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le nuove strade della storia postale

di Giovanni Riggi di Numana

Recentemente abbiamo partecipato al Colloquio Nazionale di Storia Postale organizzato dall’Isti-tuto di Studi Storici Postali di Prato dedicato a “La storia postale nell’esperienza italiana fra pubblico e privato. Aspetti, questioni e problemi in epoca preindustriale e contemporanea”. Quando ci siamo iscritti eravamo reduci da un seminario dedicato alla trasformazione dei servizi postali dal 1997 al 2002 in Italia per il quale avevamo scritto un testo che ci sembrava in tema e che ci indusse a pensare che tra tutte le esperienze italiane “fra pubblico e privato in epoca preindustriale e contemporanea”, quella della recentissima privatizzazione delle Poste italiane fosse una tra le più importanti e contemporaneamente tra le meno conosciute. In conseguenza, sabato 28 febbraio scorso, ci siamo trovati in lista tra gli oratori del colloquio pratese, mescolato tra illustri studiosi e ricercatori di cose posali del nostro paese. Abbiamo anche scoperto che eravamo buoni ultimi a parlare perché l’impeccabile organizzazione del Colloquio aveva suddiviso opportunamente gli interventi secondo un ordine strettamente cronologico. Abbiamo quindi ascoltato tutte le relazioni e siamo rimasti impressionati dal fatto che numerose di esse fossero dedicate alla storia postale del nostro lontano passato. Dalle prefilateliche dell’archivio Datini (D. Toccafondi), siamo passati alle diligenze postali di Siena (G. Pallini), alle strade di posta delle Toscana granducale (C. Badon), alle corrispondenze d’epoca napoleonica del dipartimento del Santerno (N. Bagni), all’archeologia ippopostale (A. Serra), alle riviste di storia postale (A. Cattani), alla telegrafia sottomarina del Mediterraneo nel 1800 (A. Giuntini) e a quella dell’Italia appena unita (S.Fari), alla storia della Dalmazia fra Austria e Italia (C.C. Cipriani) e ad una indagine sul “Badoglino”, quello strano francobollo contenente in diagonale la firma del Gen. Badoglio, che non sembra avere garanzie di paternità. Poi doveva esserci una relazione sulla Meccanizzazione postale in Italia che è mancata per l’assenza del relatore, impedito dal tempo inclemente e nevoso che colpì la Toscana quel mattino ed infine doveva chiudere gli interventi chi ha scritto queste note. Dopo tanta scienza dei relatori che mi avevano preceduto, io avrei dovuto raccontare qualcosa sulle recenti miserie postali italiane verificate in un momento di quell’incertissima e silenziosa guerra sulle telecomunicazioni (tra cui quelle postali) che si sta consumando in un mondo sempre più globalizzato, tra scaramucce vere e finte, tra interessi economici, politici e di potere e tra innovazioni tecnologiche inimmaginabili pochissimi anni fa. Ho avuto un attimo di panico perché pensando alle quiete e sballonzolanti diligenze postali, alle strade e alle regole postali del passato più o meno vicino che ebbero stabilità e continuità per decenni delle quali si era parlato fino a quel momento, mi sembrò di essere in un altro contesto, in un altro mondo e in un altro luogo. Credo di essermi ripreso subito e di aver detto qualcosa di razionale nei 15 minuti in cui ho potuto esprimermi, ma certamente ciò che ho riferito è soltanto una piccola, e modestissima parte di ciò che invece avrei dovuto e voluto dire.
