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  Le collezioni chirurgiche del Prof. Ferdinando Zannetti
di Ernesto Ferrini

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Ferdinando Zannetti nasce a Monte S. Savino in Provincia di Arezzo il 31 marzo 1801, come sta scritto nel certificato di battesimo del 19 aprile 1801, alle ore 3 e tre quarti del pomeriggio, da Francesco Maria di Galeata e Anna Cerboni di Monte S. Savino. Il certificato redatto dal parroco D. Raffaello Ciaperoni, si trova nell’ archivio parrocchiale di Monte S. Savino.

Nel 1826 si laurea in Chirurgia presso la Scuola di Firenze e nel 1828 si laurea a Pisa in Medicina. Diventerà in seguito Professore di anatomia pittorica, corografica, patologica e sublime presso l’ Arcispedale di Santa Maria Nuova a Firenze. Fu un garibaldino e Senatore del Regno.

Nel Marzo del 1848 allo scoppio della prima guerra di indipendenza, si arruola volontario contro l’Austria ed è a capo dell’ organizzazione sanitaria che ha come scopo la cura delle ferite e non le amputazioni come nelle guerre napoleoniche (a questo proposito non si può dimenticare un altro chirurgo aretino: Antonio Viti, n. ad Arezzo nel 1788, m. a Montevarchi nel 1865, ufficiale medico al seguito di Napoleone Bonaparte nella campagna di Russia dove ebbe modo di conoscere il sistema Triage introdotto da Dominique Larrey (1766-1846), padre della medicina d’urgenza). Quindi la mentalità medica di Zannetti era già orientata in senso terapeutico, non soltanto a salvare la vita del ferito ma anche a conservare il più possibile l’ integrità fisica, nonostante che ancora non esistesse l'antisepsi che verrà applicata dal 1865 con l’ acido fenico di Lister e dopo le vicende drammatiche del Dr. Semmelweis austro-ungarico di origine ebraica. Senza contare che i microrganismi e i batteri erano sconosciuti. La microbiologia e la batteriologia divennero scienze mediche intorno al 1870 con le scoperte di Louis Pasteur (1822-1895). Da aggiugere anche che la prima radiografia è del 1895.

Zannetti interveniva direttamente con strumentario che non prevedeva in prima istanza amputazioni, inoltre aveva predisposto la possibilità di trasferimento, tramite ambulanza e barellieri, in accampamento nelle retrovie dove aveva organizzato delle infermerie, tipo ospedale militare dove il ferito poteva essere curato e tenuto in convalescenza, concetti che verranno sviluppati dalla contessa Belgioioso, prima creatrice dell’ assistenza infermieristica durante la Repubblica Romana dell’ anno seguente, 1849, anticipatrice della Nightingale.

Occorre notare anche che la chirurgia di guerra, specialmente ai tempi del Prof. Zannetti, non è da considerarsi una derivazione della chirurgia cosiddetta di pace, in quanto normalmente non ha appigli a precedenti cognizioni o esperienze preesistenti, inoltre le valutazioni indottrinate nei corsi di insegnamento e i richiami a Testi e Trattati sono di scarso aiuto.
D’ altra parte il ferito di guerra è quasi sempre un malato grave o gravissimo e si affida totalmente alle decisioni del chirurgo.

(NdR. La figura del Prof. Zannetti è stata anche trattata in "Il servizio sanitario delle truppe toscane nel 1848" di Sergio Leali.)

Il Prof. Zannetti a Curtatone e Montanara, cura un ferito mentre un aiutante gli passa gli strumenti


LA FERITA DI GARIBALDI IN ASPROMONTE

Il 29 agosto 1862 il Gen. Garibaldi con circa 2.000 volontari al grido di ROMA O MORTE!, partito dalla Sicilia si trova in Aspromonte nel tentativo di giungere a Roma con l’intento di sottrarla al potere temporale del Papa. Ma il governo Rattazzi, succeduto a marzo al Governo Ricasoli non vuole avere problemi con la Francia di Napoleone III, protettore del Papa Pio IX; perciò invia il Gen. Emilio Pallavicini che al comando di 3.000 bersaglieri circa ha l’ ordine di fermare “manu militari” Garibaldi.

Alle ore 15,30 di quel giorno di agosto i due eserciti si fronteggiano e si affrontano nel territorio di Sant’Eufemia di Aspromonte: italiani contro Italiani! Garibaldi non vuole una guerra fratricida, già c’erano dei morti: 7 nelle file garibaldine, 5 tra l’ esercito regio, con circa 20 feriti da ambo le parti. Garibaldi si frappone in mezzo dando ordine di non sparare sia da una parte che dall’ altra, ed è proprio in quel momento che viene colpito da due palle sparate da un bersagliere (si saprà che fu il tenente Luigi Ferrari).

