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Le Collettorie Postali austriache

Franco Obizzi (Bollettino ASP - FVG n. 18)

L’argomento della collettorie austriache ha sempre suscitato un vivo interesse tra i collezionisti e gli studiosi di storia postale. Numerosi sono gli articoli pubblicati sulle riviste del settore e vi sono anche cataloghi dei timbri usati dai “collettori”.
Ciò nonostante, è difficile reperire notizie precise sulla normativa che regolava questi particolari “stabilimenti postali”.
L’esigenza da cui sono nate le collettorie è facilmente intuibile. Di regola gli uffici postali erano situati soltanto nelle località di maggiori dimensioni o, comunque, in località collocate lungo le principali vie di comunicazione, mentre i paesi minori e quelli lontani dalle ordinarie rotte postali ne erano sprovvisti.
È vero, almeno per quanto riguarda la consegna della corrispondenza, che il sistema prevedeva il recapito al domicilio dei destinatari “col mezzo di portalettere o di altri inservienti della Posta” oppure “col mezzo dei Cursori comunali o con altra occasione” (paragrafo 37 del Regolamento della posta lettere del 20 dicembre 1838), ma non sempre vi era la concreta possibilità di organizzazione un servizio regolare ed affidabile.

Per risolvere il problema si ricorse dapprima ai “portalettere rurali”, sulla scia di analoghi esperimenti già attuati all’estero. Si trattava in sostanza di una sorta di ufficio postale ambulante, incaricato “di ricapitare le spedizioni di posta lettere e spedizioni di diligenza nei luoghi appartenenti al circondario di distribuzione d’un ufficio postale, e di prenderle in consegna nei detti luoghi, attenendosi strettamente all’itinerario loro prescritto in proposito” (così il dispaccio del Ministero per il Commercio di data 18 giugno 1872, riguardante l’istituzione della posta rurale nel Tirolo e nel Voralberg).

Di regola i portalettere rurali venivano assunti dai “maestri postali”, ma in alcuni casi anche dalle Direzioni postali. Dovendo spostarsi a piedi, dovevano munirsi “d’un bastone con puntale di ferro” e di un berretto in panno color grigio scuro, con una fascia di colore arancio e l’aquila imperiale in metallo. Percorso ed orario di passaggio dei portalettere rurali erano prestabiliti, in modo che gli interessati potessero prevederne l’arrivo. Dato il carattere di ufficio ambulante, il portalettere rurale doveva ritirare ogni mattina dall’ufficio postale un numero adeguato “di sovracoperte da lettera, di francobolli, di carte da corrispondenza, di stampiglie per vaglia postali e lettere di porto” in modo da poter soddisfare le esigenze degli utenti.

Era prevista una “tassa di ricapito” per ogni “pezzo” consegnato, come pure una “tassa collettizia” per quelli raccolti. Tali importi non venivano segnati sulle lettere, ma soltanto nel registro che il portalettere era tenuto a portare con sé. Per le somme riscosse per il porto delle lettere e delle raccomandate non veniva rilasciata ricevuta, ma si doveva “applicarvi in presenza del mittente il francobollo corrispondente”.

In breve tempo l’impiego dei portalettere rurali si estese a tutto l’impero austriaco. Numerosi erano anche gli uffici postali del Küstenland che li utilizzavano, come risulta dalle schede riguardanti i singoli uffici conservate dal Museo Postale di Trieste.
Nonostante la loro diffusione, però, non tutte le località potevano essere ancora servite. Si pensò pertanto di affidare ai privati alcuni compiti in materia postale, con il duplice obiettivo di raggiungere anche località di minime dimensioni, senza però gravare l’erario di costi rilevanti.

Le notizie sulle prime collettorie affidate a privati sono piuttosto incerte. Sembra che il primo caso fosse quello di Paal, piccola località del Salisburghese, di cui si conosce un timbro lineare che veniva apposto sulle lettere tra il 1859 ed il 1863. Altri esempi, per lo più di località attraversate dalle ordinarie rotte postali, sono stati segnalati dopo il 1870 nelle aree soggette alle direzioni postali di Innsbruck, Linz e Graz.

Poco si sa anche sulla istituzione delle singole collettorie. È noto però il decreto n. 475 del 1895 della Direzione Postale di Trieste, che annunciava l’apertura dal 1° febbraio di una collettoria a Strugnano presso Pirano allo scopo di servire le località di “Strugnano, S. Basso, Monte della Madonna, Ronco, Viaro, Marzanedo, Loretto, Caverie, Carbonaro, Sussan e S. Spirito”. La collettoria dipendeva dall’ufficio postale di Pirano, cui era collegata tramite il trasporto postale che due volte al giorno copriva il percorso da Capodistria a Pirano e viceversa.

