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Politica, Fuga e Restaurazione di Leopoldo II, Granduca di Toscana

Alessandro Pratesi
Le "divise uniformi" degli impiegati
delle Poste Granducali - 1835

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2ª PARTE

Sfumata la speranza di riprendere il controllo militare della Toscana e di un intervento sabaudo in proprio sostegno, a Porto Santo Stefano Leopoldo II ricevé la visita degli ambasciatori delle Potenze estere, dovendo scegliere presso quale potersi rifugiare. L’alternativa che egli vedeva era fra La Spezia e Gaeta ma, avendo appreso che le grandi Potenze a sostegno dell’Austria avrebbero posto al bando il Piemonte, decise di optare per Gaeta, dove tre mesi prima si era rifugiato anche il Papa.

Il 21 febbraio, mentre già si sentivano le salve dei cannoni di Orbetello a festeggiare la repubblica, Leopoldo II partì sulla nave inglese Bull-Dog per mettersi sotto la protezione di Ferdinando II°. Otto giorni dopo la Corte di Gaeta lo accoglieva entusiasticamente: infatti essendo il Granduca imparentato con la casa imperiale d’Austria, rappresentava la migliore garanzia di un suo futuro intervento militare per restaurare anche lo stesso potere pontificio. Infatti di lì a poco l’esercito austriaco iniziò a muoversi verso la Toscana, a protezione della quale l’esercito piemontese di La Marmora si dispose occupando i valichi appenninici.

Finisce così la fase storica dei sovrani italiani “illuminati” che avevano eccitato enormi entusiasmi e speranze negli italiani, che non trascuravano occasione per manifestare questo stato d’animo: una piccola testimonianza (foto 21) è questa graziosa e coloratissima “en téte” di lettera scritta il 1° giugno 1848 da Torino al Comune di Mesogno (Locarno), nella quale Pio IX, Carlo Alberto e Leopoldo II vengono accomunati nella definizione “I RIFORMATORI”. Purtroppo di lì a poco solo Carlo Alberto riuscì a resistere alle forze reazionarie ed a mantenere in vita lo Statuto. Da notare che nel P.S. vi è il riferimento ai festeggiamenti a Torino per la presa della fortezza di Peschiera, una del “Quadrilatero” (vedi Appendice, doc. n°2).

(Foto 21)


Oltre al Governo Piemontese, che peraltro stava raccogliendo le forze per la prossima ripresa delle ostilità con l’Austria, anche il Governo Toscano aveva le proprie preoccupazioni, risalenti già all’ultimo scorcio dell’anno precedente ancora in periodo granducale, e quando già era guidato dai democratici Montanelli e Guerrazzi. Soprattutto gli aspetti economici giocavano una partita difficilissima da far quadrare, che rappresentavano un vero e proprio assillo per Guerrazzi, che vi spostava il discorso quale che fosse l’argomento in discussione: lo si può desumere da queste due lettere inviate a Giuseppe Vivoli (n.d.r.: notaio livornese, Segretario del Magistrato di Sanità di Livorno ed autore della vasta opera “Annali di Livorno”, della quale all’epoca erano stati pubblicati i primi 4 volumi, ed era ancora incompiuta).

La prima lettera è del 29 ottobre 1848 (foto 22, 23), vale a dire solo dopo due giorni dall’insediamento del Governo Montanelli – Guerrazzi, nella quale si legge, oltre all’invito un po’ brusco a mantenere lo stesso tono precedente al suo incarico di governo, che << …vi dirò soltanto che l’incassi della Finanza pel mese futuro sommano a £ 800.000, e al solo Ministro di Guerra ne abbisognano £ 900.000 sicché considerate se corre il tempo di poter essere non dirò generosi, ma giusti.>>.

(Foto 22, 23) Lettera di Guerrazzi a Giuseppe Vivoli del 29.10.1848



Nella stessa lettera, in capo a sinistra della prima pagina, è curioso rilevare l’annotazione manoscritta dello stesso Vivoli, riferentesi evidentemente ad una sua precedente lettera della quale quella di Guerrazzi rappresentava la risposta, che è significativa di quanto Guerrazzi facesse sempre cadere l’argomento sulle questioni finanziarie: << Io non chiedeva denaro, ma incoraggiamento, e conforto. Vivoli. >>.

