il tramonto di un regno









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il tramonto di un regno


di Giancarlo MAGNONI

2° Periodo dal 26 luglio all’8 settembre 1943.
Territorio a nord della linea del fuoco: REGNO VITTORIO EMANUELE III° CON GOVERNO BADOGLIO A ROMA.
 

Il 26 luglio inizia il governo Badoglio dell’Italia colorata in verde.

L'Italia é in festa. Manifestazioni di giubilo sono accompagnate da molte distruzioni di sedi del fascismo, che sono invase, distrutte, buttando dalle finestre mobili, suppellettili, schedari. Vengono sbriciolati con i picconi i monumenti a Mussolini, o i fasci che troneggiavano nelle numerose costruzioni realizzate dal regime. Si impossessa della folla una mania distruttiva su ogni simbolo che ricorda il fascismo. Eppure nessuno ha detto che il fascismo è caduto. Nessuno ha sciolto la Camera dei Fasci e delle Corporazioni.
 

 

 

 

 

 



Le reazioni dei fascisti (che si temevano) non ce ne sono; la maggior parte sembra accettare l'evento fra la rassegnazione e la fine di una situazione che ha messo negli ultimi tempi in discussione molte di quelle certezze che facevano parte del credo fascista. Soprattutto per le mancate vittorie promesse; che messe in fila sono diventate tutte, una dietro l'altra, umilianti sconfitte con i nemici ma anche davanti all'alleato "caporale" tedesco. L'Italia per qualche giorno sembrò non essere stata mai fascista!

 

Anche qui Mussolini è stato, da buon giornalista, un premonitore "Basterà un titolo sul giornale e in 24 ore ti ritrovi nella polvere". Di busti di Mussolini nella polvere in ventiquattrore ne finiscono a migliaia.

Già Mussolini? L’inatteso arrivo di Mussolini alla caserma Podgora ha provocato una tale eccitazione nei militi che è stato provveduto il suo trasferimento alla scuola degli allievi carabinieri Legnano. Poco dopo l'una del mattino il tenente colonnello Chirico entra nella stanza dove Mussolini sta riposando sopra a un divano e, svegliatolo, gli dice che è appena giunto in caserma il generale Ferrone (dello Stato Maggiore generale) con una lettera di Badoglio. La lettera, in una busta verde intestata “Ministero della Guerra”, è indirizzata, di pugno del maresciallo Badoglio "Al Cavalier Sig. Benito Mussolini" e dice:

"Il sottoscritto Capo del Governo, tiene a far sapere a Vostra Eccellenza che quanto è stato eseguito nei Vostri riguardi, è unicamente dovuto al Vostro personale interesse, essendo giunte da più parti precise segnalazioni di un serio complotto contro la Vostra persona. Spiacente di questo, tiene a farVi sapere che è pronto a dar ordini per il Vostro sicuro accompagnamento, con i dovuti riguardi, nella località che vorrete indicare".

La lettera provoca, chissà perché, una certa commozione in Mussolini che, subito dopo averla letta, incarica il generale Ferrone di scrivere la seguente risposta:

1) - Desidero ringraziare il Maresciallo d'Italia Badoglio per le attenzioni che ha voluto riserbare alla mia persona.
2) - Unica residenza di cui posso disporre è la Rocca delle Caminate, dove sono disposto a trasferirmi in qualsiasi momento.
3) - Desidero assicurare il Maresciallo Badoglio, anche in ricordo del lavoro comune svolto in altri tempi, che da parte mia non solo non gli verranno create difficoltà di sorta, ma sarà data ogni possibile collaborazione.
4) - Sono contento della decisione presa di continuare la guerra cogli alleati, così come l'onore e gli interessi della Patria in questo momento esigono, e faccio voti che il successo coroni il grave compito al quale il Maresciallo Badoglio si accinge per ordine e in nome di Sua Maestà il Re, del quale durante ventuno anni sono stato leale servitore e tale rimango. Viva l'Italia.

