MEMORIE
di Antonio Rufini

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Memorie di un anziano collezionista di storia postale (XCV parte):
RICORDO GLI UFFICI POSTALI DELLA MIA CITTA’
ROMA NOMENTANO
Antonio Rufini

§ 6) – Eccoci giunti a Roma Piazza Bologna, una bella piazza medio-grande con un giardinetto al centro e nella quale convergono nientemeno che otto strade, quindi piena di traffico anche con autobus del Comune e con una Stazione di Taxi; ma la Piazza è dominata dal fabbricato dell’Ufficio Postale Roma Nomentano.

Per spiegare “il perché” della costruzione di cinque nuovi U.P. in Roma negli anni ’30, compreso questo di Piazza Bologna, rinvio al mio paragrafo 1 (Roma Appio, in: IL POSTALISTA 10/9/2024).
Questo bel fabbricato, imponente, cioè la sua progettazione e direzione dei lavori, vennero messe a concorso che fu vinto nel 1933 da Mario Ridolfi (1904-1984).(1)
Si tratta di un lungo parallelepipedo rettangolo con le estremità piegate, convesse e stondate che annullano gli angoli tra la Piazza e le Vie Severano (a Nord-Est) e Ravenna (a Sud-Ovest); la parte centrale della costruzione, con gli ingressi multipli del salone per la clientela, è concava; le aperture dell’ingresso sono protette da una pensilina aggettante, curva e convessa ma rastremanta ai lati e che fa “contrasto” con la facciata: questa concava e la pensilina convessa.
I due piani superiori ed il piano terra non occupato dal salone per il pubblico sono destinati ad uffici; la distribuzione e sul retro (Via Monaci) molto sacrificata per quanto riguarda l’accesso.
Nonostante i molti fabbricati che si affacciano nella piazza, alcuni veramente alti, Roma Nomentano non risulta soffocato dalle altre costruzioni, anzi le domina.
La copertura esterna dei muri è stata realizzata in travertino di Magliano che oggi è in color nocciola; potrebbe dipendere però dall’inquinamento atmosferico che nella piazza, complici automobili e bus è terribile.
Davanti, parte centrale della costruzione, c’è l’ingresso per il salone dedicato al pubblico, salone che è leggermente rialzato dal piano strada, accessibile tramite una notevole bella e comoda scalinata in marmo.
La cosa meravigliosa del fabbricato è proprio il salone per il pubblico con pilastri che sorreggono il controsoffitto (acciaio e vetro, molto luminoso) che delimita la zona “scrittura” (sull’entrata) dalla zona “sportelli di lavoro”, in fondo, lato opposto all’entrata. (2)

Negli anni ’80 e ’90 dello scorso secolo, allorquando il lavoro relativo al Settore “corrispondenza” fosse particolarmente gravoso, l’accettazione delle spedizioni “a firma” veniva fatta in un relativamente piccolo locale, quasi triangolare, che aveva accesso dal “Salone”, a destra entrando; le accettazioni di posta “a firma” erano eseguite in tre o quattro sportelli, tutti forniti di A.M. tipo Citis.

Il mio giudizio estetico è che il palazzo delle Poste di Piazza Bologna, una chiara ed esplicita realizzazione in stile razionalista italiano dell’epoca, dopo il fabbricato di Piazza San Silvestro (costruzione settecentesca rimaneggiata) sia il secondo più bell’Ufficio Postale di Roma. Di tutti gli edifici postali degli ultimi 100 anni è il migliore, il più innovativo e personale ed il suo salone per il pubblico è il più bello di tutti gli altri della mia città.
Il fabbricato avrebbe potuto avere più piani di quelli effettivamente realizzati, ma forse negli anni ’30 non ce ne era bisogno e le richieste al progettista vennero limitate ai piani poi effettivamente realizzati; all’epoca non c’erano limiti di cubatura per lo Stato(3) e non era nemmeno stata emanata la Legge Urbanistica (1941) che prevedeva una “licenza” del Sindaco per la costruzione di edifici ma, anche se fosse successo, secondo le norme amministrative dell’epoca il Regno d’Italia cioè lo Stato (Organo amministrativo di grado gerarchico superiore) non era tenuto a chiedere “licenza” al Comune (Organo amministrativo di grado gerarchico inferiore); preciso poi che, da metà degli anni ‘20 dello scorso secolo nella capitale del Regno non vi era più l’Amministrazione Comunale eletta (con Sindaco e Giunta) ma un Governatorato tenuto da un Governatore (un Prefetto o altra alta carica del Regno) nominato direttamente dal Governo centrale fascista perché venne ritenuto non prudente lasciare l’amministrazione della Capitale del Regno in balia delle bizzarrie di amministratori eletti, localmente scelti dagli elettori (solo i maschi maggiorenni) cioè dal popolo, dal “popolino” di noi romani, volgo indistinto e indifferenziato com’eravamo considerati……Andò però così. Punto e basta.

Inizio quindi e prima di tutto a mostrare le foto attuali dell’Ufficio Postale:





















Tutte le foto, in principio, dell’U.P. di questo 6° paragrafo, sono state scattate da me così ho evitato i soliti possibili problemi di infrazione alle norme sul diritto di copyright; non possiedo un “grandangolo” per la mia macchina fotografica elettronica quindi m’è stato difficile scattare foto veramente panoramiche; l’immagine satellitare allegata del bel palazzo di Roma Nomentano l’ho tratta da Internet (Googlemaps) quindi immagine condivisa per motivi di studio con finalità anche didattica esercitata non a fine di lucro.

 

NOTE:

1) – Ho letto, ma non ricordo dove, che per l’approvazione finale del progetto, al posto della nominata Commissione giudicante decise direttamente il Presidente del Consiglio dei Ministri di allora, cioè il Cav. Benito Mussolini! Prego prendere il mio ricordo col beneficio di inventario: potrebbe essere una delle tantissime “balle”, una delle migliaia di favole, sia nel bene che nel male, accreditate al Mussolini……..

2) – Non ho potuto realizzare personalmente la foto dell’interno del salone per il pubblico per il problemaccio della “privacy”, rappresentato dagli utenti ivi presenti che non possono essere ripresi se non previo loro consenso scritto (sic!); non ho trovato nulla nel web né recente né a colori se non la foto in b/n qui sotto che però deve essere vecchissima, di prima degli anni ’70, cioè precedente alla costruzione delle barriere di sicurezza in vetro blindato “anti effrazioni” sopra i banconi dei posti di lavoro:

comunque la foto rende pienamente giustizia al bellissimo salone, dalla luminosità abbagliante realizzata, dal lato verso la Piazza, tutta a vetri, con le porte d’accesso e col controsoffitto pure in vetro riflettente che si stacca dai sei pilastri di marmo nero (dicono che sia del Belgio, io la prima volta supposi che fosse basalto dell’Etna tagliato in tanti cilindri, sul tipo delle forme del Parmigiano Reggiano, poi sovrapposti e cementati!) mediante sei travi d’acciaio curvati sulla parete opposta all’ingresso. Ottima realizzazione, idea veramente architettonica.

3) – Il Comune di Roma si era già dotato di un preciso Piano Regolatore e di un Regolamento Edilizio (anno 1909) e molte delle norme di tale Regolamento sono ancora valide, nonostante i più di 100 anni trascorsi.

a giugno

Antonio Rufini
22-05-2025

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