(Foto 24, 25) Lettera di Guerrazzi a Giuseppe Vivoli del 10.12.1848


La seconda lettera (foto 24, 25), scritta su carta intestata ministeriale con l’impronta a secco dell’arme granducale, è del 10 dicembre 1848 sempre diretta a Vivoli, nella quale l’argomento è quello della pubblicazione degli “Annali di Livorno” del Vivoli, relativamente al tipo ed all’approvvigionamento della carta necessaria per la stampa, ma anche in questo caso il Guerrazzi fa cadere l’argomento sugli aspetti finanziari dello Stato: << Quello che posso dire è che la Finanza è in extremis. Noi abbiamo rinunziato a € 6.000 annue, e molti impiegati rinunziano a parte dei loro stipendi volontariamente. Il deficit del 1849 sarà 12 milioni !!!>>.

Le preoccupazioni di ordine finanziario, quindi, erano molto pressanti già in periodo granducale, ed addirittura si aggravarono, dopo la fuga di Leopoldo II, per poter assicurare il necessario supporto alla guerra di Indipendenza che nel frattempo stava riprendendo. Infatti il 12 marzo 1849 il Piemonte denunciava l’Armistizio di Salasco e, rispettando il preavviso di 8 giorni da quello previsto, le ostilità si sarebbero aperte il giorno 20. Il Governo Provvisorio Toscano solo 4 giorni dopo emana un decreto (foto 26, 27) per un prestito forzoso perchè <<… le urgenze del Tesoro esigono pronti ed efficaci soccorsi sempre più reclamati dalla necessità di provvedere alla Santa Causa della Nazionale Indipendenza Italiana>>. Interessante è notare come il merito del provvedimento introduca il principio della PROGRESSIVITA’ del gravame (dal 14% al 50%), principio che poi sarà statuito solamente con la Costituzione Italiana del 1948.

(Foto 26, 27) Decreto 16 marzo 1849 per il Prestito Forzoso per la ripresa della guerra.

 

Purtroppo il 27 marzo giungeva la notizia della disfatta di Novara, dell’abdicazione di Carlo Alberto e dell’armistizio di Vignale concluso fra Piemonte ed Austria. Adesso era prevedibile che l’esercito di Radetsky si sarebbe rivolto contro la Toscana per ripristinarvi il proprio controllo e reinsediarvi il Granduca.

L’Assemblea Toscana deliberò di conferire il potere esecutivo dittatoriale a Guerrazzi (in quanto ritenuto il più “costituzionalista” dei governanti toscani e quindi il più adatto a mediazioni) per provvedere ai bisogni della guerra ed alla salvezza della patria. In “appendice documentale n° 3” il proclama di Guerrazzi dell’ 8 aprile 1849 per la Mobilitazione Generale e la consegna delle armi. Il clima politico però in Toscana stava rapidamente mutando: giungevano notizie da ogni parte che le popolazioni in maggioranza si stavano preparando a re innalzare le insegne granducali; non si rispettavano i decreti e l’autorità governative, le chiamate alle armi non venivano tenute in nessun conto, tanto che Guerrazzi fu costretto a proclamare lo Stato d’Assedio in Toscana. Una vivida testimonianza di questo frangente è la lettera del 14 aprile 1849 (foto 28,29), inviato da Radicofani al Prefetto di Siena dai membri della “Commissione del Governo Toscano per la Mobilitazione”, nella quale si legge che erano << Scampati miracolosamente in grazia ad alcuni buoni Paesani dalla furia di questo Popolo, contiamo partire questa notte dirigendoci alla volta di Chianciano attendendo colà il nostro destino per di Lei mezzo …>>

(Foto 28, 29) - Lettera della Commissione di Mobilitazione da Radicofani del 14.04.1849


Oltre a questo difficilissimo quadro interno, un altro non certo migliore si profilava all’esterno, dove il Governo Toscano non aveva amici: il Triumvirato di Roma non simpatizzava con Guerrazzi (era più sulle posizioni del “democratico” Montanelli), il governo Sabaudo, il Re di Napoli e il resto dell’Italia austriacante lo vedevano di mal occhio e, peggio ancora, l’Austria vincitrice di Novara stava muovendo il suo esercito verso la Toscana avvalendosi dell’appoggio dei Ducati satelliti di Modena e di Parma. Infine, la Francia era impegnata a muoversi sul quadrante pontificio, volendosi acquisire il merito della restaurazione di Pio IX.