 

Il 27 luglio, durante la prima riunione del Consiglio dei ministri, è stato deciso di trasferire l'ex capo del governo o nell'isola di Ventotene o in quella di Ponza dove viene portato il 28 luglio. A Ponza lo stesso Mussolini aveva istituito una colonia penale. Vi erano stati confinati una lunga serie di prigionieri, da Tito Zaniboni, il suo attentatore del 1925, a Pietro Nenni, I due sono ancora presenti nella comunità. Nenni, riconoscendo Mussolini rimane stupito e incredulo.

Al Maugeri, durante il viaggio, Mussolini sembra abbia detto: "Io sono politicamente defunto".
Mussolini sparisce così dalla scena pubblica e, al di fuori dell'ambiente ufficiale del governo, si ignorerà completamente dove si trovi.
Il 7 agosto Mussolini viene trasferito da Ponza a La Maddalena. A giustificazione del trasferimento, Maugeri spiega a Mussolini che esiste il rischio di un colpo di mano da parte dei tedeschi per "liberarlo". La reazione di Mussolini, secondo Maugeri, si sintetizza in questa sua risposta: "Questa è la più grande delle umiliazioni che mi si può infliggere. E si può pensare che io possa andarmene in Germania e tentare di riprendere il governo con l'appoggio dei tedeschi? Ah, no davvero". Il suo sdegno sembra sincero.

Nella foto precedente, villa Webber che sarà la nuova “residenza” di Mussolini.
Il 28 agosto, alle 4 del mattino, un idrovolante della Croce Rossa preleva Mussolini dal porto della Maddalena per trasferirlo nel suo terzo luogo di detenzione; il Gran Sasso.

 

Napoli 4 agosto: Alle 13,25 ha inizio un nuovo bombardamento (secondo i giornali il 96°) al quale partecipano circa 400 aerei con un tonnellaggio di bombe molto inferiore a quello del 17 luglio ma con danni che, nei quartieri centrali, risultano più atroci, tanto che i napoletani giudicheranno l’incursione come la peggiore mai sofferta. Ufficialmente si parlerà di 210 morti e di 464 feriti, ma la prima di queste cifre sarà stata anche doppia. Interi isolati vengono pressoché distrutti

Iniziano i furiosi bombardamenti sulle grandi città del nord. Nella notte sull’8, 220 Lancaster del Bomber Command attaccano Milano (è il decimo bombardamento che subisce la città), Torino (vedi foto) e Genova. I morti sono poco più di cento a Milano, qualche decina a Torino e Genova.

 

 

 


 

 

 

Poco dopo le 10 del mattino, ondate di Fortezze Volanti della S.A.F. passano su Terni per colpire gli obiettivi ferroviari, li colpiscono ma distruggono quasi completamente la città provocando la morte di 304 persone e il ferimento di altre 503. I piloti italiani del 3° stormo, levatisi in volo, riescono ad abbattere 9 velivoli.

Una visione di Terni dopo il bombardamento
 

 

Roma viene unilateralmente dichiarata "Città aperta". Si intende per "città aperta "una città priva di difese e di obbiettivi militari tipici e quindi, in forza di accordi internazionali, non soggetta a bombardamenti ne ad altre forme di violenze da parte del nemico. Tutto ciò in base al regolamento allegato alla II^ Convenzione dell'Aia del 1907. I requisiti riconosciuti necessari perché uno stato abbia la facoltà di dichiarare unilateralmente "aperta" una città sono tre: la città deve essere prossima al fronte di operazioni ed in procinto di essere occupata; volontà di consegnarla al nemico senza resistenza; notificazione del carattere di "città aperta" e sua accettazione da parte del nemico. In realtà non esiste alcuno di questi requisiti: la città non è prossima al fronte di operazioni, non è presumibile la volontà, almeno palesemente, di consegnarla al nemico e per quanto riguarda l’accettazione da parte del nemico le risposte negative ricevute tramite la Santa Sede sono state estremamente chiare e definitive. Pertanto Roma resterà con questo appellativo di Città Aperta senza riceverne alcun concreto vantaggio.