Una colpì di striscio il Generale alla coscia destra e l’altra entrò precisamente al davanti e al di sopra del malleolo interno della caviglia destra. Il primo medico che lo soccorse fu il garibaldino Dott. Enrico Albanese (Palermo 1834 - Napoli 1889), chirurgo, allievo di Zannetti e uno dei primi a credere ed applicare l’antisepsi in chirurgia. Gli tolse lo stivale e girò il piede facendogli fare tutti i movimenti senza che Garibaldi avvertisse il minimo disturbo. (Per inciso curerà anche la ferita di Garibaldi nel Monte Suello del 1866, durante la terza guerra di Indipendenza).

Albanese chiese al Dott. Pietro Ripari, capo dell’ambulanza dei garibaldini, il permesso di incidere la ferita. Operò con un bisturi un taglio sulla cute per la lunghezza di circa un pollice, circa 2,5 cm, ma purtroppo la palla, che lui ebbe la sensazione di aver toccato, scivolò all’ indietro e la resistenza venne a mancare. Albanese avrebbe voluto procedere, ma Ripari, il comandante, ordinò di fermarsi. Fu deciso quindi di trasportare il ferito con una barella di fortuna, perché i regi avevano requisito anche l’attrezzatura sanitaria, al porto di Scilla per imbarcarlo sulla Fregata Duca di Genova in Direzione La Spezia. Nel tragitto la ferita fu trattata con ghiaccio. All’ arrivo a La Spezia il Presidente del Consiglio Rattazzi ordinò l’ arresto di Garibaldi. Così scrive Ripari nel suo Diario: “Il Governo che si diceva italiano, fatto briaco di gioia da sentire ferito e prigione l’uomo, che nella sua prostituzione alla Francia aveva ordinato fosse morto; dimentico o non curante delle universali leggi di guerra, per le quali i feriti gravi vengono depositati o alle ambulanze o nel più vicino spedale.

Garibaldi stesso nelle sue Memorie così annota: “Si usarono proprio quei metodi volgari che solitamente si usano nei confronti dei peggiori delinquenti portandoli al patibolo”. Rattazzi proprio per i fatti di Aspromonte dovrà rassegnare le sue dimissioni il 1° dicembre 1862. Purtroppo di queste tristi pagine ce ne sono nella storia del nostro Risorgimento Nazionale!

Il 3 settembre la ferita manifesta segni di infezione con suppurazione oltre ai segni classici: dolor, calor, rubor, tumor, lesio funtionalis. Per cui furono applicate subito le mignatte e impiastri di lino. Comunque da questo momento furono molti i medici e chirurghi che visitarono l’illustre paziente. In tutto una ventina, sia italiani che esteri. Alcuni chiamati a consulto da colleghi altri inviati dal governo, come il dott. Porta inviato dal Rattazzi, altri ancora da italiani all’estero come il Dott. Partridge da Londra, dove Garibaldi era molto conosciuto, il dott. Prandina da Chiavari fu chiamato dal figlio Menotti. Napoleone III inviò il suo chirurgo personale, il dott. Auguste Nélaton (1807-1873) che visitò Garibaldi il 28 ottobre e diagnosticò la presenza del proiettile nella gamba. Il Dott. Nélaton fu fondamentale con i suoi consigli alla soluzione del caso. Il 30 ottobre giunse anche il chirurgo russo Pirogoff.

Il dr. Albanese assiste Giuseppe Garibaldi

Il prof. Ferdinando Zannetti invece fu chiamato, da Firenze dove abitava, dai familiari, ma soprattutto dai garibaldini che avevano condiviso con lui la stessa fede e le stesse battaglie patriottiche. Era molto stimato nell’ambiente medico. Egli giunse da Garibaldi nella serata dell’ 8 ottobre. Il 19 ottobre, giorno del suo compleanno, arrivò anche Agostino Bertani (Milano 1812 - Roma 1886), il quale affermò la presenza di corpi estranei nello spessore delle ossa, cioè il proiettile. Intanto il 5 ottobre il re Vittorio Emanuele II concesse l’amnistia al Generale in occasione del matrimonio della principessa Maria Pia con il Re del Portogallo.

