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NEL PAESE DEGLI STRUZZI

di Lorenzo OLIVERI


Due fatti recenti, uno personale e uno di carattere generale, mi portano ad alcune considerazioni che vorrei condividere con i lettori de Il POSTALISTA.

A Milanofil un commerciante mi ha detto "Con i tuoi articoli denigrando - veramente ha usato un'altra parola, che per assonanza, ricorda il più antico mestiere del mondo - i periti tu credi di fare il bene della filatelia e invece non ti rendi conto del danno che fai, facendo venir meno la fiducia dei collezionisti negli esperti".

L'altro fatto è il ben noto sequestro di materiale filatelico alla ditta Gazzera di Moncalieri per opera di un magistrato torinese, che se non fosse stato per gli articoli apparsi sulla stampa nazionale, forse sarebbe anche questa volta passato sotto silenzio.

Cominciamo dai periti.
Purtroppo negli ultimi anni il numero dei periti filatelici è andato crescendo, anche perché non è un mistero che sia sufficiente conoscere qualche persona ben introdotta in una Camera di Commercio o in un Tribunale e... il gioco è fatto. Se a questo si aggiunge che alcuni dei più noti periti sono scomparsi "naturalmente", ci si deve accontentare di quello che passa il mondo filatelico italiano odierno. Ovviamente non voglio fare di ogni erba un fascio, ci sono in circolazione anche ottimi e seri periti, ma sembra che alcuni, e non solo dei nuovi, abbiano la firma (e il certificato) un po' troppo facile. Io sono 50 anni che mi interesso di francobolli e soprattutto di annulli del Regno di Sardegna e posso tranquillamente affermare (e dimostrare) che vari periti firmano (e certificano) senza avere i dovuti riscontri originali. Il problema è che i grandi periti come Emilio e Alberto Diena non ci sono più: essi conoscevano approfonditamente l'universo filatelico, e potevano spaziare in tutti i settori. Oggi buona parte dei periti ha conoscenze settoriali (quando va bene), ma firma tranquillamente cose mai viste.

In accordo col direttore della rivista abbiamo sempre evitato di riportare nomi (anche quando ci sorgeva il dubbio che non si trattasse solo di ignoranza...), ritenendo che il nostro scopo fosse quello di rendere più attenti i collezionisti (e magari anche i periti). Io quando dico che un perito ha sbagliato, lo dimostro sempre. Nei casi in cui ho anche un piccolissimo dubbio mi astengo dal giudicare. Dovrebbero essere le stesse associazioni professionali a intervenire nei confronti dei propri associati, ma evidentemente ci sono in gioco molti interessi. Le stesse associazioni dovrebbero intervenire nei confronti di chi vende materiale filatelico con firme falsificate (e i casi sono innumerevoli). Comunque se i lettori preferiscono che i miei pezzi su francobolli falsi firmati (e certificati) cessino, come diceva quel commerciante a Milano, per il bene della Filatelia, non ho alcun problema a sospendere i miei articoli (NdR: non sia mai).

Venendo al sequestro di materiale di storia postale comincio col dire che non è una novità, anche se il messaggio da sempre circolato fra i commercianti è stato: "silenzio, non creiamo allarmismo, altrimenti nessuno ci dà più materiale da mettere in vendita". Io credo (evidentemente anche qui sbaglierò e non "farò il bene della Filatelia") che una volta per tutte la situazione vada affrontata unendo gli sforzi della Federazione Commercianti, della Federazione Società Filateliche, di Poste Italiane (anche se loro probabilmente pensano che il fatto non li riguardi) e, soprattutto, facendo pressione sui filatelici parlamentari per una proposta di legge che finalmente chiarisca tutti i problemi inerenti il possesso di materiale originato (o destinato) da uffici pubblici e risolva i cosiddetti problemi di "privacy" relativi agli indirizzi che compaiono sui documenti postali.

Altrimenti, chi esporrà ancora il proprio materiale o scriverà articoli o testi di storia postale col rischio di vedersi sequestrati i propri pezzi?

Io che non voglio vivere nel PAESE DEGLI STRUZZI, vorrei che su questi temi si aprisse un dibattito con i lettori de Il POSTALISTA.


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