Torna alla Posta Militare
pagina iniziale le rubriche storia postale filatelia siti filatelici indice per autori
Il generale che venne fucilato due volte dai russi
di Alberto CAMINITI (da http://www.acciesse.org/)





Fig.1 = Il Generale di Brigata Aerea Alberto Briganti

Poco conosciuto è lo straordinario episodio della 2^ Guerra mondiale che vide il generale di Brigata Aerea Alberto Briganti venir fucilato due volte dai sovietici, ma rimanere miracolosamente vivo; tanto vivo e vegeto da campare fino a 100 anni, anzi superare di parecchi mesi tale importante traguardo di longevità. A dimostrazione che il nostro Destino è già scritto alla nascita e non c’è pallottola alcuna che lo possa far cambiare! Andiamo però con ordine e partiamo dal ben noto e triste armistizio dell’8 settembre 1943, quando con un improvviso rimescolio di carte della Storia, chi era nostro alleato divenne nemico, ed i precedenti avversari diventarono di colpo alleati. Portiamoci nel Dodecaneso, allora meglio denominato “Possedimenti italiani del Mar Egeo “, con capoluogo Rodi che era la sede dell’Ammiraglio di Squadra Inigo Campioni che svolgeva colà la doppia funzione di Governatore civile e di Comandante militare dell’arcipelago.



Fig.2 = L’Ammiraglio di Squadra Inigo Campioni

 

 

 

 

 

  •       A capo delle tre Armi, vi erano:

    • Per l’Esercito: il Generale di Div. Michele Scaroina, comandante della Div. “Regina”;
    • Per la Marina: il Contrammiraglio Carlo Daviso di Charvenson;
    • Per l’Aeronautica: appunto, il Gen. BA. Alberto Briganti.

Malgrado la forte componente terrestre italiana, in quanto la 50^ Divisione Regina era in formazione ternaria, cioè su tre reggimenti di Fanteria (9° - 10° - 309°) ed uno di Artiglieria da campagna (il 50°), oltre a reparti vari autonomi, un grosso problema era rappresentato dalla recente presenza in Rodi della Divisione d’assalto germanica “Sturmdivision Rhodos“ con circa 8.000 uomini al comando del Gen.Div. Ulrich Kleeman, accampata in località Campochiaro, a circa 11 km. di distanza dal capoluogo. La componente corazzata e – soprattutto – le 9 batterie di cannoni semoventi e le 5 batterie da 88mm. (Flak) che erano di rinforzo alla citata Divisione, facevano però la differenza nel divario di forze e lo si vedrà, appunto, nei successivi combattimenti.
Ed arriviamo alla data fatidica dell’armistizio che non solo colse di sorpresa cittadini e militari, ma soprattutto interruppe la catena di comando vitale in tempo di guerra e fece cessare le comunicazioni fra Roma ed i vari contingenti dislocato all’estero. Inoltre il promemoria coi relativi ordini postarmistiziali impartiti dal Comando Supremo di Roma per Rodi non pervennero mai a destino, per un banale incidente. Infatti l’ufficiale- messaggero incaricato di recare a mano e per via aerea le istruzioni per Campioni, ancora il 9 settembre era fermo a Pescara, essendovi in corso un fortissimo temporale, per cui non si alzava nessun aereo.
Se Campioni però non fosse stato ultrasessantenne (1878 – 1944) e malandato di salute, e se avesse avuto un minimo di capacità decisionale, avrebbe da solo preso la decisione di resistere ai tedeschi, come in altri posti accadde (Mascherpa a Lero, Gandin a Cefalonia). Invece non ascoltò il gruppo di giovani generali (Briganti in testa) che avevano immediatamente realizzato la necessità di cogliere di sorpresa i germanici prima che si potessero organizzare. Campioni però era lì confinato perché il Duce aveva capito che le due battaglie navali del Luglio 1940 (Punta Stilo) e di Capo Teulada (successivo Novembre) erano state perdute dalla 1^ Squadra Corazzate, guidata da Campioni, proprio per il suo carattere ondivago e non determinato che non aveva saputo sfruttare la superiorità in armamenti delle nostre navi rispetto alla flotta britannica.




Fig.3 = Cartolina postale del 1943 da Coo per Vienne (Francia occupata); è la campionessa dei timbri di censura con ben 13 annulli fra tedeschi ed italiani





Fig.4 = C.P. 1939 viaggiata da Lero per Genova Fig.5 = Espresso n.3 Egeo /pro-assistenza e serietta Giotto 1938 (Sass.109-110). Notare la sovrastampa “Isole italiane dell’Egeo“

 



Fig.6 = Trattative coi tedeschi a Maritsa per evitare i combattimenti.

