LA POSTA DEI PRIGIONIERI DI GUERRA
Storie italiane: prigioniero nel Nyasaland
(prima parte)
di Maria MARCHETTI

 

Il Paese e gli italiani

Il Nyasaland, all'epoca di questa storia, era un piccolo protettorato britannico, disteso sul fianco occidentale del lago Nyassa e incuneato per una buona metà nel territorio del Mozambico, verde di piantagioni di thé, di tabacco, di caffé e, allora come ai giorni nostri, abbastanza ai margini della Storia. La metà meridionale del Paese era servita da una linea ferroviaria che la collegava al porto di Beira, lo sbocco al mare più vicino, nella colonia portoghese del Monzambico. Ora è uno stato indipendente, il Malawi ed anche il lago è stato ribattezzato con lo stesso nome (figg. 1, 2, 3, 4).

Fig. 1 – Carta geografica del Nyasaland del 1908. In questa carta geografica il Nyasaland appare ancora unito alla Rodesia nel British Central Africa protectorate e il Tanganica è ancora colonia tedesca, che la Germania perderà con la sconfitta nella I guerra mondiale Fig. 2 – carta geografica con i collegamenti ferroviari del Nyasaland

Fig. 3 – Cartolina raffigurante una piantagione di caffè
Fig. 4 – cartolina raffigurante il ponte ferroviario sul fiume Shire, emissario del lago Nyassa e affluente dello Zambesi

 

Era un protettorato perché la Gran Bretagna non aveva ritenuto opportuno che diventasse un'entità statale indipendente, a pari della Rodesia del Sud, ma manteneva il controllo sulla politica estera e militare, lasciando ampia autonomia nella gestione degli affari interni.

Gli europei residenti nei vari distretti in cui era diviso il Paese erano circa 2.000 e in alcuni distretti erano nell'ordine delle decine, compresi i missionari. A Blantyre, la città più importante, all'ultimo censimento erano 300. (Fig. 5) Tra questi europei vi era una piccola comunità italiana, frutto di stanziamenti iniziati alla fine dell'800 e che negli anni '30 aveva raggiunto la settantina di unità. La comunità italiana era piccola numericamente ma la sua importanza economica era assai maggiore poiché aveva nelle sue mani 30 piantagioni nelle province del centro e del sud del paese. Era uno dei tanti esempi della vocazione cosmopolita del lavoro italiano.

Fig. 5 – cartolina rappresentante un gruppo di cristiani di una missione cattolica negli anni '30

In questa comunità gli anni trascorsero operosi, e forse anche monotoni, fino ai primi rumori di guerra, quando qualche inquietudine certamente cominciò a manifestarsi e qualche rimpatrio ne fu la conseguenza. La situazione precipitò nel giugno del 1940, quando, con la dichiarazione di guerra dell'Italia alla Gran Bretagna, gli italiani divennero “enemy aliens” e furono internati nei campi di prigionia e loro proprietà furono requisite da un Ufficio appositamente creato, il “Custodian of Enemy Property” e subaffittate agli inglesi.


La storia

Il rinvenimento di una serie di documenti, quasi tutti postali, permette di raccontare una storia che si sviluppò in questo contesto e che è emblematica dei drammi vissuti dagli italiani sparsi per il mondo in seguito alla dichiarazione di guerra del 10 giugno 1940.

La storia comincia con un atto amministrativo che registra la nascita di una bambina il 21 dicembre 1938 a Lilongwe, figlia di una coppia di italiani, Attilio e Angela (Fig. 6).

Fig. 6 - certificato di nascita della prima figlia, rilasciato dall'ufficiale d'anagrafe di Blantyre, che ha provveduto a registrare la nascita di Iside Annalisa Jolanda avvenuta il 21 dicembre 1938 nella piantagione di Ncheza a Lilongwe. Dal certificato risulta anche che il padre è un “italian planter”.

Il secondo documento è un telegramma del 20 aprile del 1940 che il marito inviò da Blantyre alla moglie presso la piantagione di Ncheza a Lilongwe. E' assai probabile che la moglie fosse andata in visita la sua famiglia di origine, poiché anche la nascita della figlia risulta essere avvenuta nella stessa località (Fig. 7).

Fig. 7 – telegramma inviato da Blantyre alla piantagione di Ncheza, con il timbro dell'ufficio postale di Lilongwe in data 20 aprile 1940.

 

Certamente la famiglia della donna, forse d'intesa con il marito, forse no, prese in esame la possibilità che la donna e la sua bambina dovessero lasciare il Nyasaland, considerato che i venti di guerra soffiavano ormai molto forti e non c'era più tempo da perdere.

Con il terzo documento disponibile lo scenario è completamente cambiato: una comunicazione della Delegazione Apostolica del Congo Belga in data 14 gennaio 1941 informa il marito della nascita di una seconda bambina. Mittente la moglie dall'Italia, destinatario Attilio, prigioniero nel Mapanga internment camp a Limbe, poco a sud di Blantyre. Evidentemente, appena prima che il vento diventasse un uragano e scatenasse tutta la sua forza, la moglie e la bambina riuscirono a lasciare il Nyasaland (Fig. 8).

