il tramonto di un regno









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il tramonto di un regno


di Giancarlo MAGNONI


5° Periodo: dal 26 novembre 1943 al 22 gennaio 1944.
Territorio a nord della linea del fuoco: Repubblica Sociale Italiana

Quinta parte (dall’11 gennaio al 22 gennaio 1944)
 


Martedì 11 Gennaio 1944

Il tormentato iter della domanda di grazia
Solamente alle 3 del mattino, qualcuno nell’ufficio pieno di fumo di Cosmin insinua che il colonnello Italo Pianini, nella sua veste di ispettore della “Quinta zona” della Guardia Nazionale Repubblicana, ha l’autorità sufficiente per respingere senz’altro le istanze di grazia. Il colonnello, tirato giù dal letto, si oppone tenacemente e tiene testa per cinque ore alla tracotanza di Cosmin, di Tamburini e del Pubblico Accusatore Andrea Fortunato; poi deve cedere al preciso ordine scritto che gli viene fatto giungere dal suo superiore, il generale Renato Ricci.
Alle 4,30 del mattino, Wolff viene svegliato da una telefonata di Mussolini che gli chiede di consigliarlo sul da farsi a proposito della richiesta di grazia per Ciano inoltrata dalla figlia Edda. Wolff gli risponde che da un preciso ordine di servizio, ricevuto da Hitler, non può immischiarsi nel "caso Ciano" perché il Fuhrer lo considera un problema esclusivamente italiano. Mussolini, che sembra trovarsi in stato di grande angoscia, prega Wolff di aiutarlo e non lasciarlo per la prima volta solo nei guai. Allora Wolff gli suggerisce di porgli delle domande alle quali, civilmente,

 

 

avrebbe risposto e, così, dalle sue risposte potrà trovare la via per la giusta decisione. Mussolini ringrazia e gli pone quattro domande: eccole con le relative risposte di Wolff:
"Cosa crede il Fuhrer che io debba decidere: a favore o contro la grazia al conte Ciano?".
"Il Fuhrer non crede che lei debba lasciarsi influenzare dalla sentenza di morte contro suo genero emessa da un tribunale fascista".
"La mia considerazione personale presso il Fuhrer diminuirà in caso di concessione di grazia?".
"Non lo credo. Il Fuhrer è per lei un vecchio fedele amico, egli rispetterà la decisione che lei prenderà, qualunque essa sia, essendo questo un problema esclusivamente italiano".
"Quale decisione si aspetta da me il Reichsfuhrer SS Himmler?":
"Contrariamente al Fuhrer, il Reichsfuhrer SS ritiene che la volontà dello stato da lei creato e diretto debba prevalere su quella della famiglia e che lei debba respingere la grazia a quegli uomini che, pur avendo avuto per anni la sua fiducia, l'hanno tradita e le hanno tolto il potere".
"In caso di grazia a Ciano la mia considerazione presso la persona del Reichsfuhrer SS sarà perduta?".
"Certamente si".
Mussolini, scusandosi per averlo disturbato durante la notte, ringrazia Wolff e gli dice: "Adesso riesaminerò tutto ancora una volta da cima a fondo, buona notte camerata Wolff".

Mussolini deciderà di non fare niente e di lasciare che la sentenza abbia il suo corso. Probabilmente - nonostante la durissima lettera inviatagli dalla figlia Edda - per paura di suscitare le ire dei tedeschi e di non poter più godere del loro rispetto. Cosa che certamente sarebbe avvenuta se avesse concesso la grazia, con la probabile rivolta da parte di alcuni gerarchi fascisti fanatici (fra i quali Cosmin e Furlotti), più vicini ai tedeschi che a lui. Probabilmente la sudditanza di Salò a Berlino sarebbe divenuta ancora più dura e la grazia avrebbe fornito al Fuhrer (o a Himmler) l'occasione per misure più drastiche nell'Italia del Nord. Queste, nelle poche ore che rimanevano prima dell'esecuzione, furono certamente le considerazioni prese in esame da Mussolini.

