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  Edoardo Carifi, un giovane volontario in Africa Settentrionale
Enrico Bettazzi

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Immagine tratta dal libro di Mugnone, pag. 313.


Quasi cento anni fa nasceva a Visciano, in provincia di Napoli, Edoardo Carifi.
Abitava a Pistoia, nel Rione di Porta San Marco, coetaneo ed amico di mio padre Giorgio, con cui aveva condiviso le scuole e i giochi di bambini nello stesso rione popolare.
Il padre di Edoardo era sarto e pur lavorando molto nel confezionare uniformi alle gerarchie locali del P.N.F., da buon credente, aveva inserito il figlio nella organizzazione di Azione Cattolica, all’epoca unica oasi di pensiero alternativo a quello del regime fascista.

Come tutti i ragazzi del ‘22 non aveva conosciuto altra cultura se non quella fascista; quella generazione cresciuta nel mito della vittoria della Grande Guerra perpetuata dalle fortune imperiali successive, nel credo del “libro e moschetto”, non attendeva altro che affrontare a sua volta la prova bellica per dimostrare di essere degna di tanta patria.
Così prima della entrata in guerra nel secondo conflitto mondiale questi ragazzi parteciparono con entusiasmo alla cosiddetta “marcia della gioventù” (vedasi il mio precedente intervento in queste pagine sui battaglioni GIL). Sfumata con quella occasione la possibilità di partire subito per il fronte, il plotone di ragazzi pistoiesi che vi aveva partecipato all’interno del Battaglione Livorno (composto da Pistoiesi, Livornesi, Senesi e Grossetani) tornò a casa in attesa di essere richiamato alle armi.

Quando scoccò l’ora della chiamata alla leva furono tutti convocati in Federazione provinciale e, presa la parola, il Federale invitò sul palco coloro che volevano riarruolarsi; era il 1941, le cose già non andavano un granché su tutti i fronti tenuti dagli Italiani, molta della volontà di guerra di questi ragazzi era passata... si presentò sul palco un solo volontario; il federale li riconvocò per il giorno dopo accompagnati dai genitori.

Racconta mio padre nelle sue memorie: “Restai invece molto dispiaciuto per Edoardo Carifi col quale sia durante le scuole medie che alla Marcia della Giovinezza sotto la mia stessa tenda, avevo stretto una sincera affettuosa amicizia e come suol dirsi due anime in un nocciolo. Ridevamo insieme per le stesse cose e ci confessavamo anche giudizi politici, allora anche pericolosi. Suo padre sarto dei gerarchi, non seppe o non volle far dire di no a Edoardo che partì insieme a pochi altri…”.

Ritratto fotografico del volontario Edoardo Carifi col casco coloniale (Mugnone pag. 312)


Assieme ad Edoardo Carifi partirono volontari anche i pistoiesi Bovani, Ghelli e Mochi.

 

Foto dei volontari pistoiesi Carifi, Bovani e Ghelli, a Misurata nel 1941 (Mugnone pag. 312).


I giovani volontari andarono a formare il Reggimento Giovani Fascisti, formato da due battaglioni a cui si sommò poi un terzo di rincalzo col progredire della campagna di guerra; il loro teatro operativo fu l’Africa Settentrionale fino alla resa finale in Tunisia. Fecero a tempo a partecipare alla battaglia di El Alamein, si coprirono di gloria nello scontro di Bir el Gobi, occuparono le oasi interne del deserto libico fino a Siwa in Egitto. L’epopea di questo reparto di ventenni fu immortalata da copertine della Domenica del Corriere, Beltrame e Boccasile dedicarono illustrazioni propagandistiche.

Le privazioni, le sofferenze, le gesta di questi ragazzi, denominati gli “eroi di Bir El Gobi” e dagli Inglesi i “Mussolini’s Boys”, sono state raccontate da loro commilitoni in libri qui riportati in bibliografia.

