MEMORIE
di Antonio Rufini

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Memorie di un anziano collezionista di storia postale (CIII parte):
BUSTE (O SOPRACCARTE) DI LETTERE RACCOMANDATE DAL 2/6/1946 AL 31/12/2001: METODI DI ACCETTAZIONE
Antonio Rufini

PREMESSA: la Posta Raccomandata iniziò in Italia addirittura dal 1600 circa e per molti anni del Regno l’accettazione fu sempre fatta in maniera uniforme dalle Poste nazionali (ministeriali); dal secondo dopoguerra del XX° Secolo, però, qualcosa qua e la cambiò ed i “modi” di accettazione variarono.
In questa premessa, che è “generale”, indicherò la normativa ed i metodi usati dagli Uffici Postali (U.P.) per l’accettazione di corrispondenze in Raccomandazione; quindi, nei paragrafi successivi farò sempre riferimento a questa premessa, senza ripetere pedissequamente quanto di seguito riferito; ed è parte integrante di questa premessa anche tutto ciò che sono obbligato ad aggiungere nelle note.

Per la classificazione dei “sistemi” postali di accettazione degli invii Raccomandati negli U.P. sono costretto a fare alcune preliminari distinzione sulla “casistica” delle spedizioni stesse, come appresso:

a) Invii con tassa pagata con francobolli da chiunque incollati sull’invio;
b) invii con tassa assolta con Affrancatura Meccanica (A.M.) di Macchine Affrancatrici (M.A.) di utenti privati autorizzati dalle Direzioni Provinciali o con M.A. d’Ufficio (cosiddette A.M.R.);
c) Invii in franchigia o semifranchigia o con tassa a carico;
d) Invii accettati con pagamento mediante Conto di Credito;
e) Invii accettati per autorizzazione o contratto o convenzione nazionale.

E all’interno delle cinque elencate classificazioni si sono verificate diverse tipologie di “accettazione” da parte degli Uffici Postali (U.P.).

La presente esposizione e quelle che seguiranno, senza aver la pretesa di essere uno “studio” completo ed esaustivo, intende presentare ai lettori le varie tipologie di Raccomandare accettate e circolate nei primi 55 anni di vita postale repubblicana (periodo di vigenza della Lira).

Come spesso mi capita, è mio intento di non fare il “copia e incolla” dell’opera di altri; mi viene immediatamente in mente il Catalogo Unificato di Storia Postale (U.S.P.) edito dalla CIF S.r.l. di Milano (un’opera editoriale fatta non bene ma benissimo); oppure i tantissimi scritti, in varie pubblicazioni, tutti a firma di Franco Filanci, senza contare le singole monografie settoriali apparse in questo periodico on-line e a firma di Marino Bignami); quindi cercherò di essere un pochino personale, vario, nuovo e innovativo anche con sconfinamenti nella parte “legale” che mi è più congeniale.

Preciso che i Regolamenti Postali precedenti, del Regno d’Italia, rimasero in vigore e per decenni anche dopo la proclamazione della Repubblica; le disposizioni regolamentari “generali” prescrivevano:
a) che l’accettazione delle Raccomandate dovesse eseguirsi solo negli U.P.(1);
b) che gli U.P. dovessero sempre controllare pesi e conformità degli oggetti da accettare(2);
c) che la Tassa di Raccomandazione fosse sempre anticipata dal mittente (il presentatore), senza possibilità di deroghe(3);
d) che la tassa venisse pagata mediante incollaggio di francobolli o impronte di M.A. anche di privati o dell’U.P.;
e) che i francobolli potessero essere applicati sia dagli Ufficiali Postali che dai mittenti;
f) che la tassa per la raccomandazione venisse aggiunta alla ordinaria tassa di invio, per peso e tipi di invio.(4)

La Raccomandazione era (ed è) una prestazione accessoria che consente al mittente di avere dall’U.P. una “ricevuta” della corrispondenza spedita (col relativo numero di invio attribuito dall’U.P. accettante), e talvolta per ottenere codesta ricevuta occorreva un piccolo pagamento in più (art. 99 Regolamento di Esecuzione <di seguito indicato solamente come “Regolamento”> dei Libri I° e II° del Codice Postale e delle Telecomunicazioni <Norme Generali e Servizi di Corrispondenze e Pacchi>).