Si conclude la vendetta del tradimento del 25 luglio
 

Pareschi dopo avere gridato “Viva l’Italia!”, è caduto sulla sinistra, ma dei sei che avevano preso la mira quattro non lo hanno nemmeno sfiorato: occorre il colpo di grazia. Anche il maresciallo De Bono ha fatto eco a quel grido, ma almeno – e come lui Gottardi – è morto. Marinelli, portato quasi di peso alla sedia; ha scalciato, pianto e invocato il nome di “Giulia”, ed è ancora vivo. Il dottore fa un cenno e Furlotti si avvicina. Solleva la Berretta 7,65, spara due colpi alla nuca. Ciano non ha gridato, ne inneggiato, ma all’ultimo momento, con una faticosa torsione sulla sedia ha tentato di far fronte al plotone; sotto il tiro è caduto all’indietro, lo schienale della sedia schiantata sul petto, la fronte in alto. Il medico vede
con orrore che è ancora vivo. “Due colpi”, dice a Furlotti, e il maggiore preme il grilletto, ma Ciano è ancora vivo. E’ necessario un altro colpo, con la canna appoggiata alla tempia.



 

Storia Postale dell’11 gennaio
 




 


 

Nelle due cartoline troneggia invece il volto del re nei valori della serie Propaganda di Guerra.

 

 

 




 

Verona ore 9,20. Al poligono di tiro nel Forte San Procolo vengono fucilati Galeazzo Ciano, Emilio De Bono, Carluccio Pareschi, Giovanni Marinelli e Luciano Gottardi. Comanda il plotone di esecuzione lo squadrista Nino Furlotti. Dei trenta (sei per ciascun condannato) che compongono il plotone, mirando a distanza di dodici metri alla schiena dei bersagli impotenti, a cavalcioni delle sedie, saldamente legati con il petto alla spalliera, nessuno aveva mai partecipato a una esecuzione. Dopo che la destra del maggiore Furlotti si è alzata e abbassata nell’ordine di sparare, il dottor Renato Carretto, medico della prigione, va dall’uno all’altro dei morenti implorando che si metta fine al massacro.

 


 

Alle 11, durante la seduta del Consiglio dei Ministri ritardata di un’ora, Mussolini, aprendo la seduta annuncia che “giustizia è fatta”. In tutta la RSI vengono affissi dei manifesti per informare i cittadini della avvenuta fucilazione (vedi quello della Prefettura di Teramo).
La fucilazione entrerà anche nei canti dei militi della RSI: “Riposa in pace Ettore Muti – che ti abbiamo vendicato – abbiamo preso Ciano – e l’abbiamo fucilato” sono le parole di uno di questi.

Dall’Abbazia di Montecassino - La prima granata angloamericana colpisce il monastero distruggendo il chiostro della posta.

 


 


 



Un documento postale che sembra la dimostrazione pratica di come sostituire i valori con il volto del re sia per il 25 che per il 50 centesimi. Si tratta di una raccomandata espressa da Venezia a Genova rewgolarmente afrancata 3,00 (0.50 lettera + 1,25 di raccomandazione + 1,25 di espresso)

 

 

 

 

Anche la lettera inviata da Cremona a Zurigo presenta valori con l’effige reale. Censurata in partenza dalla Commissione Provinciale di Cremona con bollo e fascetta in chiaro, fu censurata anche dai tedeschi.


 

 


 Mercoledì 12 gennaio 1944

Ecco come viene commentata la condanna a morte dei membri del Gran Consiglio su LA NAZIONE di Firenze, LA STAMPA di Torino e IL MESSAGGERO di Roma:

 

 


 

Storia Postale del 12 gennaio




 

Cartolina ospedale raccomandata da Merano a Terento (BZ)

 

Edda Ciano apprende la notizia dell’uccisione del marito nel convento di Neggio, in Svizzera. Gliela comunica il console italiano di Lugano che si presenta al convento: “Contessa – le dice – devo informarla che suo marito è stato condannato e che l’esecuzione ha già avuto luogo “.

