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Dall'8 settembre 1943 alla cobelligeranza
di Giuseppe MARCHESE (1943 Armistizio - 1993)

"Il Governo italiano, riconosciuta l'impossibilità di continuare l'impari lotta contro la schiacciante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi danni alla Nazione, ha chiesto l'armistizio al Generale Eisenhower, comandante in capo delle forze anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane, in ogni luogo. Esse, però, reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza".

Con questo annuncio, diramato dai microfoni di radio EIAR di Roma la sera dell'8.9.43, e che seguiva quello analogo trasmesso nel pomeriggio da Radio Londra, iniziò per le nostre forze armate un periodo che portò a drammatiche vicende per quasi l'intero esercito.

Come conseguenza diretta dell'armistizio si ebbe la fuga da Roma di Vittorio Emanuele, di Badoglio e di quasi tutti i membri del suo gabinetto, nonché degli alti gradi delle forze armate che scapparono al sud ponendosi sotto la protezione delle forze anglo-americane, sbarcate a Taranto e Salerno proprio l'8 Settembre.

Con questo atto le nostre forze armate vennero lasciate prive dei centri operativi e le decisioni che dovevano essere prese a Roma dal Comando Supremo furono lasciate alle iniziative dei singoli comandi.

Molti di questi generali si dimostrarono inferiori al compito che li attendeva preoccupandosi solo della propria incolumità, altri cedettero alle pressioni del più forte ex alleato e lasciarono che i tedeschi disarmassero e internassero i reparti dipendenti; mentre altri, invero pochi, ebbero la stoffa di capi e presero delle decisioni autonome.

Nelle linee generali l'elemento caratterizzante della decisione di cooperare con i tedeschi o di partecipare a fianco degli alleati fu condizionato da quella potenza che aveva il controllo del territorio.

Così nel Nord Italia, in Jugoslavia e in Grecia i tedeschi non ebbero difficoltà ad assumere il controllo delle forze italiane dislocate nella zona; in Albania si ebbe una notevole autonomia delle forze italiane nei giorni immediatamente susseguenti l'8 settembre; nelle Isole dell'Egeo, nelle Jonie e nelle Cicladi vi fu una equivalenza o preponderanza di forze italiane che ebbero come conseguenza la resistenza ai tedeschi.

Quasi sempre la decisione di passare da una parte o dall'altra venne sempre assunta dai comandanti di livello superiore al generale di Divisione.

Solo in un caso la decisione fu collegiale e vi presero parte anche i soldati.

A Cefalonia il Gen. Gandin, comandante della Divisione Acqui era titubante se arrendersi ai tedeschi o combatterli. Venne stimolato a prendere una decisione da una assemblea di soldati che optarono per la resistenza. Quando si apprese che il generale, nonostante questa decisione, era possibilista verso la resa, una batteria puntò i cannoni contro la residenza del generale al fine di fargli cambiare idea.

Questa decisione fu pagata cara dai fanti della gloriosa Divisione Acqui che ebbe 6.000 uomini tra caduti in combattimento e uccisi in seguito dai tedeschi. Quasi tutti i rimanenti 4.000 uomini non riuscirono mai a raggiungere i campi di internamento della Germania poiché le navi che li trasportavano saltarono in aria nel tragitto verso il continente greco.

Infine l'epilogo.

Da una parte quelli che per ordine superiore, motivi contingenti, opportunità o scelta politica o ideologica decisero di continuare la guerra a fianco dei tedeschi. Questi elementi furono inviati in Germania in attesa di ricostruire i nuovi reparti sotto le bandiere della Repubblica Sociale Italiana.

Dall'altra quelli che per ordine superiore, opportunità o scelta costituzionale seguirono le sorti del Governo legittimo e in conseguenza di ciò o vennero internati o combatterono contro i vecchi alleati, quasi sempre in formazioni partigiane in Italia, Jugoslavia , Montenegro, Albania, ma anche a fianco dei nuovi alleati come a Lero e Samo; e, infine, nel ricostituito esercito del Sud che, dopo tanti rinvii, iniziò la sua prima azione contro i tedeschi a Monte Lungo, assieme alla 36^ Divisione americana.