Per cui, malgrado i generosi atti di valore profusi dai nostri soldati a Rodi, i nazisti dopo quattro giorni di combattimento, sopraffecero il contingente italiano a Rodi. Dovevano adesso sbarazzarsi di quasi 15.000 militari fatti prigionieri, e così presero ad avviarli via terra (camion e treni) e via mare verso l’Italia del Nord, i porti greci ed i campi di internamento germanici in Polonia. Gli annali ci dicono che il dopo- resa fu peggiore dei combattimenti veri e propri, in quanto le due più grosse navi su cui erano stati imbarcati quasi 6.000 prigionieri, in primis avieri e marinai che i tedeschi consideravano più pericolosi in quanto si erano battuti con maggior vigore, vennero silurate dai caccia inglesi “ Fury” ed “ Eclipse “, sicchè annegarono 4.062 militari italiani con l’Orion e 1.800 col piroscafo Donizetti. Una vera strage!
Campioni, Briganti e centinaia di altri ufficiali finirono nei lager polacchi, ma sappiamo che dopo la liberazione del Duce dal Gran Sasso, il Furher si prese la sua personale vendetta ed un Tribunale Speciale riunito a Verona ordinò il 24 maggio 1944 la fucilazione di una decina di generali ed ammiragli, fra cui Campioni e Mascherpa che avevano “osato resistere“ a Rodi ed a Lero.



Fig.7 = Scheda da prigioniero di guerra di Alberto Briganti.

Torniamo però al protagonista del nostro racconto.
Briganti, rinchiuso in un lager polacco, subì angherie d’ogni genere, sopportò fame, gelo ed epidemie varie e le disumane condizioni di vita degli internati. Nell’inverno 1944-45 il fronte si approssimò ai lager ed i tedeschi decisero di trasferire i prigionieri più all’interno della Polonia, con dolorose ed estenuanti marce a piedi nella neve, con scarpe inadatte, scarsi indumenti e poco cibo. In pratica fu una marcia della morte, ma i nazisti non si curavano delle centinaia di morti lasciati insepolti nella neve. Briganti però aveva deciso di fuggire alla prima occasione, e così fece. Un giorno, in piena bufera di neve e con una fitta nebbia, mentre la colonna di internati attraversava un piccolo villaggio polacco, Briganti si staccò e con pochi altri (fra cui il gen. Francesco Arena che aveva comandato la gloriosa Divisione corazzata Ariete ad El Alamein) si rifugiò, non visto dai guardiani nazisti, nella casa di un contadino che li sfamò, scaldò e protesse. I nostri rimasero nascosti per parecchi giorni, ma il 28 gennaio 1945 i sovietici, che incalzavano i tedeschi in fuga, irruppero nel villaggio, rastrellando l’abitato casa per casa. Briganti, Arena e gli altri prigionieri italiani vennero individuati ed i russi, considerando gli italiani ancora loro nemici, senza molto pensarci, decisero di fucilarli sul posto e così Briganti venne fucilato (per la prima volta). Ma non morì, pur se era stato gravemente ferito. Riverso a terra e svenuto, con una temperatura che superava i 20 gradi sotto lo zero, fu salvato proprio dal freddo estremo che gli congelò il sangue delle ferite. Come d’uso i sovietici gli avevano anche inflitto il colpo di grazia alla nuca così come agli altri fucilati (Arena spirò accanto a Briganti); ma il Destino aveva voluto però che il proiettile colpisse il nostro generale pilota alla base del collo, per cui soltanto per pochissimi millimetri il colpo non gli aveva leso punti vitali.



Fig.8 = La casa di campagna davanti alla quale (vedasi la croce in basso) Briganti venne fucilato la prima volta.


Al risveglio Briganti si trascinò faticosamente verso la stessa abitazione in cui si era prima nascosto e cadde riverso su un pagliericcio per riposare e decidere il da farsi. Sfortunatamente una seconda pattuglia sovietica entrò nel villaggio ed i soldati entravano in tutte le case (i contadini locali erano tutti scappati a nascondersi sulle vicine colline) per arraffare qualsiasi oggetto che avesse un minimo valore. È notte fonda ma i russi hanno con sé delle torce e quando la luce di una di queste illuminò il viso di Briganti, un soldato sovietico gli sparò in piena faccia e da pochi metri. Briganti d’istinto alzò la mano destra per proteggersi, e così ricevette la pallottola sul polso e – come scoprirà in seguito – ciò gli salvò la vita in quanto l’osso del pollice deviò il colpo che centrò invece l’orecchio destro che prese a sanguinare copiosamente, inondandogli la faccia. Il russo si avvicinò, lo ritenne morto, gli strappò mostrine e nastrini dalla giacca (per lui erano un goloso trofeo!) e se ne andò con gli altri commilitoni. (2^ fucilazione).