 

 

 


 

 

 

 Uno strano espresso timbrato 12 gennaio affrancato con il valore da 1,25 espresso sovrastampato che in realtà non poteva essere ancora in corso. Potrebbe trattarsi di data errata nel timbro. Purtroppo il timbro di arrivo a Milano, sul retro, è illeggibile. L’opinione di un perito che ha visionato il pezzo è che il francobollo espresso sia stato inserito successivamente e il bollo che lo oblitera sia falso. Seguito a non capire come i falsari inventino cose importanti e poi non cerchino di ricavarne un prezzo adeguato. Io, quel pezzo, lo pagai veramente poco almeno 20 anni orsono.
 



Giovedì 13 gennaio 1944

La Socializzazione delle Aziende - Su proposta di Mussolini il Consiglio dei Ministri approva una “premessa fondamentale per la creazione della nuova struttura dell’economia italiana”. In essa è detto che:

“Lo Stato, a norma della dichiarazione nona della Carta del lavoro e dei postulati programmatici del primo rapporto del Partito Fascista Repubblicano di Verona, assume la gestione diretta di aziende che controllino settori essenziali per l’indipendenza economica e politica del Paese, nonché di imprese fornitrici di materia prima o di energia e di altri servizi indispensabili al regolare svolgimento della vita economica del Paese. La gestione dell’azienda sia essa a capitale pubblico, sia a capitale privato, è socializzata; ad essa prende parte il lavoro. Le aziende a capitale pubblico sono amministrate da un consiglio di gestione eletto da tutti i lavoratori dell’azienda: operai, impiegati, tecnici. Questo consiglio di gestione decide su tutte le questioni inerenti lo svolgimento della produzione nel quadro del piano unitario nazionale, determinato dai competenti organi della RSI”.

Della X Flottiglia Mas - All’inizio del mese hanno cominciato a giungere sul tavolo di Mussolini rapporti confidenziali su Borghese: “Ha un numeroso ufficio informazioni ed anche un ufficio politico, che svolge attività non nota e che obbedisce esclusivamente ai suoi voleri”; “ha rifiutato di prendere ordini dal centro”; “il gruppo dei suoi ufficiali (il “partito delle medaglie d’oro”) tenderebbe ad assumere il supremo comando della Marina Repubblicana”; “molte unità della Decima sono già pronte per azioni non specificate”.

Ad aggravare la situazione si è giunti quando, sempre nei primi giorni del mese, si è presentato a La Spezia il capitano di vascello Nicola Bedeschi, inviato dal ministero per assumere la guida dei reparti della fanteria di marina. Gli uomini di Borghese non solo lo hanno rifiutato, ma lo hanno arrestato, assieme ad un altro ufficiale. Dopo un giudizio sommario li hanno condannati per “infedeltà politica” e li hanno trasferiti a Firenze, consegnandoli alla GNR come “badogliani”.
Borghese è stato sorpreso dalla notizia mentre si trovava in viaggio verso Belluno. Stava andando a conferire con il sottosegretario alla Marina Ferruccio Ferrini. Si è reso subito conto della gravità della cosa e si è preparato ad affrontarne le conseguenze.
Mussolini, reso furioso da un lungo rapporto telegrafico del prefetto di La Spezia, Franz Turchi, e dalle notizie ricevute da Ferrini (“Borghese ha fatto causa comune coi sediziosi”) convoca oggi a Gargnano il principe Borghese.
Appena entrato nella villa delle Orsoline, Borghese trova ad attenderlo gli uomini della GNR che, “sotto il personale controllo” di Ricci, lo arrestano e lo rinchiudono nel castello di Brescia.