Questi avvenimenti portarono, per quanto riguarda l'organizzazione della posta militare, ai seguenti eventi:

- cessazione del coordinamento centrale di Roma con gli uffici periferici della posta militare;

- interruzione dei collegamenti che permettevano l'inoltro e lo smistamento della posta militare;

- interruzione dell'attività di ogni singolo ufficio.

In sostanza al collasso dell'organizzazione militare seguì, ovviamente, quella della posta militare che dalla prima era retta.

Una qualche attività postale da parte di singoli uffici di posta militare, nel periodo immediatamente susseguente l'8 Settembre, è possibile rintracciarla in quasi tutti i settori, generalmente affidati a collegamenti postali momentanei e contingenti che accrescono notevolmente il fascino e il valore di questi documenti.

Al Sud invece la posta militare continuò quasi ininterrottamente dopo l'8 Settembre ma lo sbandamento di quasi tutti i reparti e la lenta ricostruzione dei nuovi danno un discreto valore a queste missive, specie nel mese di Settembre.

Gli elementi e i reparti che scelsero la collaborazione a fianco dei tedeschi cominciarono a utilizzare la Feldpost tedesca.

Anche questi documenti del settembre-dicembre sono oltremodo interessanti poiché provengono da elementi isolati o da piccoli reparti italiani "di passaggio" e non regolarmente. Purtroppo non sempre è possibile localizzare questi numeri di Feldpost, magari per scacchiere; e la mancata localizzazione toglie a questi documenti quasi tutto il loro interesse storico postale.

Infine, prima di passare alla situazione per singoli settori, una precisazione. Siamo abituati a vedere l'8 Settembre con l'occhio diretto verso gli avvenimenti del Nord o verso quelli del Sud; nella sostanza come di eventi separati e a sé stanti. Nella trattazione del presente articolo la situazione dopo l'8 Settembre è presentata in maniera globale.

 

ITALIA SETTENTRIONALE

Le truppe tedesche con tempestività e perfetto tempismo disarmarono le truppe italiane. Vi furono sporadiche isole di resistenza che durarono fino al 10 Settembre.

Brescia fu occupata il 9, così come Parma e Forlì; Pavia, Piacenza, Bologna, Reggio Emilia, il 10; Milano la sera dell'11. Le comunicazioni postali militari vennero interrotte la sera dell'8 settembre; a chi aveva necessità di scrivere non restò altro che affidare i messaggi alla posta civile.

 

LIGURIA E TOSCANA

La Liguria era sotto la giurisdizione della 4^ Armata dislocata in territorio francese.

Per le difficoltà connesse al trasferimento dei reparti in Italia e della forte presenza tedesca il Comando della 4^ Armata ordinò lo scioglimento della stessa la sera dell'11.9.43.

La Toscana era presidiata dalla 5^ Armata.

Dopo vari scontri tra italiani e tedeschi, questi ultimi ebbero il sopravvento.

Pisa fu occupata il 9.9; Firenze il mattino dell'11.9. Lo stesso giorno fu sciolta la 5^ Armata. Anche in questo settore i documenti di posta militare dopo l'8.9 sono molto interessanti e rari; più comuni quelli inoltrati per il tramite la posta civile. Vedi (Fig. 1), (Fig. 2).

ROMA

Attorno alla capitale cominciarono a confluire la sera dell'8 settembre numerosi reparti italiani e tedeschi.

Evidente l'importanza politica che le parti attribuivano al possesso della città.

Il 9 settembre avvennero scontri tra reparti della 2^ div. paracadutisti tedesca e le Divisioni Piacenza e Granatieri di Sardegna e tra la 3^ panzergrenadiere e l'Ariete.

