falsi in filatelia

Armi e metodi contro trucchi & falsificazioni

le domande sui falsi

Il decalogo dell'acquirente on-line di Lorenzo Oliveri

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Il metodo XRF è adatto per rilevare bolli falsi?
Veselko Guštin

Purtroppo la falsificazione è presente ovunque, soprattutto nel caso di oggetti di maggior pregio - nella pittura, nella scultura, nei prodotti "vecchi" e, ovviamente, nella filatelia. Tutto si falsifica: francobolli, sovrastampe, bolli, e naturalmente, intere vecchie lettere. Riusciamo meno nell'individuare le falsificazioni quando si utilizzano cliché, sovrastampe e inchiostri originali (ad esempio stampa domenicale di francobolli "Venezia Giulia", vedi Pagine Filateliche Triestine, 1932). Il metodo più comune per individuare le contraffazioni consiste nel confrontare i falsi con l'originale. Ma proprio come i contraffattori sono abili nell'uso di macchine e tecniche moderne, anche noi utilizziamo la tecnologia moderna per rilevare i falsi.

Anni fa, ho letto l'articolo »New Methods to Identify Fakes« (Nuovi metodi per identificare i falsi) del tristemente scomparso Paolo Vollmeier. Più tardi, sulla rivista Pagine filateliche triestine, ho letto di sovrastampe di "Venezia Giulia" su francobolli austriaci e italiani, dove all'inchiostro erano mescolate anche particele del metallo, che alla sovrastampa dava una lucentezza speciale, metalica. Questo è stato il motivo per cui ho pensato, come potremmo usare i raggi X per "sgusciare" il timbro e misurare la quantità di particelle metalliche.

Naturalmente, ho dovuto imparare qualcosa prima sugli inchiostri permanenti, e naturalmente, sui timbri. Devo dire, che nessun autore ha scritto molto sull'inchiostro per bolli, né troviamo alcuna informazione a riguardo da Volmeier. Su questo tema ho imparato di più sul https:// www.wonderopolis.org/wonder/what-makes-ink-permanent.

L'inchiostro esiste da secoli. Non si sa per certo chi ha inventato l'inchiostro. Gli esperti ritengono, che molte culture antiche diverse siano state in grado di sviluppare l'inchiostro da sole dopo aver imparato a scrivere e disegnare. Ad esempio, gli inchiostri cinesi si trovano nel XVIII secolo a.C. Gli antichi cinesi, che per primi fecero l'inchiostro, usavano sostanze vegetali, animali e minerali mescolate con acqua per creare diversi tipi di inchiostro. Un antico tipo di inchiostro che viene utilizzato ancora oggi per molti diversi tipi di progetti artistici è l'inchiostro di china. Questo è stato usato nell'antica India dal 4° secolo a.C. Si chiamava “mas” ed era fatto di catrame, resina o ossa bruciate. I pigmenti e i coloranti nell'inchiostro sono generalmente disciolti in acqua e glicole. Quando queste sostanze evaporano, pigmenti e coloranti vengono assorbiti dalla carta e lasciano una scia che durerà a lungo, se non per sempre.

La prima condizione è che l'inchiostro non danneggi la carta e che sia durevole. Gli inchiostri ferro-gallici o ferro-tannini divennero importanti all'inizio del XII secolo; sono stati usati per secoli e si dice che siano considerati il miglior tipo di inchiostro. L'inchiostro ferro-gal, tuttavia, è corrosivo e alla fine danneggia la carta. Gli oggetti, che contengono questo inchiostro, possono diventare fragili e la scrittura marrone.

Nessun trattamento elimina i danni già causati dall'inchiostro acido. Il deterioramento può essere solo fermato o rallentato. Alcuni credono che sia meglio, non elaborare affatto l'oggetto per paura delle conseguenze. Altri ritengono che le procedure non acquose siano la soluzione migliore. Ma altri credono che il processo ad acqua possa preservare oggetti scritti con inchiostro ferro-gallico. I processi acquosi includono acqua distillata a varie temperature, fitato e idrossido di calcio, bicarbonato di calcio e magnesio e carbonato di magnesio. Ci sono molti possibili effetti collaterali di questi ingredienti. Possono verificarsi danni meccanici, indebolendo ulteriormente la carta. Il colore della carta o il colore dell'inchiostro potrebbe cambiare e l'inchiostro potrebbe sbiadire o scomparire. Altre conseguenze del trattamento dell'acqua sono un cambiamento nella consistenza dell'inchiostro o la formazione di rivestimenti sulla superficie dell'inchiostro (sfogliando da Wikipedia con la voce: "inchiostro permanente".)