 

Storia Postale del 13 gennaio

 

 

Su “Il Secolo - La Sera” di Milano compare il seguente articolo:

fino a tale data le innumerevoli lettere inviate dall’Italia verso quelle nazioni erano rimaste bloccate
 

 

 

 

Invece, come si può rilevare in questo piego comunale di un comune del bresciano, nel bollo del comune era stato asportato lo stemma e la R di Regie

 

 

 

Venerdì 14 gennaio 1944



Strascichi sulla vendetta del tradimento - Oggi, nel diario di Serafino Mazzolini (vedi foto) sottosegretario agli esteri della RSI, si possono leggere queste confidenze fattegli da Mussolini:
 

 


 

Una lettera non affrancata da Superga (TO) con timbro di riscossione in contanti Pagato 0,50. Il timbro ha tuttora la R di Regie Poste.


 


 

 

“Voi non sapete che durante l’esecuzione di Verona, dietro il nostro plotone di esecuzione ne era stato posto un altro germanico con le armi al piede e che dopo la scarica un ufficiale della SS si avvicinò al cadavere del conte Ciano per accertarne l’identità. Evidentemente temevano che durante il tragitto si fosse verificato uno scambio di persona. Ho consentito allo svolgimento del processo per una pura ragione di stato. I particolari che vi ho detto dimostrano come fossi nel giusto. La sorte di Ciano era già decisa dal momento in cui i germanici l’ebbero vivo nel loro paese. Lui stesso se ne rese conto e mi chiese d’essere giudicato ed eventualmente giustiziato in Italia. E quando in Italia vennero due agenti rimasero giorno e notte al fianco suo. Mi hanno detto che negli ultimi tempi non gli permettevano neppure di prendere aria o vedere sua moglie. Molti particolari li ho appresi dal direttore delle carceri di Verona che è venuto a vedermi ieri sera: un laureato, intelligente, umano e bravo. Quando gli ho fatto notare che tale procedura era contro i regolamenti egli mi ha detto che nelle carceri accanto al nostro ius viene applicato quello di fatto dai tedeschi”.

Della X Mas - La notizia dell’arresto del Borghese desta un’enorme impressione. A La Spezia i marò in tumulto minacciano di marciare su Brescia per liberare il loro comandante. La medaglia d’oro Enzo Grossi prende netta posizione in difesa del Borghese che ha con sé, nei suoi reparti, la medaglia d’oro Mario Arillo ed altri magnifici ufficiali, notissimi per le loro azioni di Alessandria e di Gibilterra.
 

 

Storia Postale del 14 gennaio

 

Piego comunale proveniente in prima spedizione dal Comune di Villafranca Padovana come manoscritti a tariffa ridotta il 13 ottobre 1943 rispedito e timbrato il 14 gennaio 1944 dal Comune di Rovigo come lettera a tariffa ridotta (riproduzione di sinistra).

 

 



 

 

 

 

 

Entrambe le spedizioni del piego mostrano il bollo ovale del comune con tanto di stemma sabaudo scritta integra REGIE POSTE.

 Sabato 15 gennaio 1944

Della X Mas - Dopo l’arresto del comandante Borghese, detenuto nel castello di Brescia, Mussolini, che questa volta sembra deciso a non incrinare ulteriormente il già malfermo prestigio del suo governo, ordina “una severissima inchiesta per stroncare in modo definitivo gli atteggiamenti costituzionalmente frondisti della Decima”.

Dall’abbazia di Montecassino - Granate sparate dall’artiglieria americana scoppiano per la seconda volta sul Monastero e danneggiano il grande affresco di Luca Giordano posto sul portale della basilica. Il monastero è ora isolato; gli unici abitanti sono l’abate e cinque monaci, un anzianissimo prete, un inserviente sordomuto e tre familiari di un contadino ammalato.



Storia Postale del 15 gennaio

Oggi (secondo altra documentazione il 18 gennaio) dovrebbe essere il giorno in cui appaiono agli sportelli della posta centrale di Verona i francobolli soprastampati GNR nella tipografia Chiamenti nella stessa Verona.
 






Lettera espressa da Venezia a Trento affrancata in emergenza con la presenza di un valore da 0,20 Marca da Bollo.