Negli scontri successivi furono coinvolti reparti delle Divisioni Re, Piave e Sassari.

La resa delle forze italiane avvenne il 10 settembre alle ore 16.

Venne deciso di non accentrare a Roma armamenti e di considerarla "città aperta" con la nomina di un comandante militare italiano affiancato da uno tedesco.

Per il mantenimento dell'ordine pubblico restarono in attività tre battaglioni della Divisione Piave senza armi pesanti.

Naturalmente i tedeschi non tennero fede agli accordi e il 23 settembre occuparono la Capitale, arrestando i capi militari e disarmando le residue forze della Piave.

Dopo l'8.9.43 funzionò a Roma la Posta Militare N.66 fino al 27 settembre. Tuttavia reperire documenti dopo il 23 settembre appare estremamente improbabile. Attualmente si conoscono documenti spediti fino al 21 settembre 1943. Vedi (Fig. 3).

 

ITALIA MERIDIONALE E SARDEGNA

L'8 settembre '43 reparti anglo-americani erano sbarcati a Salerno e Taranto.

All'annuncio della resa i tedeschi iniziarono una ritirata su posizioni più difendibili.

In questo settore la posta militare non interruppe la propria attività, almeno non del tutto, anche se ridotta al minimo per l'interruzione dei collegamenti postali tra Italia meridionale la Sardegna e la Sicilia, e naturalmente con l'Italia settentrionale. Vedi (Fig. 4), (Fig. 5), (Fig. 6).



JUGOSLAVIA

In questo paese la nostra sfera di influenza era localizzata nell'Erzegovina e Montenegro da una parte e nella Slovenia-Dalmazia dall'altra. Faceva da spartiacque con la zona di influenza tedesca lo stato "libero" della Croazia dove però risiedevano nostre truppe con lo status di "truppe stazionanti in territorio di stato amico ed alleato" ma di fatto truppe di occupazione per i disordini etnici tra Croati e Serbi, e per la lotta antipartigiana.

L'otto settembre porta i seguenti fatti salienti:

Divisione Venezia, Montenegro:

rifiuta di consegnare le armi a tedeschi e croati contrastando le violente reazioni di questi fino ad iniziare vere e proprie azioni di guerra. Il 20 Novembre le brigate della Venezia e della Taurinense si fondono dando vita alla Divisione partigiana Garibaldi;

Divisione Taurinense, Montenegro:

anch'essa come la Venezia si rifiuta di consegnare le armi. Il 15 Ottobre si riordina su tre brigate riunendosi alla Divisione Venezia;

Divisione Bergamo, Slovenia:

sostiene scontri con reparti tedeschi fino al 27.9.43. Alcune centinaia di soldati della Divisione formano il battaglione di patrioti Garibaldi che si affiancò poi all'esercito regolare iugoslavo.

In Jugoslavia i collegamenti normali della posta militare cessarono. Qualche sporadico documento fu inoltrato con le navi che trasportavano i soldati nelle Puglie per il Sud e a Trieste per il Nord. Naturalmente meno rari i documenti inoltrati con la Feldpost che svolse il servizio sia per i militari che optarono per la collaborazione, sia per i militari fatti prigionieri.

Caso unico, la P.M. 141 della Divisione Zara continuò la sua attività durante il periodo settembre­ottobre 1943. Vedi (Fig. 7).

 

GRECIA

In Grecia, come si è detto, la situazione passò subito sotto il controllo tedesco.

Infatti già il 13 settembre il XXII Corpo d'Armata da montagna tedesco concluse le operazioni di disarmo dei reparti italiani appartenenti all'Vlll e al XXVI Corpo d'Armata che si trovavano nel territorio continentale greco. La 104^ Divisione Cacciatori e la 1^ Divisione da Montagna disarmarono oltre 37.000 militari italiani.