Il destinatario, all’atto della consegna, era ed è obbligato alla sottoscrizione per ricevuta. Stessa finalità era (ed è) quella di conseguire, per il mittente, un’indennità in denaro in caso di smarrimento o perdita totale dell’invio (art. 48 Codice Postale e delle Telecomunicazioni <di seguito indicato per brevità solo con “C.P.T.”; nonchè art. 181 dell’Istruzione Servizio Corrispondenze <di seguito solo “I.S.C.”).
Per il pagamento dell’indennità al mittente, salvo casi fortuiti o di forza maggiore, erano equiparati allo “smarrimento” anche gli invii “non consegnati regolarmente” o non “recuperati” o quelli che ne avessero avuto il “contenuto sottratto” (art. 220 Regolamento e art. 181 I.S.C.).
In somma la Raccomandazione era (ed è) una sorta di assicurazione –in senso atecnico- che garantisse l’arrivo e la consegna dell’oggetto consegnato all’U.P. ma non ne garantiva –tecnicamente- il contenuto.

§1) - RACCOMANDATE AFFRANCATE, ACCETTATE CON MOD. 22-I (SENZA ETICHETTINA) E CON
GRANDE “R.N.” SULLA SOVRACCARTA O BUSTA PIU’ UN NUMERO PROGRESSIVO MANUALE
O DI TIMBRO MECCANICO
O SEMPLICEMENTE IL SOLO NUMERO DEL TIMBRO MECCANICO.

A) - Per gli U.P. ancora forniti di vecchio blocchettario Mod. 22-I la norma, tassativa, prevedeva che sull’oggetto da Raccomandare, al recto e nell’angolo superiore sinistro venisse impresso un timbro (metallico o in gomma) con una grande “R.N.” o solo “R” accompagnata dal numero (manoscritto), e poi successivamente da numeratore meccanico dell’accettazione(5), corrispondente (il numero) a quello progressivo del foglietto (compilato e bollato) da consegnarsi al mittente quale ricevuta.(6)
B) - Tale ricevuta (di cm. 10,5/11 x 4/4,5 era prelevata dal blocchettario (pre-perforato come un foglio di francobolli dentellati oppure mediante strappo <facilitato da un righello metallico> o mediante taglio con forbici); compilata a penna con indicazioni di mittente, destinatario, destinazione, costo dell’invio ed in più il bollo datario dell’U.P.); codesta ricevuta era consegnata al mittente.(7)
Mostro un paio di ricevute tratte dal predetto Mod. 22-I:

C) - Gli oggetti da spedire raccomandati potevano essere presentati all’U.P.: a) sforniti di affrancatura ed in tal caso i francobolli (corrispondenti alla tassa complessiva relativa) venivano incollati sull’invio a cura dell’impiegato postale e pagati contestualmente dal mittente; b) il mittente aveva la facoltà di presentare gli invii già affrancati e l’impiegato dell’U.P. aveva l’obbligo di controllare l’esattezza della tassazione (secondo il “tipo” dell’oggetto ed il peso che influiva sul <“porto”>, più la raccomandazione e gli eventuali altri servizi aggiuntivi richiesti <Via Aerea, Fermo in Posta, Espresso, Contrassegno, Assicurazione>); se la tassazione difettava la differenza veniva affrancata dall’U.P. e pagata immediatamente dal mittente; se l’affrancatura eseguita dal mittente esuberava dall’importo preciso veniva manoscritto a tergo(8) “affrancato dal mittente”; in entrambi i casi era obbligatorio oltre ai bolli obliteranti i valori anche un ulteriore bollo datario “assoluto” a fronte dell’invio; c) se l’invio stesso fosse presentato in U.P. dopo la partenza del dispaccio (cioè dopo il ritiro del sacco o i sacchi della posta in partenza fatto a cura di un Ufficio Principale o di Movimento <poi di un C.M.P.> che l’avrebbero smistata) a fronte dell’invio doveva imprimersi la dicitura “DOPO LA PARTENZA” con un timbro metallico ad inchiostra nero grasso; d) se l’invio raccomandato fosse accompagnato da Avviso di Ricevimento questo doveva essere presentato affrancato dal mittente altrimenti veniva affrancato dall’U.P. e pagato contestualmente dal mittente; quindi, se presente l’Avviso di Ricevimento, a fronte dell’oggetto accettato doveva imprimersi la grande dicitura “A.R.” in cartella (cioè riquadrata) e ad inchiostro nero grasso, ciò al fine di facilitare il lavoro successivo dell’invio negli U.P. nei quali sarebbe transitato.
D) - Aggiungo che nei giorni di chiusura e nelle ore di chiusura degli U.P. e nei giorni festivi l’invio raccomandato potesse essere presentato anche in un Ufficio di Movimento <scelto dal Direttore Provinciale nelle città con più Uffici di Movimento> con le stesse normali modalità per la presentazione ad un U.P., ma nei festivi e nelle ore di chiusura degli U.P. anche con l’obbligatorio supplemento Espresso <in tal caso la Raccomandata sarebbe stata recapitata non dal portalettere ma dal Fattorino dei Telegrammi>. Identica accettazione poteva eseguirsi nei giorni festivi di emissione presso gli Uffici Filatelici o presso Uffici temporanei o Speciali in occasione di Manifestazioni Filateliche; ed idem per le Raccomandate Espresso per città che potevano spedirsi dagli Uffici del Telegrafo nelle ore di apertura, anche festive (art. 170 I.S.C.; paragrafo 471 B.U. 22/1922 parte IIa, art. 98 B.U. 18/1983 parte IIa).
E) - Occorre tener presente che dal 1946 al 1954 in Italia non circolavano le penne ad inchiostro solido tipo Biro con punta a sfera; l’accettazione delle Raccomandate era “manuale” e negli U.P. s’usava l’inchiostro tannico (ferro-gallico) con penna di legno portapennini con infisso il “pennino” metallico da intingere nel calamaio(9); l’accettazione di Raccomandate veniva spesso eseguita così come poteva eseguirsi; io oggi sarei disposto a dire “alla buona”; le scritte però erano sempre leggibili e gli impiegati, fino ad una certa data (periodo Regno), per poter essere assunti furono costretti a superare perfino una prova scritta di “calligrafia” (sic!). Era lecito che talun impiegato usasse la propria personale penna stilografica da tasca (all’epoca, ante introduzione delle materie plastiche: oggetto costoso) io però non ne ho ricordo dell’uso specifico, nonostante abbia frequentato gli U.P. della mia città dal 1951. Ad inizio degli anni ’50 avevo 7 anni o poco più e rimanevo incantato, imbambolato dalla “liturgia” di accettazione delle Raccomandate che prevedeva: -pesatura su di una mega bilancia da salumiere, -estrazione da un cassetto chiuso del classeur di cartone pesante contenete i francobolli (cose che valevano un mucchio di soldi, come le banconote e dovevano essere “tutelate”) e -scelta di quelli occorrenti, -incollaggio dei valori (umettati con l’acqua di una spugnetta o di un cilindro rotante in bachelite) in posti ben adeguati sulla busta, -doppie scritte sul Mod. 22-I o 22-E e “asciugate” col tampone di carta assorbente e con strappo della ricevuta, -altre scritte sulla busta, -bollo tondo datario inchiostrato sul tampone nero e impresso dovunque a piacere, -incasso della tassa postale, -eventuale resto, -consegna della ricevutina e -immissione della Raccomandata in un sacco postale con grandi bande verticali (ben aperto) a fianco dell’impiegato. Quella speciale liturgia di accettazione manuale di Raccomandate -in quegli U.P. con quelle sedie e quei vecchi mobili di legno color noce e con paratie soprastanti in vetro anche smerigliato, con le tinte di soffitti e muri in color “pisciarella di caserma” e quell’odore particolare di fumo stagnante di sigarette e mozziconi di sigarette, col sentore di polvere di carte (tante carte), col rumore delle timbrature in altri sportelli vicini– orbene quella liturgia semplicemente mi ipnotizzava e la persona che accompagnavo nell’U.P., alla fine, quasi doveva scuotermi e svegliarmi dall’ipnosi per uscire dall’U.P.…….
F) - Era stata ammessa anche una procedura di accettazione “rapida” detta “all’americana” e della quale so solo che è esistita, ma quando me ne occupai, nel 1968-1969 per averne notizie, era già da anni ed anni caduta in desuetudine e nell’U.P. nel quale mi informai (Roma Centro) nessuno seppe darmi chiarimenti.
G) - Per quanto riguarda l’accettazione delle Raccomandate “in Distinta” rinvio alla mia precedente memorietta LXIV del 5/12/2023, specificando che dalle buste di alcune Raccomandate circolate non può discriminarsi con esattezza quale sia stato il tipo di accettazione che le singole Raccomandate abbiano avuto (in specie quelle “in Distinta”); ne tratterò nel prossimo § 3.

Vediamo, quindi, come si presentano, oggi, le Raccomandate, da me ritrovate e conservate, accettate come sopra riferito (cioè con grande “R.N.” + numero progressivo manoscritto o di timbro numeratore metallico oppure il solo numero di timbro meccanico):

















Seguono qui di seguito altre buste Raccomandate che ebbero il solo numero meccanico di accettazione, senza la lettera “R” né con timbro né manoscritta. Alcune sono di 45 anni or sono e altre vecchie di una trentina d’anni. Cosa può immaginarsi?