 

Domenica 16 gennaio 1944


L’Esercito Italiano del Nord - Mussolini scrive una lunga lettera a Graziani per annunciargli alcune novità formali riguardanti l’esercito e per fare il punto sulla situazione bellica. Le stellette che ornano i colletti dei militari saranno sostituite da piccoli gladi circondati da corone di alloro. Il classico saluto militare viene modificato nel saluto fascista.

Su Giovanni Gentile - Giovanni Gentile, presidente dell’Accademia d’Italia, dopo le polemiche di Farinacci attraverso le colonne del suo “Regime Fascista” al suo precedente articolo del 28 dicembre, ha ritenuto doveroso intervenire nuovamente sulle colonne del “Corriere della Sera” con una lettera inviata a Amicucci l’11 ma pubblicata oggi. Gentile nega di avere invocato “una pacificazione agnostica e negativa” e aggiunge: “Quello che io chiedo è che si evitino le lotte non necessarie, né utili, anzi certamente dannose, in cui certi elementi fascisti insistono troppo col solo effetto di smorzare e rallentare la fiducia del Paese nel partito. Perciò io credo opportuno un appello alla smobilitazione degli animi, alla concordia possibile, per carità di Patria, per la salvezza di tutti”.



Storia Postale del 16 gennaio

In RSI viene oggi diramata la Circolare Ministeriale che, in attuazione di quanto previsto dal Decreto Ministeriale del 20 dicembre 1943, dispone la sovrastampa dei valori recanti l’effigie del Re. In questa circolare non viene fatto alcun cenno alla sovrastampa dei valori con lo stemma sabaudo come i valori Lupa nei tagli da 0,05, 2,55, 3,70 e 5,00 oltre a tutti i segnatasse (anche se questi ultimi verranno poi sovrastampati a partire dal prossimo aprile). Non disponeva nemmeno la sovrastampa del 50,00 recante l’effigie del Re, sovrastampa che vedrà poi la luce a Firenze e a Verona.
 

 

 

Modulo per corrispondenza dei prigionieri di guerra in Germania scritta oggi 16 gennaio per Roma.

 

 

 

 

Lunedì 17 gennaio 1944

Dal Diario del Conte Serafino Mazzolini - “Altro lungo colloquio con il Duce. Il dramma che Mussolini vive è di quelli che la storia registrerà!”
 

Storia Postale del 17 gennaio

 

 

e una raccomandata da Muggia (TS) a Berlino affrancata 3,00 con l’uso del raro 2,55 imperiale.

 

 

 

Martedì 18 gennaio 1944






Roma - Al centro della foto Pizzirani, alla sua sinistra Bardi e Pollastrini che hanno fatto di Palazzo Braschi un centro di gozzoviglie e di tortura della loro “banda”.
 

 

 

 

 

Storia Postale del 18 gennaio

 

 

Due missive per la Germania; una cartolina postale 0.30 Vinceremo per Vienna, giustamente affrancata 0,50,
vistata dalla censura di Monaco (Ad)

 


 

 

 

 


 

Resistenza: azioni dei partigiani - Un Gruppo di Azione Partigiana (GAP) organizzato da Carla Capponi (nella foto) attenta alla vita di Pizzirani, Commissario della Federazione dell’Urbe, in Via Veneto mentre altri GAP romani attaccano il posto di guardia di Regina Coeli.

 

 

 

 

 


 

Lettera non affrancata e tassata in arrivo a Tribano (PD) 1,00 con due valori da 0,50 segnatasse.


 

Mercoledì 19 gennaio 1944

Il sorvegliato Mussolini - Una lettera del generale plenipotenziario della Wehrmacht, Rudolf Toussaint, precisa l'utilità della presenza del tenente colonnello Jandl a fianco di Mussolini, il quale in questo modo si sente costretto da un giogo. "La permanenza di un comando (Verbindungsstab) presso il Duce" afferma il generale "è ritenuta necessaria in quanto si richiede una continua sorveglianza della situazione, e una sorveglianza da un alto livello, mentre si riorganizza la situazione militare italiana e il suo inserimento nel cuore dell'amministrazione italiana. Solo la nostra diretta informazione al Duce e la partecipazione diretta a ciò che giornalmente avviene presso di lui possono offrire una garanzia per un orientamento rapido ed elastico del Comando Supremo della Wehrmacht e, alla fine, per la sicurezza della stessa Wehrmacht in Italia".