La situazione precipitò il 10-11 aprile a seguito dei gravissimi disordini scoppiati a Firenze fra i volontari livornesi giunti al seguito di Guerrazzi e la cittadinanza, a causa di comportamenti oltraggiosi tenuti dai primi: si contarono una ventina di morti e numerosissimi feriti. Guerrazzi in persona accorse in piazza Santa Maria Novella dove più furibondi erano gli scontri, e con grande coraggio riuscì a sedarli ed a far allontanare i Livornesi con la ferrovia.

La parte Costituzionalista non mancò però di cogliere l’occasione per agire: riunitasi a Palazzo Vecchio decisero di procedere alla restaurazione del potere Granducale. Inviarono il conte Luigi Serristori a Gaeta per invitare il Granduca a rientrare a Firenze e pubblicarono il seguente manifesto:

<< Cittadini, nella gravità della circostanza il vostro Municipio sente tutta l’importanza della sua missione. Egli a nome del Principe assume la direzione degli affari e si ripromette di liberarvi dal dolore di una invasione. Il Municipio in questo solenne momento si aggrega cinque cittadini che godono la vostra fiducia e sono: Gino Capponi – Bettino Ricasoli – Luigi Serristori – Carlo Torrigiani – Cesare Capoquadri. Il Gonfaloniere>>.

Per le strade di Firenze la popolazione (probabilmente organizzata dai filo-granducali) sfilava al grido di “morte a Guerrazzi!”, “viva il Granduca” ed abbattendo gli Alberi della Libertà. La Commissione Governativa con il pretesto di salvaguardare la sua incolumità, fece trasferire Guerrazzi al Forte di Belvedere attraverso il Corridoio Vasariano, ma qui il 12 aprile 1848 fu arrestato e sottoposto a processo.

Intanto, movimenti moderati e filo-granducali si insediarono nelle principali città toscane, tranne Livorno, che rimase ferma nelle proprie posizioni repubblicane. Iniziava con sistematicità il cammino della restaurazione, a partire dalla dichiarazione di sottomissione dei Gonfalonieri delle varie città toscane, come da circolare (foto 30) diramata già il 14 aprile.

(Foto 30)


L’esercito austriaco era giunto a Massa, Carrara e Pontremoli, vale a dire alle porte del territorio toscano. Nonostante le suppliche della Commissione al Granduca perché evitasse l’onta e i danni dell’invasione straniera, e nonostante la nomina il 1° maggio di Serristori a plenipotenziario del Granduca, il 6 maggio le truppe austriache al comando del generale Costantino D’Aspre, uno dei protagonisti della battaglia di Novara, entravano in Toscana ed occupavano Lucca.

Il 10 maggio erano di fronte a Livorno che, isolata nel mare della restaurazione in tutto il Granducato, scrisse una pagina di coraggio e di eroismo decidendo pur senza speranza di respingere la proposta di capitolazione e di resistere all’assedio austriaco.

Ma la preponderante forza austriaca e la sua potente artiglieria aprirono già il giorno successivo una breccia presso Porta San Marco, dalla quale gli austriaci dilagarono in città, dandosi ad un furibondo saccheggio ed a rappresaglie che costarono la vita ufficialmente a 317 cittadini, ma le fonti del tempo parlarono di circa 800 giustiziati. Lo stesso giorno 11 D’Aspre sciolse la Guardia Civica e proclamò lo Stato d’Assedio a Livorno, che rimase in vigore addirittura sino al primo gennaio 1855, come da proclama del Granduca del 27 dicembre 1854 (foto 31).

(Foto 31)


Il 25 maggio gli austriaci occupavano Firenze, posizionandosi alla Fortezza da Basso e con l’assenso di Serristori scioglieva la Guardia Nazionale e dichiarava lo Stato d’Assedio in città, che comportava la competenza dei Tribunali Militari Austriaci anche sui reati comuni. Pochi giorni dopo Serristori rimetteva il mandato ed il Granduca nominava un nuovo Governo guidato da Giovanni Baldasseroni.