Tutti U.P. con timbri metallici “R.N.” rotti? Oppure desueto l’uso del predetto bollo?
Ci sono però da aggiungere due fatti verificatisi negli anni ’70 e ’80: a) l’abbondanza di Mod.22-O (ricalco) stampati dall’I.P.Z.S. (da usarsi per l’accettazione di Raccomandate con macchine affrancatrici tipo Citis) modelli ormai in abbondante disposizione delle Direzioni di Compartimento e di quelle Provinciali degli U.P., quindi facilmente usabili. Come?

La stessa Direzione Generale di Roma ne “inventò” (intelligentemente e di sana pianta) l’uso anche senza A.M.R: “…...gli Uffici sprovvisti di macchina affrancatrice Citis…...possono effettuare l’accettazione singola delle raccomandate a pagamento accompagnate dal Mod. 22-O a ricalco (ossia dallo stesso modello previsto per l’accettazione a mezzo macchina Citis), avvalendosi di un bollo numeratore a tre scatti, recante la denominazione dell’Ufficio e la lettera “R”……il Mod. 22.O/ricalco deve essere preventivamente compilato dal mittente e consegnato allo sportello unitamente all’oggetto da spedire……L’operatore dopo aver compilato il Mod. 22.O/ricalco con l’importo delle tasse, timbra col bollo datario e col numeratore a tre scatti le due parti (Atti Ufficio e Ricevuta) del modello stesso e dell’involucro affrancato del plico da spedire, accertandosi che i dati impressi siano leggibili……Eseguita l’operazione di accettazione l’operatore consegna al mittente la ricevuta (seconda parte della copia a ricalco) mentre conserverà la prima parte Atti Ufficio da includersi nella busta a soffietto Mod.22-O sulla quale indicherà il numero iniziale e finale delle raccomandate accettate nella giornata o turno di lavoro e imprimerà il bollo a data……Nei giorni successivi si procederà nella numerazione progressiva del numeratore fino al suo esaurimento, per ricominciare poi dal numero 00001……” (circolare DCAG/OM/811/CZ del 27/11/1972; paragrafo 90 B.U. 24/1978 parte II^; circolare DCSP/1/3/17698/165/82 pubblicata in Suppl. B.U. 18/1983 parte II^; nota DCSP/1/3/42622/176/86 del 26/2/1988).

Tale procedura aboliva di fatto l’uso dei blocchettari di accettazione Mod.22-I (e Mod. 22-E) di ogni epoca e snelliva i tempi operativi.

E’ possibile quindi che alcuni U.P., esaurite le scorte di blocchettari Mod.22-I o Mod.22-E e non essendone più possibile la richiesta di altri, abbiano effettuato immediatamente l’accettazione di invii raccomandati con nuovo pratico sistema (usando le Ricevute madre/figlia Mod. 22.O/Ricalco) e, non ancora provvisti del numeratore “specifico” con “R” e “nome dell’Ufficio”, abbiano usato i comunissimi, ordinari numeratori metallici usati per numerare originali/ricevute dei blocchettari Mod. 22-I e Mod.22-E, quasi sicuramente in attesa della fornitura dei “numeratori a norma” (quelli con grande “R” e nome dell’U.P.); si sa tutti che i tempi per la Pubblica Amministrazione, in Italia, sono sempre stati e sono ciò che erano e che sono…….

Ma alcuni invii col solo numeratore potrebbero, allora, essere stati realizzati anche per “emergenza” in caso di mancata manutenzione con conseguente stallo o rottura del numeratore “a norma” (con nome Ufficio e “R”), quindi indisponibile uso del “vecchio” numeratore con impiego “emergenziale” di numeratore semplice (solo numero, senza diciture).

In tali casi, oggi, è impossibile, compulsando le buste affrancate, poter discriminare tra gli invii usando il blocchettario Mod.22-I (senza tagliandino da incollarsi sull’invio) e quelli con l’uso del numeratore metallico semplice a tre scatti (emergenza o rottura del numeratore “a norma” oppure “pre-uso” del nuovo metodo veloce).