Da quanto scritto segue la prima constatazione che gli inchiostri sono per lo più realizzati sulla base di composti organici. Questo, tuttavia, è impossibile da analizzare con il metodo XRF. Possiamo identificare solo tracce di singoli elementi metallici. Un'altra scoperta è, che nessuno non è entrato nei dettagli nella discussione e nell'analisi degli inchiostri per bolli! Quali ulteriori informazioni sulla composizione dei bolli è difficile da ottenere, poiché i produttori "tengono" la ricetta per se stessi!

Come vedremo, è teoricamente possibile rilevare tracce di una impronte del timbro con il metodo XRF se rimangono le tracce durante l'uso e se quindi le particelle di metalo rimangono sulla impronte (bollo). Sappiamo per esperienza che il timbro "si consuma". I collezionisti di storia postale sanno bene, che le prime impronte dei timbri sono chiare e sottili. Con gli anni si ispessiscono e diventano più grosse. Con l'aiuto di Google abbiamo trovato alcuni dei composti di ghisa (Zn, Al, Cu, Pb,…) e leghe che possono essere prese in considerazione:


Il lavoro di Vollmeier e un accenno alla presenza di particelle metalliche nel bollo, ci hanno portato a cercare un dispositivo XRF (fluorescenza a raggi X). Naturalmente, abbiamo prima guardato online per vedere quanto costano tali dispositivi. Soprattutto per quei dispositivi palmari, i prezzi non sono molto alti, ma era comunque necessario scoprire quanto sia efficace un metodo del genere. Dopo varie indagini, il percorso mi ha portato al Museo Nazionale della Slovenia, che gestisce lo strumento manuale Hitachi X-MET 8000. (Vedi: https://hha.hitachi-hightech.com/en/product-range/products/handheld-xrf-libs-analyzers/handheld-xrf-analyzers).

L'analizzatore X-MET XRF fornisce un'eccellente analisi degli elementi (Mg, Al, Si, P, S, Cl), bassi limiti di rilevamento e un'eccezionale accuratezza dei risultati.
Abbiamo selezionato 6 bolli (Fig. 1), che sono già stati elaborati nella nostra rivista. Due veneziani del 1792, uno del 1785 e uno del 1761, e due bolli della "cartolina" di Caporetto del 1917. Per la maggior parte di questi, sappiamo se sono originali o falsi. Ci sono dubbi solo sul bollo di Caporetto: CAPORETTO - TELEGRAFI ITALIANI e quello ignoto veneziano del 1795. Nell'articolo riportiamo solo quella parte del bollo, che era in fase di analisi. Importante nell'analisi è il fatto, che il metodo non deve essere distruttivo. Non dobbiamo permetterci di tagliare parte del bollo o danneggiarlo in alcun modo. Il metodo selezionato non danneggia in alcun modo il bollo o la busta.

Andiamo subito ai risultati. Non ero presente all'analisi. Il bollo è stato esposto a radiazioni per 180 sec. cioè 3 minuti. Il dispositivo analizza il numero di fotoni di raggi X (Counts) in funzione della loro energia (keV). Dall'energia apprendiamo il tipo di elemento da cui l'elettrone è stato espulso. Il numero di fotoni indica il numero di atomi nel campione (singoli picchi nel diagramma) e dall'intensità dello spettro (altezza del picco) deduciamo la % dell'elemento nel campione (altro:
https://www.thermofisher.com/blog/ask-a-scientist/what-is-xrf-x-ray-fluorescence-and-how-does-it-work).

Il bollo è stampato su carta, quindi il contenuto degli elementi nella carta viene misurato/rilevato inavvertitamente. Siamo stati in grado di evitare tutte queste influenze solo analizzando la parte della lettera in cui il bollo è maggiormente stampato e la parte in cui non lo è. Pertanto, abbiamo due risultati per ogni bollo: bollo + carta e solo carta. Matematicamente, la differenza tra queste due misurazioni ci dà il contenuto dei materiali nel bollo. I numeri che vediamo in FIG. 3, sono in percentuale [%], insieme ci danno un totale del 100%. Ai risultati dell'analisi viene aggiunto un errore ± n, dove solitamente n è inferiore al 10% della percentuale (%) dosata dell'elemento. La deviazione maggiore è solo nelle misurazioni del magnesio (Mg). Qui la deviazione è tra il 10-30%.