Alcuni reparti della Divisione Pinerolo continuarono a combattere a fianco dei tedeschi, mentre il 2° Reggimento Fanteria Brandenburg disarma le guarnigioni di Kastoria e Coriza.

Sull'isola di Eubea si trovavano 6.000 soldati e 200 ufficiali dei quali circa 1.400 si unirono ai partigiani assieme ad altri reparti della Divisione Pinerolo. Il 17 settembre da Eubea circa 4.000 prigionieri vennero trasferiti in continente, mentre altri 1.700 erano ancora in possesso delle armi e operavano uniti a bande di partigiani.

A Paxoi, isola situata a sud di Corfù, vennero catturati 71 militari della Acqui e un ufficiale.

Nelle Isole dell'Egeo si può dire che i reparti italiani non sostennero combattimenti. Nelle Isole Jonie vi fu l'episodio ormai celebre della Divisione Acqui.

Nelle Cicladi e Sporadi, e principalmente a Samo e Lero, i reparti italiani, sostenuti da rinforzi inglesi, resistettero ai tedeschi.

Divisione Pinerolo, Grecia. Sostenne scontri con i tedeschi fino al 17 settembre. Il 20.9.43 si costituì il Comando FF.AA. italiane in Grecia a fianco delle formazioni partigiane greche che il 15.10 disarmarono gli uomini della Divisione internandoli.

RODI

A Rodi erano presenti da 37.500 a 39.200 soldati italiani, a cui si opponevano i 6.500 soldati tedeschi della Sturmdivision Rhodos.

Seguirono 48 ore di combattimento. Gli italiani ebbero 152 caduti e 300 feriti, mentre i tedeschi subirono 91 caduti e 214 feriti e dispersi.

Il 9 settembre terminarono i combattimenti e l'11 settembre le forze italiane a Rodi si arresero.

 

SCARPANTO

Nell'isola di Scarpanto oltre 2.500 militari italiani fronteggiavano 1.000 militari tedeschi. Il 12 settembre avvenne la resa della guarnigione italiana, e nello stesso mese iniziò lo sgombero del personale via Creta, ma solo nel febbraio '44 tutti gli italiani avevano lasciato l'isola, per deficienza dei mezzi di trasporto.

I tedeschi abbandonano l'isola il 6 ottobre 1944.

 

CASO

Il piccolo presidio viene disarmato tra il 16 e il 18 settembre 1943.

 

SIRA

La guarnigione era costituita da circa 2.000 uomini della Marina e dell'Esercito. Secondo fonti tedesche il 90% degli uomini al presidio dell'isola erano disposti a combattere a fianco dei tedeschi. Per salvare la faccia il comando chiese di simulare un attacco da parte di aerei tedeschi cosa che avvenne il 15 settembre. Il 19 settembre nell'isola restano circa 1.100 italiani, dei quali circa 600 ancora trattenuti in attesa di decisioni.

Tra il settembre e l'ottobre 1944 l'isola venne completamente evacuata dai tedeschi.

 

NASSO

L'isola era difesa da circa 700 militari italiani i quali resistettero fino al 12 ottobre.

 

PAROS

La piccola guarnigione di Paros, circa 100 uomini si ritirò all'interno dell'isola dove resistette fino al 25 ottobre. I tedeschi catturarono in seguito 2 ufficiali e 150 uomini, una parte dei quali era probabilmente arrivata in seguito nell'isola.

 

AMORGO

Vi era una guarnigione di 140 soldati. Il 23 ottobre giunsero 70 militari giunti da Nasso e poi altri 130 fuggiti dalla stessa isola.

Il 6 novembre le forze tedesche controllavano l'isola comunicando la cattura di 12 ufficiali e 359 militari.

 

CHIO

I tedeschi catturarono 20 italiani.

L'evacuazione dell'isola dei tedeschi avvenne l'11 settembre 1944.