L’8 novembre Garibaldi fu portato a Pisa per essere più vicino a Zannetti che ormai dirigeva l’equipe formata soprattutto da Albanese, Basile, Ripari, a cui si aggiunsero Cipriani e Ferdinando Palasciano (1815 - 1891) precursore della convenzione di Ginevra del 1864 con la quale nasce ufficialmente la Croce Rossa.

Dal giorno 16 novembre furono utilizzati gli specilli fatti costruire da Nélaton apposta per questo caso: uno a punta piatta e l’altro con in cima la porcellana rugosa che a contatto con il piombo si anneriva. Prima però bisognava allargare il foro della ferita con torunde, cioè tamponi gradatamente ingrossati dal dott. Basile, che non lasciò mai Garibaldi come del resto Albanese.

Il giorno 20 novembre, fu introdotto nella ferita lo specillo di porcellana rugosa di Nélaton, prima dal Prof. Zannetti, poi dal dott. Giuseppe Basile (1830 - 1867), che incoraggiato dal suo capo ambulanza dott. Ripari, spinse con più forza rispetto al prof. Zannetti e sentì un piccolo suono metallico nel contatto con un corpo estraneo. Era sicuramente il proiettile! Basile girò più volte lo specillo nel contatto con il corpo estraneo e quando lo ritirò la porcellana era annerita per circa due terzi della circonferenza. Portò lo specillo nel suo laboratorio e confermò la presenza di piombo! Il proiettile che Albanese aveva sempre sospettato era stato trovato a poco più di 4 cm di profondità, appoggiato sulla tibia, in linea retta con l’articolazione del piede.

La sera del 22 novembre Basile introdusse la spugna con il filo per ritrarla e la radice di genziana per 4 cm. Serviva per allargare ulteriormente il foro. La mattina seguente tolse la spugna che presentava adesa una grossa scheggia ossea di 1 cm per 2, reintrodusse lo specillo di Nélaton che si fermò a 4 cm contro la palla. A questo punto interviene Zannetti, indubbiamente il più carismatico, che con una pinzetta dentata ad anelli penetra nel tragitto, afferra la palla e la estrae alla presenza del figlio Menotti e di altri colleghi. La palla era una palla Peters a ogiva, deformata o dal contatto con l’osso o anche da un rimbalzo dopo aver colpito qualche ostacolo prima di entrare nella caviglia di Garibaldi. Fatto sta che ancora pesava 22,5 gr.

Palla ad ogiva simile a quella che ferì Garibaldi, custodita a Roma, al Museo dei Risorgimento.

Nel 1948 presso l’ Ospedale S. Giovanni di Dio il Primario Prof. Giovanni Cavina trova un astuccio di cuoio con su scritto: “Strumenti del Senatore Ferdinando Zannetti, serviti per estrarre la palla al Generale Garibaldi”.

I due specilli arrugginiti, ma non la palla, si trovano oggi presso il museo del Risorgimento di Torino. La collezione invece dei ferri chirurgici che Zannetti portava con sé nelle campagne militari si trova oggi a Firenze presso la Fondazione Spadolini, che ringrazio nella persona del suo Presidente Prof. Cosimo Ceccuti per la collaborazione, così pure come gli amici “garibaldini” Bruno Milaneschi e Leone Cungi di Monte S. Savino per le ricerche dell’atto di nascita del prof. Ferdinando Zannetti.

CONCLUSIONI

La ferita di Aspromonte di Garibaldi fece maturare dei concetti nuovi in medicina, in un’epoca in cui praticamente non esisteva niente e le conoscenze scientifiche erano ancora ai primordi produsse un grande senso di responsabilità del medico nei confronti del paziente. Portò alla luce l’importanza della diagnosi certa come momento fondamentale della cura medica; l’importanza della consultazione, e il lavoro d’equipe. Infine l’allargamento dei confini: cioè la collaborazione a livello europeo. In ultimo, ma non per importanza, il ricorso alla tecnologia nascente con Nélaton e Zannetti (vedi “la trapanazione del cranio”) e prima ancora con Giovanni Alessandro Brambilla (1728-1800), medico dell’imperatore Giuseppe II, (protettore di Mozart) la cui collezione chirurgica si trova presso il museo fiorentino Galileo Galilei.

In sostanza, ci vollero tre mesi per risolvere la ferita di Aspromonte di Garibaldi: però la prudenza con cui operarono i medici diretti da Zannetti, ma con il contributo di altri luminari come per es. Francesco Rizzoli (1809-1880) e Nélaton fece sì che si evitasse l’ amputazione della gamba.

Ernesto Ferrini
07-02-2021