I bolli sono stati contrassegnati come segue:

- genuino bollo veneziano (genuine), 1795, primo
- bollo falso (fake95), 1795, secondo
- sconosciuto veneziano (fake85), 1785, terzo
- il primo bollo veneziano (fake61), 1761, quarto
- POSTA MILITARE (PM), 1917, quinto
- Caporetto: CAPORETTO * (TELEGRAFI ITALIANI) * (CAPOR), 1917. sesto


Diciamo subito che il metodo non consente la separazione dei bolli; genuino-falso, vero-non vero. Ci da solo alcuni spunti dai quali possiamo trarre alcune conclusioni. Ecco per ordine le conclusioni.

1. Nei risultati (Fig. 3) troviamo una notevole differenza tra % »genuino« (genuine) e »carta« (paper) a Cu (rame) 5,95% e Zn (zinco) 2,4%. Il composto Cu-Zn è noto come ottone. Questo ci porta al fatto, che il timbro ad inchiostro era in ottone e non forse in ghisa o acciaio. Una grande percentuale di zolfo (S 29,5) è dovuta alla preparazione della carta, mentre per una notevole percentuale di alluminio (Al 5,2%) va notato, che i veneziani non lo conoscevano, in quanto ottenuto per elettrolisi e la produzione fu iniziata solo nel secolo XX. Tuttavia, poiché la lettera proviene dall'Istria, che è ricca di bauxite (Al), potrebbe essere quella la causa. Non ci sono praticamente elementi dal titanio (Ti) all'arsenico (As). Per il bollo "genuino" troviamo il dato Mg 12,6% - per il magnesio dalla letteratura sappiamo, che era utilizzato per una più rapida asciugatura dei bolli.

2. I risultati del bollo "fake95" mostrano, che non c'è magnesio, il che suggerisce che hanno usato un altro agente essiccante per l'impronta del timbro. Inoltre, il valore di rame e zinco (Cu-Zn) è minimo. Nell'analisi del bollo compaiono elementi dall'oro (Au) allo stagno (Sn), il che dà ancora una volta l'impressione che provengano da un altro periodo?! Vollmeier afferma, che la maggior parte dei falsi sono stati realizzati negli anni 1960. Vediamo anche una percentuale significativa di ferro (Fe) in tutti i bolli successivi, che significa, che il timbro ad inchiostro era /forse/ fatto di ghisa (Fe), a cui sono state aggiunte altre impurità.

3. Nel bollo "fake85" osserviamo (come nel "fake95") una percentuale significativa di ferro (Fe), a cui si aggiungono varie impurità. In questo e nel seguente caso è presente anche il magnesio (Mg), che sarebbe stato aggiunto all'inchiostro o alla carta.

4. Oltre al ferro (Fe), nel bollo "fake61" sono presenti anche l'alluminio (Al) e lo zinco (Zn). Ciò dimostra principalmente (per bolli 1, 2 e 3), che i bolli sono stati realizzati in un tempo "più nuovo", sia in acciaio che in duralluminio.

5. I risultati del bollo "PM" sono molto diversi dagli altri bolli. Infine, sono più di 100 anni di differenza, e inoltre, la carta è infati una »cartolina« realizzata a mano. La »cartolina« è composta da materiali raccolti casualmente: le copertine del libretto di risparmio e un ritaglio di giornale. Il timbo può essere in ghisa (ferro) o alluminio. A quel tempo, l'alluminio era già noto. Una grossa percentuale di piombo (Pb 13,4%) va al resoconto del ritaglio di giornale che è stato incollato sulle copertine. Le macchine da stampa utilizzavano il piombo per le impronti. In entrambi i casi il bollo di Caporetto mostra anche un contenuto di magnesio (Mg 3,7%). È anche interessante notare che qui sono presenti elementi dal titanio (Ti) allo zirconio (Zr), mentre non sono presenti nelle misurazioni precedenti!

6. I risultati del timbro "CAPOR" corrispondono quasi esattamente a quanto sopra, quindi concludiamo, che si tratta della stessa carta e dello stesso contenuto di materiali nel bollo. Insomma, per la impronte del bollo era contemporaneamente fatto con il timbro dello stesso inchiostro. Questa è già un'informazione abbastanza incoraggiante che ci "aspettavamo". In entrambi i casi di bolli di Kobarid vediamo la presenza di materiali di ferro, alluminio e zinco. Possiamo concludere che si tratta di una lega da cui sono stati realizzati entrambi i timbri, questo è sicuramente un buon indizio: sono bolli autentici (dello stesso tempo, materiale ed inchiostro)!

Conclusione. Con il metodo XRF abbiamo confermato solo ciò che sapevamo prima: quali bolli sono considerati autentici e quali no. L'analisi ha solo confermato le ipotesi ed i risultati.

Veselko Guštin
veselko.gustin@gmail.com
23-10-2021