 

SANTORINO

L'isola si arrese il 27 novembre 1943. I tedeschi catturarono 19 ufficiali e 624 uomini.

 

COO

Presidiavano l'isola di Coo 4.000 italiani e 1.300 militari inglesi.

 

All'alba del 3 ottobre sbarcarono a Coo il gruppo di combattimento Muller, Comandante della 22^ Divisione di Fanteria di stanza a Creta. Il 4 ottobre l'isola era in mano tedesca.

Nell'ottobre '44 Coo venne considerata piazzaforte militare. Rimasero di guarnigione nell'isola fino alla fine della guerra 1.116 tedeschi e 611 italiani.

 

CALINO

L'isola era presidiata da circa 400 uomini. Il 7 ottobre gli sporadici combattimenti erano terminati e il gruppo di combattimento del Generale Muller poté disarmare circa 350 uomini. Pare che alcuni siano riusciti a raggiungere la Turchia.

Nel settembre '44 l'isola venne trasformata in piazzaforte militare. Erano dislocati nell'isola 193 tedeschi e 1 italiano.

 

LEVITA

Nell'isola vi era una stazione di vedetta della Marina. Il 17 ottobre la 15^ cp. paracadutisti, del 4° Reggimento della Divisione Brandenburg li costrinse alla resa.

 

STAMPALIA

La guarnigione era costituita da 500 uomini della Marina e 300 dell'Esercito e da 15 militari britannici. Il 22 ottobre alcuni reparti tedeschi sbarcarono nell'isola dopo un violento bombardamento. Vennero fatti prigionieri circa 620 italiani.

Stampalia venne abbandonata dai tedeschi il 2 ottobre 1944.

 

SIMI

Il 7 ottobre 1943 alcune unità della Divisione d'assalto Rhodos tentarono di impadronirsi dell'isola senza risultato. Il tentativo venne ripetuto il 1° novembre non raggiungendo nessun risultato apprezzabile.

A seguito di ordini superiori le truppe abbandonarono Simi la notte del 12 ottobre. Da fonti tedesche risulta che vennero lasciati a Simi un reparto rinforzato in secondo tempo da un plotone di fascisti.

Simi venne evacuata dai tedeschi il 26 settembre 1944.

 

LERO

Comandava la piazza di Lero il Capitano di vascello Mascherpa, poi fucilato a Verona dai fascisti. A seguito dalla caduta di Rodi avvenuta l'11 settembre il comandante Mascherpa assume di sua iniziativa il comando della zona militare marittima dell'Egeo, assumendo il grado di ammiraglio.

Il presidio dell'isola era formato da marinai, la parte predominante, e da reparti delle Divisioni Cuneo e Regina.

Il 13 settembre i tedeschi iniziano gli attacchi aerei che proseguono fino al 30 ottobre. Il C/T Euro dislocato nell'isola viene affondato il 1° ottobre. Il 7 novembre nuclei di paracadutisti vengono lanciati sull'isola.

Il 12 novembre sbarcarono a Lero circa 500 uomini del gruppo di combattimento Muller, oltre a circa 800 paracadutisti.

Il 15 novembre i tedeschi occupano le abitazioni di Lero e fanno prigioniero lo stesso comandante inglese. Alle ore 17.30 del 16 novembre viene sospesa ogni attività bellica.

I tedeschi ebbero la meglio su una guarnigione italo-inglese di circa 12.000 uomini, impiegando nel corso dei vari combattimenti circa 2.700 uomini e il determinante appoggio dell'aviazione. I tedeschi persero da 1.109 a 1.183 uomini, pari a oltre il 41% delle truppe impiegate. La resa avvenne il 16.11.43.

Anche a Lero come a Cefalonia vi fu un brutale sterminio. Agli italiani vennero inflitti fucilazioni, sofferenze, umiliazioni di ogni genere, senza tenere conto delle norme del diritto internazionale. Vennero catturati a Lero 5.350 italiani e 3.200 britannici. Rimasero a Lero circa 200 prigionieri. Tutti gli altri vennero avviati nei campi di concentramento in Germania.