La unilateralità risulta subito più che evidente: Roma subisce, proprio oggi, il suo secondo pesante bombardamento che provoca circa 500 vittime
 

 

31 agosto - Pisa: verso l’una del pomeriggio, subisce un disastroso bombardamento, della durata di appena 15 minuti, da parte di 152 Fortezze (408 tonnellate), al centro ferroviario e all’aeroporto. Tagliata la linea per Livorno, distrutte numerose fabbriche e un’officina del gas. Lievi danni nel centro storico, ma autentica strage di civili (852 morti) nei dintorni della stazione e negli stabilimenti Gobain. Nella foto gli effetti del bombardamento di Pisa sui lungarni. Pisa subirà altri diciotto bombardamenti prima dell’arrivo degli Alleati

 

Questo periodo, dei così detti 45 giorni di Badoglio, rappresenta forse uno dei peggiori per la popolazione italiana che dopo i primi giorni di esultanza alla tanto auspicata caduta della dittatura viene a trovarsi esposta alla repressione di un nuovo governo che per dare ai tedeschi la conferma della parola data: “la guerra continua (al loro fianco)” decide di stroncare con le armi le dimostrazioni di esultanza provocando il ferimento e la morte di innumerevoli persone nelle piazze e per le strade delle città italiane.
Gli Alleati che vogliono forzare Badoglio ed il re ad una resa incondizionata, danno inizio ad una serie di terribili bombardamenti distruttivi delle principali città italiane. Milano, Torino, Genova, Napoli, Roma (per la seconda volta, il 13 agosto) ed altre devono lamentare centinaia di morti.
 

 

 

 

 

 

Il 3 settembre dopo quasi un mese di trattative segrete l’Italia firma l’atto di resa incondizionata (Armistizio Corto). Incaricato il generale Castellano. La “triste” cerimonia si svolge in Sicilia, a Cassibile nei pressi di Siracusa.

 

Il “previdente” Vittorio Emanuele III si è fatti consegnare dal suo amministratore Tullio Cavagneri quasi tutti i fondi liquidi personali disponibili, circa 16 milioni, nonché i titoli conservati in cassaforte compresi pacchi di azioni e obbligazioni del Victory Loan.
La favolosa collezione di monete del Re, costituita da ben 120000 pezzi raccolti in oltre cinquant'anni, è già stata trasferita a Sant'Anna di Valdieri e sarà presa dai tedeschi come preda di guerra ma poi restituita agli italiani della Repubblica di Salò.
 

 

IL RE CONTINUA A NEGARE

A Roma il generale tedesco Rahn viene ricevuto di buon mattino dal Re che gli ribadisce la sua personale convinzione che l'Italia dovrà rimanere fedele agli impegni assunti con la Germania pur dicendogli che le questioni politiche deve trattarle con Badoglio che gode di tutta la sua fiducia. Ad armistizio già annunciato toccherà al ministro degli Esteri Guariglia lo sgradevole compito di comunicare ufficialmente, proprio allo stesso Rahn, la firma della resa italiana nello stesso giorno in cui il Re gli aveva date così impegnative garanzie di fedeltà.
Ecco infatti la testimonianza di Rahn riportata sul giornale Volkischer - Beobachter che sarà pubblicata il 12 settembre:
"Il ministro Guariglia mi ricevette poco dopo le 19 per comunicarmi questo messaggio: "Il maresciallo Badoglio, vista la situazione militare senza via di uscita, ha dovuto chiedere l'armistizio". Io risposi: "Questo è tradire la parola data". E Guariglia: "Contesto la parola tradimento". Io, allora, ripresi: "Non accuso il popolo italiano, ma quelli che hanno tradito il suo onore, e le dico che questo tradimento peserà grandemente sulla storia d'Italia. Il Re, ancor oggi, mi ha confermato che l'Italia, tenendo fede agli accordi, avrebbe continuato la guerra accanto alla Germania. Il maresciallo Badoglio me

lo ha riconfermato. Adesso si sa quanto valga la parola di un re e di un maresciallo".

La comunicazione dell’avvenuto armistizio sarà diffusa via radio agli italiani alle 19,42 dell’8 settembre.
 


STORIA POSTALE

 

 

 

 

Raccomandata espressa via aerea da Meta (NA) a Roma. Giungerà il 5 settembre

 

 

 

A sinistra, una cartolina in franchigia timbrata in partenza il 3 settembre

 

 

 

una lettera dell’8 settembre.