Fig. 8– Messaggio della Delegazione Apostolica della Santa Sede di Leopoldville nel Congo Belga, con il quale si invia al protagonista della nostra storia la trascrizione di un messaggio radiofonico della famiglia da Roma, trasmesso dalla radio Vaticana il 14 gennaio 1941.

 

Da questo momento in poi, la storia prosegue con comunicazioni tra il Nyasaland e l'Italia o viceversa, che si avvalgono di tutti i mezzi garantiti dalla Convenzione di Ginevra, fino al 1945, quando riprendono con la posta civile.

Vale la pena di esaminare i diversi tipi di documenti postali, sia per seguire la storia della coppia, sia per avere conoscenza di tutti i mezzi di comunicazione via via utilizzati e di tutte le difficoltà che affrontò un internato civile in situazione in cui la presenza di prigionieri era irrisoria.

La Gran Bretagna aveva disperso l'immane numero di prigionieri italiani non solo nelle sue colonie ma anche in Paesi alleati. Nel Nyasaland, tuttavia, risulta solo una piccola compagnia di lavoro di 15 unità circa di italiani prigionieri militari, al servizio della General Motorized Transport Company di Namalidi. E' nota anche l'esistenza del campo di Mapanga, ma non vi sono ulteriori informazioni, probabilmente era destinato ai civili dell'Asse presenti nel Protettorato quando fu dichiarata la guerra.

Non stupisce che le prime comunicazioni inviate dal campo di prigionia dal nostro protagonista, con le modalità garantite dal diritto internazionale, non siano dei moduli appositamente predisposti, ma dei ciclostilati e che non esista nemmeno il Comitato della Croce Rossa del Nyasaland ma la posta debba essere inviata tramite quello della Rodesia del Sud.

Prima di esse vi è una lettera scritta il 22 gennaio '41, di cui non ho la busta. Leggendola, si apprende che sarebbe stata affidata ad un uomo dal nome italiano perché la facesse pervenire alla madre del protagonista in Italia. Il luogo di internamento di Attilio era piuttosto vicino al confine con la colonia portoghese del Mozambico, è possibile che, grazie alle relazioni intrattenute prima di diventare uno “straniero nemico”, egli sia riuscito a far arrivare il suo scritto a questo compatriota che aveva fatto in tempo a rifugiarsi nel Paese neutrale e che poteva inviare posta in Europa o che sarebbe partito per l'Europa.

Tutta l'angoscia e il nervosismo che lo attanagliano sono espressi in questa lettera, con una libertà che probabilmente non avrebbe usato se fosse stata diretta alla moglie. Nel datarla, commette l'errore di non cambiare l'anno, automaticamente scrive ancora 1940, invece di 1941. Dalle sue parole ci rendiamo conto che il messaggio vaticano in data 14 gennaio 1941 non gli è ancora stato recapitato e che non ha ben compreso quali siano le difficoltà e i tempi delle comunicazioni in un mondo in guerra.

“Mapanga Internment camp 22 gennaio 1940

Mia cara mamma, a mezzo di Trento Losacco ti invio questa mia, che spero giungerà, in tempo più o meno breve, a sollevarti dalle ansie e dai dispiaceri causati dagli avvenimenti.
Devi prima di tutto star tranquilla per quanto riguarda le mie condizioni di salute....
Purtroppo mi manca la tranquillità perché non so cosa sia di voi; dopo il messaggio di Angela attraverso la Croce Rossa – messaggio spedito l'8 luglio e giunto il 9 nov. - non ho a tutt'oggi ricevuto altro. Sono in gran pensiero per le vostre condizioni economiche, perché temo – anzi sono quasi sicuro – che quanto era stato destinato al sostentamento di voi tutti sia ormai congelato e perduto. Per colpa di chi, non so e non sono ora in grado di giudicare, ma non certo per colpa mia.
Nelle settimane che precedettero l'interruzione della nostra corrispondenza passai delle giornate e nottate d'inferno, perché capivo che tutto andava a rovescio e che vi sareste trovati in condizioni difficilissime...
Dal messaggio di Angela noto che ella si è stabilita in via Em. Filiberto presso i suoi. Credo questo cambiamento sia stato imposto dal problema finanziario e soffro al pensiero che non possiate neanche vivere insieme.
Mi tormento continuamente al pensiero di Angela e delle sue condizioni; so che se tutto è andato bene dovrebbe aver dato alla luce il nostro secondo figlio nei primi giorni di dicembre, ma purtroppo sono finora all'oscuro e privo di qualsiasi notizia.
Sono meravigliato e spiacente che non abbiate saputo trovare la via per farmi avere vostre notizie; avreste potuto farlo benissimo, sia attraverso la Croce Rossa, sia a mezzo di Trento.
Ora da qui è possibile scrivere di tanto in tanto, a mezzo della Croce Rossa, dei messaggi di 25 parole. Io usufruirò senz'altro di questa facilitazione, scrivendo alternativamente a te e ad Angela..."
(Fig. 9: fronte, Fig. 9 bis: retro)

Fig. 9 e 9 bis - Testo della lettera in data 22 gennaio 1941 affidata nelle mani di qualcuno che riuscì a farla arrivare in Italia.