Il 28 luglio Leopoldo II e la sua famiglia, raggiunto il territorio toscano a Viareggio, giungevano a Firenze in treno scortati da militari austriaci. Venne acclamato dalla popolazione, soprattutto dalle sue classi elevate che dall’evolversi del periodo repubblicano aveva concretamente temuto di perdere i propri privilegi o, ancor peggio, di andare incontro ad avventure rivoluzionarie.
La satira non perse però questa ghiotta occasione per mettere in risalto l’atteggiamento della capitale di uno Stato d’Italia che acclama il ritorno di un sovrano straniero e del suo potere assoluto tenuto in vita da una potenza ed un esercito stranieri. Ecco sotto riportata la vignetta dal significativo titolo “I nobili schiavi” pubblicata sul giornale satirico “Il Don Pirlone a Roma” nella quale si vede il Granduca riportato a Firenze sulle braccia dei mastini austriaci, mentre i nobili ed i sanfedisti, rappresentati come docili e sottomessi cagnolini, lo acclamano con frasi dallo sconsolante sapore amaro, dopo le tante speranze ed illusioni che erano sorte nella straordinaria stagione passata alla storia sotto la definizione della “Primavera dei Popoli”.

(Foto 32) Il rientro a Firenze di Leopoldo II, nella vignetta satirica “I nobili schiavi”.

Per altri dieci anni la Toscana tornò ad essere una provincia dell’Impero austriaco, ed il potere di Leopoldo II subì una pesante involuzione autoritaria, tanto da inimicarsi col tempo anche i più accesi suoi sostenitori.

I protagonisti della Rivoluzione Toscana furono arrestati e nel 1852 sottoposti a processo, con la condanna all’ergastolo per Montanelli, Mazzoni, Mordini e Modena, mentre Guerrazzi (che nel processo dimostrò i propri principi monarchici costituzionali) fu condannato a 15 anni; il solo Leonardo Romanelli, Ministro di Giustizia, venne assolto per aver compiuto solo atti non criminosi del proprio ministero. Dopo un anno, onde evitare il biasimo popolare, le condanne furono commutate nel Bando dallo Stato Toscano.

La restaurazione fece perdere alla Toscana quelle libertà che l’avevano fatta distinguere fra tutti gli Stati preunitari: fu reintrodotta per taluni reati la pena di morte (quando proprio la Toscana di Pietro Leopoldo era stato il primo Stato al mondo ad abolirla!) e nel 1852 revocò la Costituzione del 1848; fino al 1855 affidò quasi esclusivamente la difesa all’esercito austriaco che lasciò forti presidi a Firenze a Livorno ed altri minori nelle principali città toscane, con un elevatissimo costo per il loro mantenimento a carico delle finanze toscane.

Non trascurò neppure, ovviamente, di attaccare anche i SIMBOLI del periodo costituzionale, a partire dalla bandiera tricolore (che la Toscana, primo fra gli Stati Italiani preunitari aveva ufficialmente adottato il 17 aprile 1848), come testimoniato dalla circolare del 3 giugno 1849 inviata ai gonfalonieri (foto 33), nonostante che in un primo momento si fosse ritenuto di mantenerla in vigore, come dimostrato dal manifesto del Municipio di Siena del 13 aprile 1849 (foto 34).

(Foto 33) - Circolare ai Gonfalonieri del 3.06.1849

 

(Foto 34) - Manifesto Municipio di Siena del 13.04.1849

Alessandro Pratesi
Socio A.S.P.O.T. e collaboratore de “Il Postalista”


 

APPENDICE DOCUMENTALE

1 - Le speranze Costituzionali della cittadinanza toscana.

Il documento allegato, del 18 febbraio 1848, testimonia del favore popolare espresso verso il Granduca Leopoldo II con la sua promulgazione della Costituzione. Non può sfuggire il tono paternalistico del testo, ma è certo che l’umore popolare era tutto per il Granduca e per le grandi aspettativa che si avevano verso il Papa Pio IX.

(Foto 35) Manifesto per Fiesole del 18.02.1848


2 - Lettera del 1° giugno 1848 da Torino a Locarno.

Questa lettera presenta la caratteristica di una “en téte” policroma assai curiosa, che accomuna nella definizione de “I RIFORMATORI” i sovrani di Sardegna (Carlo Alberto), del Pontificio (Pio IX) e di Toscana (Leopoldo II), con evidente riferimento alle grandi speranze che si erano accese in Italia a seguito della stagione delle “Monarchie Illuminate” che avevano concesso la Costituzione, quindi riconoscendo diritti fondamentali a tutti i cittadini e, conseguentemente, delle limitazioni ai poteri dei sovrani. Inoltre il testo della lettera (che nel merito riguarda la commissione per la realizzazione di un baldacchino religioso decorato) contiene poi nel Post Scriptum un’interessantissima testimonianza risorgimentale: le manifestazioni di tripudio a Torino per la conquista della fortezza di Peschiera (una delle quattro del cosiddetto “Quadrilatero” austriaco) da parte dell’esercito piemontese. Di seguito la trascrizione di questo passo: << P.S.: Questo giorno il redentore è salito al cielo. Torino è in gran trionfo di festa per la Vittoria portata della fortezza di Peschiera e si fa grande parata col canto dell’inno Ambrosiano. Questa sera grande illuminazione. Queste sono le notizie.>>.