La mattina successiva gli abitanti rientrarono, trovarono Briganti ancora sanguinante, lo curarono alla meglio e gli diedero un po’ di cibo caldo. Dopo una quindicina di giorni, il nostro generale venne visitato da un medico polacco che non aveva più medicine, ma gli disinfettò le ferite con l’alcool e gliele cosparse con strutto di maiale. Poi lo bendò con stracci puliti. In seguito Briganti con altri sopravvissuti italiani e tedeschi fu rastrellato dalle truppe sovietiche d’occupazione ed avviato in un campo di concentramento siberiano, nel quale rimase sino alla fine della guerra ed oltre. Quando venne liberato dai russi, Briganti con ulteriori peripezie e con lunghe marce a piedi (solo qualche tratto su treno) finalmente rientrò in Italia; erano i primi giorni dell’ottobre 1945 ed egli si ricongiunse con la sua famiglia che era sfollata in Veneto. Solo dopo parecchi altri mesi riuscì a rimettersi completamente ed a presentarsi ad un Comando, chiedendo di essere riammesso in servizio attivo (vedasi la breve successiva biografia).
Non è certo da tutti essere fucilato due volte, né è da tutti morire serenamente nel proprio letto e dopo aver superato ampiamente il bel traguardo del secolo di vita!

Cenni biografici:

ad ampliamento dell’argomento, aggiungiamo qualche notizia biografica del nostro Generale.
Importante era stato, per Briganti, l’incontro con Italo Balbo e la successiva amicizia che ne era nata. Ecco un affettuoso telegramma di Balbo quando Briganti assunse il comando della Regia Aeronautica dell’Egeo. (Figura n.9)


Briganti nacque ad Umbertide (Perugia) il 22.12.1896. La carriera militare di Briganti non inizia nel cielo ma sul mare, in quanto, diplomatosi al Nautico di Livorno si arruola nel 1916 quale Guardiamarina di complemento.

Nel 1917 consegue i brevetti di Osservatore e poi di Pilota di idrovolanti. Dopo la guerra è con D’Annunzio a Fiume e nel 1921 è in Libia (riconquista) quale Tenente di Vascello. All’atto della costituzione dell’Arma Azzurra (28.3.23) sceglie di passare nella Regia Aeronautica col grado di Capitano. In seguito è tutta un’ascesa:
1927: Aiutante di Volo del gen. Italo Balbo
1930-1933: Aiutante di campo del re V.E.III
1936: è Generale di Brigata Aerea
1938: comanda l’aviazione della Libia
1940: comanda la 1^ Zona aerea (ZAT)
1942: comanda l’aviazione della R. Marina
1943: comanda l’Aeronautica dell’Egeo.

Al rientro dalla prigionia, il 1.8.46 = Capo di S.M. aggiunto nella nuova Aeronautica
1.1.47 = Sottocapo di S.M.; l’1.11.47 = Segretario generale dell’Aeronautica. Nel maggio 1949 è Presidente del Consiglio Superiore dell’Aeronautica.
Dal febbr.52 al febbr.53 è Direttore dell’Aviazione Civile e del Traffico aereo e dal 1953 al 1954 è Presidente del Consiglio Superiore delle Forze Armate. Nel 1946 aveva raggiunto il massimo grado di Generale di Squadra Aerea. Muore a Roma il 2 luglio 1997, a 100 anni e sei mesi compiuti.
Abbiamo quindi qui visto un grande pilota ed un vero eroe d’Italia.
Scrisse il libro: “Oltre le nubi il sereno. L’uomo che visse tre volte“, pubblicato nel 2003 da Rossato Editore – Novale (VI). Da tale libro sono state tratte le foto nn.6/9 sopra esposte.
Nessuno meglio di lui, che aveva visto più volte la morte in faccia, avrebbe potuto – munito della Fede - darci un sereno resoconto della sua avventurosa esistenza. Lassù fra le nuvole, a due passi da Dio ……

Sitografia:
www.wikipedia.org/wiki
www.avia-it.com/
www.dodecaneso.org/regiainegeo.htm

27 maggio 2016



pagina iniziale le rubriche storia postale filatelia siti filatelici indice per autori