Tanto premesso, mostro codesti altri invii col solo numeratore “semplice”, ma precisando che per quelli dei primi anni ’80 sono propenso a credere che siano invii accettati col blocchettario Mod.22-I senza tagliandini da incollare su busta (per con coeva rottura/mancanza/indisponibilità del timbretto metallico “R.N.”) mentre per quelli degli anni ’90 dovrei presumere che siano invii accompagnati dalla ricevuta madre/figlia del Mod. 22.O/Ricalco (e di codeste spedizioni ne tratterò nel §3). Il mio giudizio è da “prendere con le molle” e tutti i lettori potranno intervenire per esprimere i loro pareri e le loro personali esperienze in merito.

Ecco quanto voglio mostrare:




Per i periodi tariffari in mie mani ho allegato le Raccomandate più belle e vistose senza tener conto dei “porti”; per i periodi tariffari mancanti nella mia raccolta (tanti) avrei dovuto: a) chiedere aiuto per diverse scansioni al Dr. Vitale, grande collezionista di affrancature con la Serie Ordinaria “Democratica”; b) chiedere altre scansioni a Marino Bignami, gran collezionista di Storia Postale periodo 1861-1961 (ed anche oltre); non l’ho fatto per non deprimermi scoprendo in tal modo quante belle (o bellissime) cose possiedano i due eccezionali filatelisti e quante poche ne abbia io in mano………..
Vada bene anche così!

Termino con pochi riferimenti alle sentenze della Corte di Cassazione riferite alla normativa postale, importanti per comprendere cosa siano le Raccomandate coi Mod.22 e le loro ricevute di accettazione:
- DOMANDA: che valore aveva la trascrizione a cura dell’Ufficiale Postale del numero di Raccomandata nel relativo riquadro del blocchettario Mod.22-I o Mod.22-E? RISPOSTA: “il timbro e il relativo talloncino appartengono alla categoria delle impronte certificative la cui funzione è quella di accertare la provenienza da un pubblico ufficiale o di provare il compimento di un determinato atto da parte dell’Amministrazione Pubblica (registrazione nel Mod.22-I o Mod.22-E della lettera da inviare per raccomandata): la loro alterazione configura il delitto di falso materiale in certificazione amministrativa” <così: Cassazione Penale 22/6/1982>;
- DOMANDA: che valore ha la ricevuta di Raccomandata? RISPOSTA: “La ricevuta della Raccomandata Postale costituisce atto pubblico e non semplice certificato amministrativo” <così Cassazione Penale 24/1/1984>;
- DOMANDA: quale efficacia probatoria ha la ricevuta della spedizione di una Raccomandata postale? RISPOSTA: “la ricevuta rilasciata al mittente che spedisce un plico a mezzo di Raccomandata semplice fornisce la prova della consegna del plico stesso all’Ufficio Postale competente ma non già anche della ricezione del medesimo plico da parte del destinatario, con la conseguenza che in ordine a tale ricezione sussiste, in caso di contestazione, solo una presunzione semplice” <così: Cassazione Civile 20/12/1985> che però non ha tenuto conto del Registro di consegna delle Raccomandate da parte del portalettere che viene firmato dal destinatario e in caso di rifiuto il fatto viene annotato, firmato, bollato dal portalettere stesso;
- DOMANDA: quale è la funzione del bollo a data e del numero apposti su lettera Raccomandata? RISPOSTA: “la funzione è quella di attestare l’esistenza di un atto pubblico, ossia la registrazione sul Mod. 22-I o Mod. 22-E di una lettera da inviare raccomandata, ne consegue che l’apposizione di un timbro con falsa data sulla busta della raccomandata integra il reato di falsità in certificazione amministrativa, invece il falso su registro bollettario Mod.22-I o Mod.22-E o sulla ricevuta della raccomandata postale cade su atti pubblici, costitutivi di diritti e di obblighi compiuti direttamente dal pubblico ufficiale coi quali si documentano le attività compiute dal pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni in esecuzione dell’accettazione della raccomandata” <così: Cassazione 27/1/1987>.

In precedenza ho trattato, qui su IL POSTALISTA, di bolli (B.T.C.) datari errati, ma per puro errore manuale, mostrandone un paio su belle lettere di corrispondenza raccomandate: devo aggiungere però, per mitigare quanto sopra riportato (decisioni della Corte di Cassazione) che a integrazione delle varie pronunce e quale esimente c’è comunque il principio generale di diritto per il quale, normalmente, l’errore esclude il dolo.

Non ho cancellato tutte le mie annotazioni a matita sulle singole corrispondenze per evitare di impazzirmi nel rimetterle al loro posto negli album dopo averle scansionate; per i lettori de IL POSTALISTA vada bene anche così: non saranno mica “deturpanti” le piccole mie scritturine con il lapis contenenti le poche lettere “TAR” + una barra ed un numero!