Forse questa è l’occasione per aggiungere qualcosa, soprattutto qualcosa di confortante, perché quasi tutte le relazioni udite, bellissime e dottissime, che raccontavano affascinanti ed antiche storie di posta italica, degne di quell’antica scuola filatelica nostrana a cui anche io stesso ambisco appartenere, da me e da molti altri possono esser considerate riservate a poche decine, forse a qualche centinaia di studiosi, con ricadute collezionistiche intense e fuori dell’ordinario per alcuni, ma di interesse generale piuttosto limitato. In un momento come l’attuale, durante il quale l’associa-zionismo ed il collezionismo filatelico vedono ridurre i ranghi ed in cui o si possiede un portafoglio a fisarmonica per raccogliere qualcosa che possa valere un riconoscimento o ci si dedica alla raccolta delle figurine, probabilmente le migliaia di appassionati storico postali esistenti, oltre alle antiche storie di posta hanno bisogno di studi più vicini a noi ed hanno soprattutto necessità che qualcuno lo dica. La storia postale italiana, grande per le meravigliose storie che racconta e che ogni tanto bisogna rispolverare come nell’occasione di Prato o che deve essere scritta e letta su riviste e libri per la gioia di vecchi e nuovi studiosi, non può sopravvivere se dipende dalle antiche diligenze toscane, o dai cavi telegrafici sottomarini del 1800 o ancora dalle lettere tra Imola e Fano dell’epoca napoleonica o ancora dal francobollo, un oggetto che ormai è un reliquia del tempo che fu. Anche se gli argomenti sentiti a Prato possono smuovere qualche manipolo di nuovi appassionati e di nuovi ricercatori tra le polverose carte dei secoli passati, io penso che poco si stia facendo per studiare e trasmettere agli altri quanto è accaduto nei decenni appena trascorsi e perfino negli anni che stiamo vivendo.
A mio parere la Storia Postale non ha solo riferimenti al lontano passato, quelli che io stesso amo moltissimo, ma ha immense e straordinarie nuove avventure da raccontare che gli studiosi più avanzati di storia postale non possono trascurare ; molti di loro possono liberamente dire che non le amano, che non le apprezzano e che non si applicheranno mai al loro collezionismo, ma non potranno mai affermare di non averle vissute, di non conoscerle e di non sapere che sono frequentate dalla maggior parte dei collezionisti attuali. Contemporaneamente, se sono studiosi e collezionisti e se sono ancora vivi, devono accettare che la stragrande maggioranza degli “storico postali” contemporanei non sono abbienti, hanno poco tempo, sono assillati da problemi quotidiani sempre più invasivi e sono spesso anche più giovani d’età e di frequenza filatelica. Devono inoltre tener conto che la velocità e le esigenze della vita sono recentemente molto cambiate e, per dare una motivazione più precisa, che le recenti nuove storie postali spesso sono state così brevi e rapide che sono passate senza che molti se ne accorgessero. Vorremmo esser smentiti, ma pensiamo che un fatto così importante come il passaggio delle Poste italiane da pubbliche a private sia passato inosservato per moltissimi collezionisti : molti hanno vissuto il cambiamento del sistema e dei servizi postali degli ultimi velocissimi anni quasi senza batter ciglio, subendolo come ineluttabile e derivato da forza maggiore . Questa storia di cui siamo artefici e succubi, si riduce alla fine dei conti agli ultimi 5/10 anni della nostra vita, ha stravolto i criteri stabilizzati da più di 100 anni di poca mobilità del nostro collezionismo e a noi appare più straordinaria dell’innovazione postale portata dai Sardi nell’Italia conquistata circa 150 anni or sono. Le semplici regole postali ereditate dagli antenati si sono col tempo complicate, hanno trovato una esasperazione negli ultimi decenni del secolo scorso, ma oggi hanno a nostro parere imboccato una nuova strada, con una rivoluzione di criteri e di sistemi che probabilmente deve ancora esser digerita anche dai più modernisti tra i nuovi storico postali, io stesso compreso.
Una delle domande bonariamente tendenziosa che mi sono state rivolte a Prato dopo la relazione chiedeva il perché di un simile e così rapido trapasso da un sistema all’altro. Era posta da un illustre e noto storico postale d’oggi e sottintendeva che il cambiamento derivasse da una forzatura di tipo storico-politico-economico di qualche lobby nazionale a caccia di miliardi. La mia risposta è stata breve e facile, perchè il cambiamento faticoso e complesso più dell’immaginabile, senza tema di smentite, derivava dall’urgenza e dalla necessità assolute dell’Italia postale di entrare nel III millennio con una faccia nuova per confrontarsi con l’Europa ed il mondo, nel bel mezzo di un cambiamento epocale delle tecnologie postali e della comunicazione ed in un’economia di sistema che non dipende da colori politici, da gruppi affaristici o dalla moda. Era una necessità vitale per far uscire la nazione da un passato senza futuro.