Di tutti coloro che restarono nell'isola ben pochi aderirono alla collaborazione con i tedeschi.

Del periodo della lunga resistenza a Lero (8 settembre 16 novembre '43) si ebbero dei trasporti aerei con dispacci postali verso l'Italia del Sud, anche tramite i servizi postali inglesi. Dopo il settembre '44 Lero venne considerata "piazzaforte militare". Nell'isola restarono, fino alla fine del conflitto 3.228 tedeschi e 809 italiani. Vedi (Fig. 8), (Fig. 9).

 

SAMO

A Samo aveva sede il Comando della Divisione Cuneo con circa 9.000 uomini. Dopo la resa di Rodi vi si trasferì il Comando di tutte le Forze Armate dell'Egeo. Nei mesi di settembre-ottobre vennero inviati di rinforzo alcuni reparti britannici e greci. Il 17 novembre Londra decise il ritiro delle proprie truppe e il 19 novembre inizia l'evacuazione verso la Turchia di italiani, partigiani, greci e britannici. I trasporti si conclusero il 23 novembre quando solo la metà degli italiani si era messa in salvo.

Il 22 novembre sbarcarono i tedeschi e le forze rimaste consegnarono l'isola al gruppo di combattimento del generale Muller.

Fino al 2 dicembre consegnarono le armi o aderirono ai tedeschi 4.861 militari italiani, mentre altri 527, già appartenenti alla milizia e 396 altri militari aderirono volontariamente alla richiesta di collaborare coi tedeschi.

Nel periodo 9.9.43-19.11.43 vennero avviati dei dispacci postali verso l'Italia, anche per il tramite dei servizi postali militari inglesi. Evidente la rarità di tali documenti.

Samo venne evacuata dai tedeschi il 1° ottobre 1944.

 

CEFALONIA

Vi erano nell'isola, all'8.9.43, circa 10.000 militari italiani della Divisione Acqui, col relativo comando divisionale e 3.000 tedeschi.

A Cefalonia per volontà quasi unanime dei soldati la Divisione si oppose ai tedeschi che ne intimavano la resa. Il 14 settembre infatti una consultazione tra la truppa determinò la difesa dell'isola contro i tedeschi.

I combattimenti cominciarono violentissimi dal 14 settembre e terminarono il 25.9.43. I tedeschi non facevano prigionieri e chi si arrendeva veniva fucilato sul posto. Dei diecimila uomini della Divisione 2.000 caddero combattendo e 4.905 furono trucidati dopo la resa.

Nell'isola i tedeschi avevano inviato il 909° e 910° Battaglione Granatieri da Fortezza, mentre nel corso dei combattimenti sbarcarono nell'isola unità della 1^ Divisione da Montagna e della 104^ Divisione Cacciatori.

Rimasero prigionieri a Cefalonia circa 5.035 militari. Per ordine diramato dal Fuhrer gli ufficiali vennero fucilati, salvo 40 persone di cui 12 sud tirolesi, 20 o 25 ufficiali medici, cappellani militari e feriti.

I militari vennero invece trattati come prigionieri di guerra in quanto avevano combattuto contro i tedeschi.

Dei 5.035 militari prigionieri a Cefalonia altri 1.264 circa morirono durante il trasporto via mare verso la Grecia. I rimanenti rimasero internati nell'isola fino alla fine della guerra.

Costoro vennero concentrati nel carcere di Argostoli.

E' innegabile che la condotta dei tedeschi a Cefalonia rifugge da ogni tentativo di classificarla umana. Essi si comportarono violando tutte le leggi internazionali.

A Cefalonia resta consegnata alla storia l'estrema brutalità, la perfidia e la peggiore condotta che gli esseri umani sono stati capaci di produrre in questo ultimo secolo.