Annotazione in coda (ma più importante qui che nelle note in calce): anche le Notificazioni Giudiziarie, raccomandate “sui generis”, venivano accettate con “R.N.” e numero, nonostante il costo fosse maggiore e anche per due tipologie diverse (lettere o manoscritti) ed il trattamento di consegna diverso, con l’Avviso di Ricevimento Mod. 23-L (color verde) considerato anch’esso una Raccomandata; ne do un solo esempio:


Rileggendo questa memoria per emendare errori di battitura ed altro, mi sono accorto della notevole lunghezza del “testo” e delle note in calce (ma anche dei documenti postali mostrati, quasi una quarantina): il fatto è da attribuire ai molti riferimenti alla normativa postale ma che non mi saranno necessari per i prossimi successivi paragrafi. Per stavolta vada bene anche così.

 

NOTE:

1) – La norma era però elastica: a) durante il Regno e successivamente in Repubblica le Raccomandate potevano essere anche accettate da semplici procaccia e portalettere autorizzati, anche quelle gravate di assegno (con rilascio di ricevuta provvisoria Mod. 44 da sostituirsi quanto prima con ricevuta definitiva dell’U.P.) <art. 219 del Regolamento e art. 176 I.S.C.>; b) se in buca fosse stato trovato un invio regolarmente affrancato per Raccomandata, l’Ufficio di “levata” (cioè quello locale o di Movimento) era obbligato alla Raccomandazione di Ufficio, scrivendo questo fatto sull’involucro e trattandolo come Raccomandata autentica.
2) – I controlli riguardavano il confezionamento degli oggetti, la chiarezza e precisione dell’indirizzo e del destinatario: ammessa una persona con surrogazione di un’altra in assenza o impedimento; ammessa una persona perché rimettesse la raccomandata ad un’altra; ammesse due o più persone costituenti una Ditta o Società; ammesse due persone con lo stesso indirizzo; ammesso destinatario per il quale il nome fosse stato indicato con la sola iniziale ma il cognome per intero; ammesso che il mittente rifiutasse di apporre sulla busta il suo nominativo ed indirizzo e in tal caso le Poste facevano annotazione del rifiuto sulla busta e in seguito presumevano essere mittente chi esibisse la ricevuta (per tutti i casi: artt. 20-28 del Regolamento, artt. 73-220-221 I.S.C.). Non potevano accettarsi invii con apparenti segni di manomissione <art. 173 I.S.C.>. Non potevano essere accettati invii con francobolli inammissibili o ritagliati da Cartoline Postali di Stato o Biglietti Postali di Stato <artt. 60-74 I.S.C.>. Doveva essere ritirata la busta, ma consegnato il contenuto al mittente che doveva essere identificato, in caso di affrancatura con francobolli ritenuti falsi o alterati o composti da più parti di francobolli autentici <art. 217 Regolamento; artt. 58-59-64 I.S.C.>. La casistica era complessa; mi sono qui autolimitato ai casi più frequenti.
3) - se l’invio fosse esente da tassa ordinaria (es.: lettere al Papa o al Capo dello Stato) la richiesta di Raccomandazione era soggetta a tassazione. Non c’erano deroghe. Per un breve periodo i Sindaci, per le comunicazioni postali anche anagrafiche, furono ammessi ad una tassa ridotta; però se per l’invio fosse stata richiesta la Raccomandazione, oltre alla tassa ordinaria “agevolata” (ridotta) doveva pagarsi anticipatamente la Raccomandazione; non c’erano deroghe. E la norma riguardava anche la Pubblica Amministrazione (organi di Governo, Prefetti, forze di Polizia, Forze Armate, Amministrazione della Giustizia, Aziende Autonome dello Stato, Enti Pubblici Territoriali <le Provincie> etc.) Pur essendo ammessa la P.A. alla franchigia postale per la posta ordinaria (di qualsiasi porto), era soggetta alla tassa anticipata per la Raccomandazione. Detta normativa non coinvolgeva le spedizioni con tassa a carico dei destinatari.