O si cambiava o si restava indietro, spiazzati e terzo-mondisti. Aggiungiamo inoltre, che il cambiamento è stato tardivo e per questo improvviso, avventuroso e per quanto ne sappiamo oggi è ancora in corso, lasciando spazio a chi verrà dopo di noi..
Dopo questa improvvisa variazione quanti collezionisti di storia postale sanno che la franchigia non esiste più? e da quando? e che la tassazione delle lettere inesattamente o non affrancate è stata abolita? e che l’espresso e gli stampati sono scomparsi dai tariffari?, e che contemporaneamente sono nate innumerevoli forme nuove di pagamento e nuove voci postali, letteralmente inventate che non presentano riferimenti nemmeno al passato postale italiano di soli 10 anni fa?, e che il francobollo si sta trasformando in un oggetto antiquariale ed inutile perché comodamente e praticamente sostituito da etichette o da altre amenità simili, non ultima anche dal francobollo digitale fatto in casa?
Insomma tra cambiamenti filosofici, di legge e pratici, tra nuovi sistemi alternativi di comunicazione scritta e nuove regole, il cambiamento dell’Italia postale, e collezionistica, anzi storico postale, è stato straordinario come mai in passato e come forse non accadrà mai più in futuro.
Credo che materia di indagine, di ricerca e di studio per studiosi avanzati ce ne sia moltissima e che anche chi ama l’establishment storico postale può facilmente comprendere che ciò che è accaduto rapidamente, in silenzio e senza troppa pubblicità, può portare ad una evoluzione della storia postale e ad un ampliamento degli argomenti collezionistici.
Per concludere questo bel pistolotto a difesa della storia postale moderna e contemporanea e non per demolire quella del nostro grande e lontano passato, quella che io stesso prediligo nelle mie collezioni, credo di dover nuovamente dire che la storia Postale italiana non sta morendo e non si sta involvendo come forse le relazioni del Colloquio potrebbero lasciar intendere, ma si può e si deve evolvere in nuove forme e formule che partono dalla recentissima trasformazione delle Poste Italiane e che ci hanno spinto a partecipare, forse indegnamente, al colloquio di Prato. A conforto di tutti bisogna anche dire che per il breve tempo appena trascorso dall’inizio dell’ultima rivoluzione postale italiana, anche i meno esperti e tutti coloro che vorrebbero ma non possono dedicarsi al collezionismo classico o prefilatelico, potrebbero avere un futuro storico postale non marginale, inimmaginabile, pieno di sorprese e perfino di …... rarità. Come accadde a ciascuna delle generazioni di collezionisti che ci hanno preceduto. Basta applicarsi.
La storia postale antica, meno antica, moderna e contemporanea sono sequenziali, possono felicemente convivere e, attraverso il collezionismo degli invii postali nati in quest’ultima grande occasione, devono portare nuova linfa alla Storia Postale che purtroppo, grazie alla splendida evidenza del Colloquio di Prato, sembra avere le sue migliori e più pregevoli ma anche limitate armi di propaganda e di penetrazione nel tessuto collezionistico attuale nei dettagliatissimi, preci-sissimi e dottissimi studi su storie di posta lontane, poco conosciute e frequentate da pochi specialisti. Questa conclusione non è assolutamente una critica o un’obiezione negativa all’avvenimento pratese ma vuol essere uno stimolo ed una scommessa per il futuro, al fine di incrementare la presenza di nuove e numerose forze che si occupino dello studio postale del tempo più vicino a noi e che, malgrado il minor tempo trascorso, sappiamo aver grande bisogno di ricerca, di approfondimenti e di applicazione. 
Ringraziamo gli organizzatori del Colloquio di Prato per l’opportunità che hanno dato alla Storia Postale, per l’accoglienza ricevuta, per l’incomparabile sede in cui si sono svolti i lavori e per la precisa logistica di tempo e di modi con cui si sono svolti, auspicando che l’occasione si ripeta per lavorare nuovamente insieme.

 

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