E’ proprio il commilitone Mugnone che racconta la vicenda di Edoardo:
Figlio di artigiani, era un ragazzo di poche parole, profondamente cattolico. Quando scoppiò la guerra disse a suo padre che si sentiva chiamato da un dovere più grande di quello dello studio. Lasciò i libri e le modeste comodità della casa e corse ad imbracciare il fucile. Poi inquadrato nei Battaglioni, scrisse: Ho giurato con le parole, ma sono pronto a dare la prova anche col mio sangue.
Il 27 novembre (1942) tre mesi prima, Edoardo aveva scritto al suo insegnante di religione, Don Lelli: Più buio si fa e più luce è nella mia anima. Questa luce è la luce divina. Siate coi miei cari, portate loro il mio pensiero e dite che lotteremo fino alla fine. Padre, a noi tutti, pace, benessere e gioia.

Don Lelli, rigido professore delle locali scuole superiori pistoiesi ed allora anche assistente di Azione Cattolica, assieme ad altri sacerdoti pistoiesi fu un sincero antifascista, partecipando al CLN cittadino e crescendo nell’animo dei ragazzi intorno a lui vivi sentimenti democratici. Ed è ad un altro di questi sacerdoti, Padre Francesco Banci, che Edoardo scrive, sempre animato di sentimenti patriottici assommati ad una profonda Fede: una cartolina in franchigia scritta dopo la grande ritirata interna nel deserto libico, durante la provvisoria stabilizzazione del fronte a Buerat :

Dal Fronte – 27-11-42- XXI-

Padre
i giorni duri sono passati, mi rivolgo a voi per ringraziare ancora una volta il Signore della sua Divina protezione. Anno come oggi ò sofferto pericoli e disagi Dio mi ha protetto. Sono qua.
Di fronte a me v’è il nemico, prego Dio ancora che sii con me, con noi con tutti.
Come sempre alta è la fede: ricacceremo il nemico aldilà dei confini della Patria, la meta è una certa e inconfondibile.
Noi Vinceremo, siatene certi.
Sinceri saluti.
Edoardo Carifi


Cartolina in franchigia postalizzata il 30/11/42 tramite PM136, assegnata alla Div. GG.FF., XIII Concentramento Postale, Nucleo X. Carifi era nel 2° Battaglione, 4ª Compagnia.


Le tribolazioni per il reparto non erano naturalmente finite: le speranze di ricacciare indietro i Britannici finirono presto ed alle truppe dell’Asse, assediate anche ad ovest dagli Statunitensi sbarcati nell’africa francese, non restò che barricarsi nell’ultimo ridotto tunisino in attesa della fine, che avverrà con la resa italiana il 13 maggio 1943.

Edoardo non vivrà quella amara pagina; il destino aveva deciso diversamente e per il giovane volontario pistoiese l’avventura africana finì su di una mina il 23 febbraio 1943, in uno dei tanti giri di pattuglia, sulla linea di difesa del Mareth. A maggio, per i suoi commilitoni pistoiesi si aprirono invece le porte della prigionia.

La famiglia riuscì alfine a riavere la salma del giovane soldato nel 1964 e fu traslata nel piccolo cimitero di Posola, minuscola frazione del Comune di Sambuca pistoiese; qui un busto marmoreo, immortalato anche in una cartolina degli anni sessanta, rende memoria alla ormai dimenticata epopea del nostro giovane volontario.

Enrico Bettazzi
15/11/2021

Cartolina paesaggistica Posola Sambuca pistoiese e Molino del Pallone (BO). (collez. Ciullini)


BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

A. CIOCI, Il reggimento “Giovani Fascisti” nella campagna dell’Africa Settentrionale 1941-1943, Bologna, 1980

G. MUGNONE, I ragazzi di Bir el Gobi, Padova, 1973

G. BETTAZZI, Memorie, manoscritto inedito.

E. BETTAZZI, I battaglioni volontari della G.I.L., in https://www.ilpostalista.it/pm_file/pm_168.htm

E. BETTAZZI, I ragazzi di Bir el Gobi. Il reggimento Giovani Fascisti nella campagna dell’Africa Settentrionale 1941-1943, in https://www.ilpostalista.it/pm_file/pm_171.htm