4) - nel Servizio Corrispondenze erano compresi i seguenti invii per ognuno dei quali, cioè –tutti-, poteva richiedersi il servizio di Raccomandazione: LETTERE, CARTOLINE POSTALI DI STATO, CARTOLINE POSTALI DELL’INDUSTRIA PRIVATA, CARTOLINE ILLUSTRATE, BIGLIETTI POSTALI DI STATO, BIGLETTI DA VISITA, PARTECIPAZIONI <nascita, morte, matrimonio, laurea e simili>, AEROGRAMMI, PLICHI CGHIUSI, STAMPE, ESTRATTI CONTO DI GIORNALI/PERIODICI, CEDOLE DI COMMISSIONE LIBRARIA, STAMPE AUGURALI, STAMPE PERIODICHE E NON PERIODICHE, PIEGHI DI LIBRI, CARTE MANOSCRITTE, PACCHETTI POSTALI, CAMPIONI DI MERCE, INCISIONI FONICHE, CAMPIONI DI MEDICINALI. CAMPIONI SENZA VALORE, FATTURE COMMERCIALI APERTE, PERIODICI <politici, sindacali, culturali>, SPEDIZIONI MISTE. Per tutti codesti invii, alcuni a tassa molto agevolata, (Stampe, Pieghi di Libri, Estratti Conto dei Amministrazioni di Giornali/Periodici, Cedole di Commissione Libraria) la richiesta di Raccomandazione pretendeva il pagamento anticipato in U.P. della relativa tassa, anche se per alcuni invii la tassa stessa di raccomandazione era ridottissima; quindi per tutti gli invii da Raccomandare la corrispondenza non poteva essere “imbucata”, ma presentata in U.P. Perfino per la spedizione, agevolatissima <per 8 anni LIRE UNA ogni Chilogrammo o frazione di peso> di testi in punteggiatura Braille per ciechi la tassa di raccomandazione (anche se ridottissima <fino al 1954>) doveva essere pagata! Tanto per essere precisi posso affermare che per taluni invii a tassa ordinaria talmente bassa da poter essere considerata insignificante (es.: Estratto Conto dei Giornali) la Raccomandazione doveva essere pagata; per codesti invii, se esistono e non siano spudoratamente filatelici, si tratta di grandi rarità che potrebbero essere in mano solo ai Franco Filanci od omologhi e, se non le possiedano nemmeno essi, allora si tratterebbe di veri oggetti ipotetici ma da “sogno”! Suppongo che anche la pubblicità elettorale che ebbe una tassazione “simbolica” (per 20 anni, dal 1993 al 2004 solo 70 Lire, cioè 0,04 centesimi di €uro fino a massimo gr. 70 di peso) potesse essere spedita in raccomandazione; la mia supposizione è però solo “in linea teorica” perché dubito che un fatto così eccezionale possa essersi realmente verificato.
5) – appena ho trovato che a destra della grande “R.N.” vi fosse il numero di invio non manoscritto ma timbrato con numeratore metallico e senza “cartella”, cioè senza riquadratura; la cosa mi ha sempre lasciato interdetto a meno che il numeratore metallico fosse in sostituzione d’emergenza di quello “in cartella” <ne tratterò nel § 3)> mancante o rotto e non sostituito a cura della Direzione Provinciale e il timbro “R.N.” fosse stato messo ad abundantiam per evidenziare il fatto che l’oggetto doveva essere trattato come “raccomandato” e non come corrispondenza ordinaria. Aggiungo che la prescrizione di “in alto a sinistra” venisse spesso disattesa e “R.N.” + numero apposti ove v’era il posto: a) per il poco spazio e lasciato libero dall’affrancatura (all’epoca il formato “tipo” delle buste da lettera era il 9 x 14 cm. ma anche meno, dato che si risparmiava su tutto, anche sulla carta (le buste più piccole costavano di meno); b) per timbri o diciture a stampa sulla busta da raccomandare (durante il boom economico italiano <1949-1965> esplose anche il vezzo, per Ditte e Società ma perfino singoli professionisti, di usare buste da lettera con grandissime diciture pubblicitarie spesso a colori e realizzate tipograficamente), timbri e stampe occupanti anche per un terzo tutta la busta <parte alta del fronte/busta>). Per avere un’idea di massima su quanto potessero essere “occupanti” le diciture pubblicitarie su busta (medio-grande, formato americano) di Raccomandata, invito i lettori a visionare le scansioni 1-5-6-9-11-13-15-19-21-24-25-29 della mia precedente memoria n° 89a.
6) – Ho visto anche oggetti con una grande “R” di tipo ottocentesco, in carattere corsivo e con svolazzi. Per emergenza, però, poteva anche manoscriversi, come sopra mostrato, una grossa “R” o la parola completa, sempre manoscritta “Raccomandata” + il numero di accettazione. E’ anche possibile che allorquando il mittente presentasse la busta con timbretto privato già impresso “RACCOMANDATA” o etichetta colorata a stampa e incollata per evidenziare la richiesta della raccomandazione, nell’accettazione dell’invio venisse considerato superfluo mettere anche il timbro d’Ufficio “R.N.”. Vedasi a tal proposito le precedenti scansioni 2), 5), 10), 14), 19), 20), 21), 23), 32), 33), 34), 35), 36) e 38). Però su tale evenienza sono parzialmente dubbioso.
