla marchesa Teresa Bartolommei e che trascrivo integralmente:

Carissima Gegia,
Montanara 14 maggio 1848

Con un’altra mia rispondevo ad una tua gratissima portatami da Ferdinando e ti ringraziava della Croce che mi mandavi, promettendo che all’ombra di quella Croce io avrei sempre combattuto per l’indipendenza d’Italia, e per la santa causa. Ti faceva la relazione di un piccolo fatto d’arme a cui con pochi compagni io mi ero trovato a S. Silvestro, e nuovamente invitava Ferdinando a vedere le nostre fatiche. Adesso prendo la penna per dirti che io sto benone, e raccontarti il fatto di ieri che fu piuttosto importante.. circa il tocco dopo mezzogiorno un gran polverio che noi vedemmo dalla parte di Mantova, e un luccicar di baionette ci avvisava che una colonna austriaca era per attaccarci. All’arme, all’arme, fu il grido che solo risuonò in tutto il paese. In un baleno corremmo sotto le armi, ed in fatti di lì a poco ci vedemmo attaccati in tre punti dalla colonna Austriaca. I cannoni cominciarono a far fuoco dall’una parte e dall’altra, i fucili nostri rispondevano col fuoco ai fucili nemici; insomma una forte mischia si era attaccata sopra una linea di circa due miglia. Da quattro ore consecutive durò il fuoco vivo senza che una parte o l’altra rinculasse d’un punto.

Di pari interesse è una lettera spedita da Montanara il 18 maggio dal furiere Narciso Lunardi di Lucca indirizzata al padre.

“Carissimo mio babbo
Ti do le nuove della mia salute e le novità che qui corrono come il fatto d’armi accaduto il 13 del corr.te. le prime sono buone come sono buone quelle degli amici nostri. Le seconde sono le seguenti. Il giorno 13 del corrente alle ore 1 pom.e circa mentre ci mettevamo a tavola dopo aver faticato una mattinata per far desinare, aveva in quel momento messo il cucchiaio nel riso per mangiarlo, si ode il grido d’all’Arme, al momento siamo pronti, ci piazziamo alle nostre fortificazioni; era poco tempo che eravamo colà che incominciò il moschetto, di lì a poco il cannoneggiamento si da una parte che dall’altra. Io e il Capitano Francesconi mentre eravamo intenti a sciogliere i pacchi delle cartucce e preparare i cappellotti per prepararci ad una resistenza fino all’ultimo sangue, quando ad un tratto una palla di cannone ci rasa il capo così accosto che soltanto il muggire di quella ci gettò a terra, proseguì il moschettio e il cannoneggiamento e i Tedeschi si avanzavano.
Il nostro Generale De Laugier e il Comandante Giovannetti fanno ritirare i cannoni fingendo aver ultimate le munizioni. I Tedeschi vedendo questo si avanzano baldanzosi, quando sono a buon tiro i nostri Comandi fanno avanzare i pezzi e gli mandano di regalo due mitragliate che pulì talmente la strada (che era ingombra di Cavalleria e Infanteria e Artiglieria) che quasi non si vide più persona nella strada. Prosegue il cannone, obliqua a destra e a sinistra ed empie le fosse che sono al fianco di quella strada, di morti e feriti Austriaci, lo stesso fu a Curtatone e a S. Silvestro, insomma tale e tanta fu la strage e lo scompiglio di quegl’infami che fecero una ritirata senza neppure scaricare. Indovina dalla nostra parte chi fu che fece fuoco? Due o tre compagnie di Bersaglieri e i cannoni. I Tedeschi era 4.000 ebbero la peggio.
I morti nostri sono tre da qui cioè da Montanara, i feriti da Curtatone sono assai di più, da S. Silvestro ancora, il totale si è
Morti N. 13
Feriti N. 40 compreso un livornese che ebbe una palla in fronte ma non è morto. Fra i morti si annovera un Lucchese, un bastardo, un certo Lucchesi Marcello che era con la colonna partita da Lucca (di Civica) ed era a Curtatone. Senti il fatto perché lo so con certezza ti assicuro di questo. Io dal Commissario di Guerra sig. Meyer fui mandato siccome io sono un impiegato presso di lui come scrivano Magazziniere col grado di foriere del qual grado io traggo paga ed ho tutti i giorni un buon pranzo, da dormire e sto assai bene, fuori della cattiv’aria che qui la si passa assai bene il caldo comincia a straziarci e non si fa altro che dormire mangiare e bevere e si fa la vita dei porci. Dunque io andava per suo ordine alle Grazie per caricare viveri pel giorno seguente, passava da Curtatone, e mentre era per traversare quel campo mi arrestano il carro che avevo meco e mi dicono di andare seco loro, arrivati davanti la casa del Colonnello e mi vennero incontro due carrette di morti che mi caricarono sul carro, figurati che occhi feci, vidi caricare un mio compaesano (il Lucchesi), dei soldati di Linea, un Napoletano, dei Cacciatori, poi mi dissero di andare col carro al Lago di Curtatone ove dovevano essere seppelliti, vi andai ma per essere troppo tardi (erano le dieci di notte) non fu possibile interrarli, scaricarono il carro levarono i morti, un braccio amputato, e mi mandarono al mio destino ed ecco perché al sicuro sò quanti morti erano, i feriti poi lo sò dai medici e chirurghi.
Addio caro mio babbo saluta tutti di casa mamma e le sorelle e dille che desidero tanto abbracciarle come desidero altrettanto fare di te.
Il tuo figlio aff.o N. Lunardi

In una lettera datata 19 maggio, un altro volontario toscano, Morello Morelli, riferisce quanto segue:
“Lo scontro andò benissimo, i nostri si portarono da prodi; non avemmo che 60 fra morti e feriti; mentre si dice che il numero degli inimici ascenda a 400.
La lettera continua poi
“…immenso era il numero di quelli che uscirono fuori delle mura di Mantova che molti credono ascendesse a 5000, essendo sicuro che nei forti non rimasero che 4 compagnie.
………………………………………………………………………………………………
Essi
(gli austriaci) tentarono, assalendo la destra e il centro, di forzare la posizione e respingerci verso il Po; fecero male i loro conti e ne toccarono quante ne vollero e assicurati che per molto tempo, se non avranno rinforzi, ci lasceranno tranquilli. Ieri avemmo la notizia che in Mantova si attaccarono Ungheresi e Croati, e la zuffa durò per qualche tempo…”

Dopo lo scontro del 13 maggio si registrò un periodo di relativa calma. Di tanto in tanto si diffondevano nel campo toscano notizie riguardanti insubordinazioni di soldati croati ed ungheresi che si rifiutavano di combattere contro gli italiani. Un buon numero di magiari, alla notizia che la Dieta Ungarica li richiamava, addirittura disertarono dall’esercito austriaco ben sapendo le conseguenze e le pene alle quali sarebbero stati condannati in caso di arresto.

Altri fatti d’arme, meno cruenti e con poche perdite di uomini sia da una parte che dall’altra, precedettero quello che ha reso immortale i nomi di Curtatone e Montanara che da quel 29 maggio sono diventati sinonimo di eroismo tanto che i protagonisti sono stati paragonati agli uomini di Leonida alle Termopili. Anche il maresciallo Radetzky dovette inchinarsi e rendere onore a quei prodi.


Notizie sulla “rivoluzione delle truppe ungheresi in Mantova, apparse su un bollettino del 25 maggio 1848 stampato a Torino

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