I tedeschi sgomberarono l'isola il 13 settembre 1944.

 

CORFU

A Corfù stazionavano 4.500 uomini appartenenti al 18° Reggimento Fanteria della Divisione Acqui oltre ad altre forze sparse. Le prime truppe tedesche sbarcarono il 24 settembre 1943; erano reparti della 1^ Divisione da Montagna, che formarono un Gruppo di combattimento.

Il 25 settembre le truppe italiane si arresero. Da fonte tedesca si apprende che "circa 600 italiani caduti o fucilati, 10.000 catturati. Ufficiali trattamento speciale come da direttiva del Fuhrer". Con questa annotazione si evidenziava la fucilazione degli ufficiali italiani, con esclusione di quelli di origine tedesca, di medici e i cappellani militari, secondo questa macabra procedura: "fucilazioni da eseguire in forma dignitosa al di fuori della città. Plotone di 8 uomini al comando di un ufficiale, elmetto indossato, nessuna motivazione della condanna. Ufficiali di Stato Maggiore da soli, gli altri ufficiali a due o tre per volta. Vietato l'accesso a soldati tedeschi o stranieri, o alla popolazione civile".

A Corfù non vi furono eccidi di massa come a Cefalonia. I militari italiani, da quello che si sa, rimasero internati nell'isola.

I tedeschi sgomberarono definitivamente l'isola il 30 settembre 1944. Vedi (Fig. 10).

 

CRETA

A Creta vi erano 21.700 italiani. Circa 20.000 vennero disarmati e di questi molti si dichiararono disposti a continuare a combattere con i tedeschi. Gli altri vennero considerati fuggiaschi. Dal settembre '43 inizia l'evacuazione dei militari italiani internati, completata nel febbraio 44. 11.828 tedeschi e 4.097 italiani.

Nel dicembre 1943 i militari internati sono circa 1.000.

Nel settembre '44 dopo l'evacuazione dell'Egeo rimasero a Creta, trasformata come "piazzaforte militare"

 

ALBANIA

Nel paese vi era un forte contingente di truppe italiane che non deposero le armi ma tentarono di aprirsi la strada verso l'Italia.

Ecco i principali avvenimenti:

9^ Armata.

Il Comando si arrese il 9.9.1943.

Divisione Arezzo.

Alcuni reparti del 226° reggimento fanteria si unirono alle Truppe della Montagna costituendo il battaglione "Antonio Gramsci".

Divisione Firenze.

Si oppose alla richiesta di resa dei tedeschi. Il 23.9.43 sostenne aspri combattimenti. La Divisione costituì il Comando Truppe Italiane della Montagna, con sede a Arbora, proseguendo l'attività contro i tedeschi per tutta la durata della guerra.

Divisione Brennero.

Alcuni reparti del 232° reggimento riuscirono a trasferirsi a Corfù dove combatterono fino al 25.9.1943.

Divisione Perugia.

Il Comando della Divisione e elementi isolati dei reparti si unirono alle Truppe della Montagna.

Vedi (Fig. 11).

 

FRANCIA

All'annuncio dell'armistizio quasi tutti i reparti italiani erano in fase di spostamento verso la Liguria; molte divisioni erano già in Italia.

Il disarmo delle unità italiane da parte dei tedeschi non incontrò grosse difficoltà e la chiusura degli uffici di posta militare avvenne il 9.9.43. Documenti da questo settore dopo tale data sono eccezionali. Interessanti quelli spediti con la Feldpost e localizzabili.

 

CORSICA

In Corsica vi era una preponderanza di forze liane che tennero testa a quelle tedesche e le costrinsero a riparare in terraferma.

Nel novembre del '43 la Corsica venne abbandonata e le unità destinate in Sardegna. La posta militare italiana funzionò quasi regolarmente tutta l'isola, ovviamente per la corrispondenza diretta al Sud. Vedi (Fig. 12), (Fig. 13), (Fig. 14).