La Banda Caruso - Pietro Caruso, da soli quindici giorni questore di Verona, viene nominato personalmente da Mussolini, questore di Roma. Durante la breve permanenza a Verona, il Caruso, ha diretto il servizio d’ordine al Castello in occasione del Congresso del nuovo partito fascista repubblicano e ha presenziato alla fucilazione di Ciano, De Bono e compagni. Tali benemerenze e l’intercessione del ministro dell’Interno, Buffarini Guidi, gli hanno fruttato la prestigiosa nomina.


Storia Postale del 19 gennaio
 

 

 

Lettera raccomandata da Monzuno al Console Generale della Croce Rossa Internazionale a Ginevra. Regolarmente affrancata 1,25 lettera per estero + 1,50 di raccomandazione estero. Vistata dalla censura tedesca di Monaco Ad.

 

 

 

 

Giovedì 20 gennaio 1944

 


Storia Postale del 20 gennaio
 

 

 


Lettera raccomandata espressa fuori distretto regolarmente affrancata 3,00 (0,50 lettera + 1,25 di espresso + 1,25 di raccomandazione) con valori della Propaganda di Guerra sovrastampata GNR di Brescia, 1,25 espresso GNR Brescia e 0,75 Miti. Da Sirmione (BS) il 19 gennaio a Rovereto (TN) il 21 gennaio.

 

 


 

 

 

 

 

 

 

Lettera semplice per la Germania affrancata regolarmente 1,00 con la lira Miti e Simboli.
Infrequente bollo meccanico di visto censura di Monaco Ad.
 


Venerdì 21 gennaio 1944


Della X Flottiglia Mas - Continua la detenzione del comandante Borghese nel castello di Brescia. Mussolini che aveva ordinata una severissima inchiesta, ha finito per dimostrare la solita passività.



Storia Postale del 21 gennaio
 

 

 

Lettera raccomandata per la Germania da Omegna (NO) il 21 gennaio a Berlino il 28. Passata dalla censura di Monaco Ad.

 

 

 

 

Sabato 22 gennaio 1944


A proposito dei giustiziati di Verona - Salò - Giunge a Villa delle Orsoline, su richiesta di Mussolini, il cappellano Giuseppe Chiot (nella foto con i condannati mentre si stanno avviando alla fucilazione) che ha assistito i condannati di Verona trascorrendo con loro la loro ultima notte terrena. Da lui Mussolini vuole farsi raccontare le ultime ore di Ciano, De Bono, Gottardi, Pareschi e Marinelli.
 

“Ditemi, come è andata questa tragedia di Castelvecchio?”, gli domanda a bruciapelo. “Come l’avete voluta voi!” gli risponde il sacerdote di rimando. Mussolini alza gli occhi a guardarlo: “Cosa dite? Io?”. Don Chiot risponde impassibile: “Quelli che voi avete chiamato nel Gran Consiglio avevano osato darvelo, un consiglio, e voi li avete fatti condannare a morte”. Mussolini, balzato in piedi in un impulso di difesa, fissandolo gli dice: “Voi ignorate che c’erano dei giudici in questo processo. Essi, li hanno condannati”. “Nessuno avrebbe osato condannarli senza il vostro permesso”, ribatte il sacerdote demolendo l’obiezione.

Calmo, senza timore, don Chiot ha richiamato alle sue responsabilità il dittatore: per lui ha confuso il tradimento al

fascismo con il tradimento all’Italia. “Il popolo italiano ha da lungo tempo scisso le due cose – lo avverte. – Posso dirvi che questo è il pensiero di tutti”.