Negli anni immediatamente successivi, constatato che l’esperimento stava dando buoni frutti, il sistema delle collettorie private si diffuse con una certa rapidità. Fu quindi necessario dettare alcune regole fondamentali, valide per l’intero territorio austriaco.
Il primo luglio del 1900 entrò in vigore un’ordinanza del Ministero per il Commercio, emessa per disciplinare in modo unitario i rapporti con i gestori delle collettorie. Ne diede notizia, tra gli altri, il giornale “Volksblatt für Stadt und Land”, edito a Vienna, nel numero del 3 maggio 1900. Il testo integrale della ordinanza non è stato reperito; le notizie riprese dall’organo di stampa sono tuttavia sufficienti per dare un’idea sufficientemente precisa del suo contenuto. I gestori delle collettorie dovevano essere “persone meritevoli di fiducia che si dichiarino disposte ad operare nell’interesse degli abitanti del luogo”. Molto spesso si trattava dell’oste del paese; vi erano però anche collettorie presso le stazioni ferroviarie o gli uffici telefonici o telegrafici.

Particolare della carta pubblicata dall’Ufficio delle Corse Postali del Ministero del Commercio (edizioni R. v. Waldheim, Wien), dove sono evidenziate anche le collettorie in funzione.

I “collettori” erano autorizzati a vendere i valori postali ed a ritirare e consegnare “le usuali spedizioni postali”, vale a dire lettere, cartoline, stampe e giornali, ma soltanto gli avvisi dei pacchi e delle raccomandate, in quanto non rientrava nelle loro competenze “la presa in carico per il recapito delle spedizioni da registrare”. A differenza di quanto accadeva per i portalettere rurali l’attività del collettore era prestata a titolo gratuito, anche se non era escluso che le autorità postali, a richiesta dell’interessato, concedessero un qualche compenso.

I locali utilizzati come sede delle collettorie dovevano essere contrassegnati con l’insegna della amministrazione e dovevano essere provvisti di “una cassetta erariale” ove imbucare le lettere.
L’ordinanza del 1900 stabiliva anche che i timbri usati dai collettori – che non andavano impressi sui francobolli, ma soltanto sulle lettere o sulle cartoline - fossero di un unico tipo.

 

Immagine della osteria di Andrea Taus, sede della collettoria di Reka (dipendente dall’ufficio postale di Kirchheim)


Rimaneva, però, il problema di armonizzare il ruolo dei collettori in un sistema che prevedeva già altre figure di ausiliari addetti al recapito ed al ritiro della corrispondenza, evitando cioè inutili sovrapposizioni.
A tale scopo fu emanata la successiva ordinanza del Ministero del Commercio del 10 giugno 1902, riguardante il recapito della posta. Richiamata come ancora vigente la vecchia legge postale del 5 novembre 1837, il distretto postale (vale a dire l’area di competenza di ciascun ufficio) veniva suddiviso in distretto locale e distretto esterno. Il “distretto locale” veniva sbrigativamente definito come “il distretto locale di recapito”, mentre il “distretto esterno” era “la rimanente parte del distretto postale”.

Nel distretto locale “gli oggetti di posta-lettere ordinari e raccomandati, i mandati postali ed i pacchi fino al peso di chilogrammi 11/3 si recapitano ai destinatari a domicilio” (art. 2 I A) a cura, evidentemente, dello stesso ufficio postale.

Nel distretto esterno, invece, “ove sia organizzato il servizio di portalettere rurale”, era quest’ultimo a provvedere al recapito (art. 2 I B1), mentre nei luoghi in cui “esiste una collettoria postale, gli oggetti di posta-lettere ordinari e gli avvisi delle altre spedizioni sono recapitati dal gerente la collettoria o tenute pronte presso di lui per la consegna” (art. 2 I B2). La regola, quindi, era quella della alternatività tra portalettere rurali e collettori privati, competenti, questi ultimi, per i soli oggetti postali non raccomandati e per gli avvisi.
Era inoltre ribadita la gratuità della consegna delle lettere ordinarie, mentre invece anche “nella sede di una collettoria postale si riscuote, per l’avviso di una lettera con valore dichiarato o di un pacco, una tassa d’avviso di 3 h.” (art. 2 3).

Come è facilmente intuibile, il servizio offerto dalle collettorie era per sua natura piuttosto frammentario. Gli accordi con i privati potevano essere in qualsiasi momento risolti o sospesi o anche semplicemente non eseguiti; la amministrazione postale non aveva alcun obbligo di provvedere alla istituzione di una collettoria in ogni località o gruppo di case e neppure quello di sostituire immediatamente i collettori che non volessero o non potessero svolgere più il loro servizio. Gli stessi gestori delle collettorie, inoltre, non avevano sempre la voglia, l'attitudine o la formazione necessarie per poter svolgere con precisione i loro compiti. Conseguenza di questa situazione è che non si conoscono le impronte dei timbri usati da alcune collettorie, che pure risultano esistenti nella cartografia dell’epoca (come la carta postale del Krain e del Küstenland del 1910, pubblicata dall’Ufficio delle Corse Postali del Ministero del Commercio ed edita dalla ditta R. v. Waldheim, Wien) o nelle schede dei singoli uffici postali già citate più sopra; circostanza, quest’ultima, sicuramente spiacevole per i collezionisti che con ogni probabilità non potranno mai completare le loro raccolte, ma in compenso idonea a stimolare il loro lavoro di ricerca e di studio, rendendo così ancora più affascinante questa specifica materia.


Esempi di alcuni dei tipici timbri usati dai collettori.