7) – Per quanto riguarda le ricevutine Mod.22 rinvio alla mia precedente memoria 92a pubblicata su IL POSTALISTA dell’8/4/2025.
8) la normativa prescriveva “a tergo”. Io ho trovato molte Raccomandate affrancate in eccesso dai mittenti, quindi con l’annotazione manoscritta “affrancato dal mittente” a cura dell’Ufficiale Postale (sono degli anni dal 1975 in poi), ma in esse l’annotazione è sempre “al recto”, cioè sulla parte frontale e vicino (sopra o sotto) ai francobolli ivi incollati. Non sono riuscito ad appurare se fosse stato disposto dal Ministero delle Poste un ordine di servizio diverso o se la prescrizione di annotare “a tergo” fosse caduta in desuetudine.
9) Dubito che i lettori con meno di 70 anni d’età abbiano mai visto le “penne” coi “pennini” (a meno che non si siano occupati di grafica). Io me ne sono conservati circa 200 di vari tipi e con scatolette originali d’epoca, cioè d’anteguerra (in maggioranza sono prodotti dalla Presbitero di Milano e dalla Perry & Co. di Londra) e li ho usati sul serio: fino alla terza classe Elementare solo quelli c’erano per scrivere (ma poi arrivarono a “salvarci” le penne a sfera tipo Biro della Mondial Lus di Saronno)! Ne allego più avanti una mia foto. La Signora che gestiva la Cartoleria Tirelli in Via Prisciano una venticinquina d’anni or sono mi disse che i “pennini” si vendevano ad uno o due €uro o più cadauno; restai stupefatto; ne avevo più di 200; che per caso avrei dovuto metterli nella cassetta di sicurezza a muro, assieme all’orologio d’oro bianco di mia moglie? Nell’uso dei pennini c’era un pericolo immanente: la punta del pennino con la pressione della mano s’apriva e richiudendosi strappava dalla carta (quella non di qualità) una piccola fibra di cellulosa che restava imprigionata sulla punta, prelevava anch’essa l’inchiostro e sbavava la scrittura, così il pennino doveva essere pulito a mano in un apposito e importante “pulisci pennino” (due semplici cerchietti di cuoio leggero con all’interno due cerchietti di pannolenci, il tutto tenuto assieme da un fermaglio passante al centro); a scuola nessuno ne era privo. Ebbi un amico coetaneo, Tonino soprannominato “Pommidoro”, che in prima o seconda elementare, con un compagno di classe elusero ogni controllo, scappairono da Scuola, presero il Tram, arrivarono all’inizio della Via Ostiense, salirono sul Treno per Ostia e colà giunti, in uno Stabilimento Balneare si impadronirono di un “moscone” a remi (forse il “pattino rosso di salvataggio”) ed iniziarono a remare di gran lena per andare in Africa. Li acciuffarono a varie centinaia di metri dalla battigia e furono portati dai Carabinieri che avvertirono i genitori. Pommidoro aveva con sé il tascapane con all’interno la merenda ed un “pulisci pennino” perché, cosi riferì, appena arrivato in Africa avrebbe scritto alla madre per farla stare tranquilla che la traversata era andata bene….. Con i ricordi personali a tema “pennini” mi arresto qui. Però anche con gli inchiostri non mi sono risparmiato: ho conservato due bottigliette in vetro di inchiostri (per ricarica di penne stilografiche da tasca) ed un mega flacone da circa mezzo litro di inchiostro della Pelikan; prima del 1967, quando gli atti notarili si scrivevano a mano e su carta da bollo ma con inchiostro nero tannico, mi dissero che l’inchiostro prima dell’uso doveva invecchiare per almeno tre anni; il flacone Pelikan l’ho acquistato prima del 1980: si sarà ben “decantato”? E tanto per non farmi mancare nulla ho conservato due tamponi di legno per carta assorbente ed un flaconcino di SCOLORINA della Balma & Capoduri S.p.A. di Voghera (qualcuno forse saprà cosa sia stata……..altrimenti mi scriva e lo spiegherò in dettaglio <rufini44@libero.it>). Vedere le mie foto amatoriali qui appresso.


il 14 ottobre

Antonio Rufini
18-07-2025

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