Mussolini si stringe la testa fra le mani; in questo momento non è più il Duce. “Come hanno passato la notte, sì, voglio dire l’ultima notte?…”, domanda, inumidendosi le labbra. Tutti, ricorda il sacerdote, sono stati vicini a Dio. Le porte delle celle erano state aperte, tutti si erano riuniti in quella di De Bono, l’unica ben riscaldata, a trascorrere la notte.

“Dovete sapere tutto – insiste don Chiot. – Ho udito vostro genero imprecare…Si, imprecava contro di voi perché non avevate concesso la grazia…”. Da quell’atteggiamento di rivolta lo aveva distolto De Bono: posandogli affettuosamente le mani sulle spalle, gli aveva ricordato che stavano per comparire dinanzi al tribunale di Dio, lo aveva incitato a non imprecare. Ciano si era placato. “Si, abbiamo sbagliato tutti, siamo travolti tutti dalla stessa bufera.” E volgendosi a don Chiot, aveva aggiunto: “dica ai miei che muoio senza rancore verso nessuno”.

Con voce tremante, Mussolini interrompe il sacerdote: “Ha detto così? Ha detto dica ai miei?” “Si – lo assicura don Chiot – ha detto “dica ai miei”. Dunque anche a voi”.
Per un lungo momento, il Duce fissa il prete. Poi il dolore trabocca in lui. Si abbatte sullo scrittoio, celando il volto fra le mani, scosso da un pianto convulso.
In quel momento nella mente di don Chiot passa come un lampo il sospetto: le domande di grazia non gli erano state inoltrate; egli non le aveva neppure viste, ma non voleva ammetterlo. Aveva paura si sapesse che uomini come Cosmin lo avevano in loro potere. Clara Petacci sa che Mussolini aveva atteso per tutta la notte le domande di grazia; le aveva telefonato quasi ogni ora, dicendosi convinto che sarebbero giunte da un momento all’altro, ma era troppo roso dal suo orgoglio per chiederne notizia.

“Offrite a Dio le vostre sofferenze – lo invita don Chiot - …dovrete bere fino in fondo il calice amaro”. Mussolini, con gli occhi arrossati, afferra la mano del sacerdote, cercando di sorridergli e gli domanda con voce implorante: “Mi hanno perdonato, non è vero?”. Ma, dopo un momento, l’antico morboso senso di inferiorità riprende il sopravvento anche sulla pena profonda: “Non dite agli altri quello che avete visto qui”, lo prega. Ha anche un nuovo sfogo contro i tedeschi: “Sono stati brutali e stupidi fino alla fine!”

Della X Mas - Si conclude la detenzione del comandante Junio Valerio Borghese nel castello di Brescia. Viene ricevuto da Mussolini. Lo ha convocato per contestargli l’insubordinazione nei confronti del sottosegretario della Marina: aveva fatto rinchiudere in carcere due ufficiali inviati in ispezione, poi, forse anche nel timore delle reazioni dei “marò” lo perdona. Il principe viene liberato e reintegrato nel comando della sua unità.
Valerio Borghese racconterà poi, di questo colloquio: ”Come in molte occasioni, il duce era incline ad ascoltare le ragioni e le opinioni dell’ultima persona che gli aveva parlato e, in quell’episodio, l’ultimo non ero stato io. Gli feci presente, però, le attenuanti che avevano gli uomini della Decima Mas, lo spirito che li animava, la loro orgogliosa difesa della propria autonomia. Capì. Mi fece un rimprovero assai blando, mi esortò alla disciplina. I nostri rapporti non subirono incrinature.

 

Storia Postale del 22 gennaio

Una cartolina postale 0,15 Vinceremo usata come avviso di ricevimento per Todi (PG) passata dalla Commissione Provinciale di Censura 36R di Perugia


 

 

 

 

 

Una lettera espressa da Rovigo a Ferrara con un valore 0,50 pacchi usato in affrancatura d’emergenza.

   
   
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