(Foto 36, 37) Lettera del 01.06.1848 con “en téte” I Riformatori da Torino a Locarno


3 - Guerrazzi promulga la mobilitazione generale e la consegna delle armi di chi non può combattere.

Siamo agli ultimi giorni del Governo dittatoriale di Guerrazzi: la minaccia austriaca dopo la sconfitta piemontese a Novara si fa concreta ed assillante, soprattutto per uno Stato, come la Toscana, che non ha appoggi negli altri Stati esteri e fra le Grandi Potenze. La popolazione toscana però comincia a defezionare e non attua ordinatamente i decreti del governo rivoluzionario: si comincia a pensare che, tutto sommato, un ritorno al potere del (sino ad allora) bonario Principe Lorenese, fosse la soluzione migliore. (Foto 38).

(Foto 38) Decreto di Guerrazzi dell’8.04.1849 su armi e Mobilitazione.

 

B I B L I O G R A F I A      E S S E N Z I A L E

1 – Atti dei Procedimenti Penali 1851-1852 a carico di Guerrazzi, Montanelli, Mazzoni, Romanelli ed altri – Requisitoria del Regio Procuratore – Camera delle Accuse della Corte Regia - Ricorsi degli Imputati – Procedimento presso la Corte Suprema di Cassazione – Difesa di Leonardo Romanelli – Difesa di F.Domenico Guerrazzi – Difesa di Giuseppe Montanelli – Difesa di Giuseppe Mazzoni – Atti di difesa degli altri imputati - Rapporto della Commissione sul Rendimento dei Conti della Finanza Toscana.

(Foto 39)- Capopagina degli atti del Processo agli esponenti del Governo Repubblicano Toscano,
contenente l’elenco degli imputati, fra i quali Guerrazzi, Montanelli, Mazzoni,
Marmocchi, Vannucci, Modena, Mordini ed altri 37 personaggi.

2 – Autori vari: La Rivoluzione Toscana del ‘48 – Collana “Pensiero e Azione nel Risorgimento Italiano” - Firenze, Nerbini Editrice, 1929.

3 – Autori vari: Le quattro Costituzioni Italiane concesse dai Principi Riformatori nel 1848 – Fuligno, Tipografia Tomassini , 1848. 1 – Autori vari: La Rivoluzione Toscana del ‘48 – Collana “Pensiero e Azione nel Risorgimento Italiano” - Firenze, Nerbini Editrice, 1929.

4 – Ugo Barlozzetti ed altri autori del Coordinamento Toscano per il Risorgimento: La Toscana da Pietro Leopoldo all’unificazione amministrativa – Firenze, Edizioni Consiglio Regionale della Toscana, 2011.

5 – Giuseppe Montanelli: Memorie sull’Italia e specialmente la Toscana dal 1814 al 1850 - Firenze, 1853.

6 – Francesco Domenico Guerrazzi: L’Asino – Tipografia del Vulcano – Svizzera, 1860.

7 – Autori vari: Curtatone e Montanara 1848 – 160° anniversario della battaglia – Atti del Convegno maggio 2008 – Mantova, Editoriale Sonetti, 2009.

8 – Giuseppe Montanelli: Il 29 maggio in Toscana – Livorno,Tipografie G. Fabbreschi & c., 1859.

9 – Fabroni, Puccianti, Fornaciari: Commemorazione dei toscani morti in Curtatone e Montanara il 29 maggio 1848 – Pisa, Tipografia Citi, 1859.

10 – Indro Montanelli: L’Italia del Risorgimento – Milano, Rizzoli Editore, 1972.

11 – Giovanni Spadolini: Gli uomini che fecero l’Italia – Milano, Longanesi & c., 1989.

12 - Michelangelo Pinto: Don Pirlone a Roma - Memorie di un Italiano dal 1° settembre 1848 al 31 dicembre 1850 – Giornale di caricature politiche - Torino, Edizioni Alessandro Fontana, 1851.

(Foto 40, 41) Guerrazzi e Montanelli da stampe originali dell’epoca.

(ricostruzione storica di Alessandro Pratesi, basata su documenti originali della propria Collezione)

 



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