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  La censura carceraria ad Arezzo
di Roberto Monticini

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Cenni storico-postali
I detenuti nelle carceri italiane non potevano spedire e ricevere missive senza che prima fossero state lette e vistate dall’autorità preposta, il direttore o un suo delegato, che aveva un autonomo potere di sequestro e censura. La disciplina della corrispondenza regolamentava anche la frequenza con cui la posta era ammessa e sanzionava perfino il tentativo di abusi nella corrispondenza. Con la riforma penitenziaria del 1975 venne abolita la censura preventiva generalizzata sulla corrispondenza.
La corrispondenza da e per i luoghi di detenzione non godeva di alcun tipo di agevolazione tariffaria e veniva sottoposta a controlli sia in entrata che in uscita.
La corrispondenza rappresentava il principale mezzo di comunicazione, se non l’unico, con il mondo esterno e gli interi postali erano l’oggetto di più economico utilizzo.
Molti e diversi erano i timbri e i “segni” che indicavano l’avvenuto controllo che, nella maggior parte dei casi, sia pur non facendo specifico richiamo alla censura, ne attestavano comunque il passaggio attraverso un “sistema” di verifica e controllo. (da Segni e timbri della censura carceraria sugli interi postali di Flavio Pini)

11-06-1943 - Detenuto nel carcere giudiziario di Arezzo a Berane (Montenegro)
Censure in colore verde: Direzione Carceri Giudiziarie Arezzo e Il Procuratore del Re Imperatore Direttore del Carcere - in nero: Ufficio Censura Posta Estera II - in viola: Il Controllore - 14/II - Fascetta Verificato per Censura.

14-07-1943 - Detenuto nel carcere giudiziario di Arezzo a Berane (Montenegro)
Censura interna del carcere, come la precedente lettera: il timbro lineare e tondo ripetuti sui fogli interni

13.2.1946 - dal Carcere Giudiziario di Arezzo per città
Timbro di censura: “Direzione Carceri Giudiziarie - Arezzo”, rotondo violetto.
(Collezione Flavio Pini)

21.1.1947 - da Carceri Giudiziarie di Arezzo a Ravenna
Timbro di censura: “Direzione Carceri Giudiziarie - Arezzo”, rotondo violetto.
(Collezione Flavio Pini)