MEMORIE
di Antonio Rufini

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Memorie di un anziano collezionista di storia postale (CI parte):
AI CARI ESTINTI – BANCHE:
LA BANCA COMMERCIALE ITALIANA S.p.A. DI MILANO
Antonio Rufini

§2) – La Banca Commerciale Italiana Società Anonima venne costituita il 10/10/1894 a Milano da un consorzio di grandi banche tedesche, austriache, svizzere e francesi; ebbe fino alla sua fusione in BancaIntesa la sede in Milano ed è sempre stata una delle banche più importanti del Regno d’Italia e successivamente della Repubblica Italiana.

Dalla costituzione e fino al 1907 ebbe come Presidente l’Ing. Vimercati di Milano (1836-1907: Conte, Senatore del Regno d’Italia e Prefetto di Napoli dal 1881 al 1888).
Fino a circa l’anno 1930 ebbe come attività principale il credito alle grandi imprese industriali italiane (siderurgiche, meccaniche, elettriche, telefoniche, chimiche, ferroviarie e dei lavori pubblici) e pertanto venne coinvolta nella profonda crisi delle industrie e delle Banche che si verificò nel primo dopoguerra e durante la grande crisi finanziaria mondiale post il crollo della Borsa di New York (29/10/1929, il famigerato “Martedì nero”).

Venne salvata dal crack (assieme alle grandi industrie nelle quali non solo partecipava ma anche finanziava) dalla riforma del sistema bancario-industriale ideato da Beneduce anche con la costituzione dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale – IRI (la cosiddetta “Riconversione Postbellica”).(1)
Avendo aperto sportelli in oltre 30 Province del Regno d’Italia e delle Colonie, fin dalla riforma della Legge Bancaria fu una BANCA DI INTERESSE NAZIONALE e, come tale, le sua Azioni potevano essere possedute esclusivamente da cittadini italiani e da Società con sede nel Regno d’Italia.

La Banca Commerciale Italiana è stata anche sempre conosciuta col suo acronimo dell’indirizzo telegrafico, cioè COMIT; dopo il 1929 e a seguito dei Patti Lateranensi tra Stato e Chiesa Cattolica gestì le somme che il Regno d’Italia si era impegnato a versare alla Chiesa.

Anche per la COMIT mi vergogno a fare il “copia e incolla”, per esempio dall’ottimo lavoro del Colajanni per Newton Compton (1995, esaurito ed ormai introvabile perfino in eBay), quindi sarò estremamente stringato nel riportare fatti ed eventi della Banca, cioè i più importanti.

Come molte altre Banche italiane ed Istituti pubblici, dopo la sperimentazione delle Poste per l’uso di macchine affrancatrici del 1927, la COMIT è stata anche tra i primi utilizzatori di Macchine Affrancatrici postali (M.A.) per privati:



Negli anni ’30 la COMIT, diventata controllante di giganti industriali (TERNI, ILVA, ITALGAS) venne ricapitalizzata dal Ministero del Tesoro del Regno d’Italia (tramite l’IRI, come anticipato) ed in contropartita cedette all’IRI medesimo tutte le sue partecipazioni industriali contribuendo (con le altre Banche in identica situazione <molte partecipazioni in cassa ma niente denaro>) a rendere l’IRI quel gigante industriale che fu per il successivo mezzo secolo e più.

A seguito dell’entrata dell’IRI nel capitale di COMIT la Banca: a) venne gestita dal 1933 e fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, ma anche nel dopoguerra, da ottimi dirigenti, tutti antifascisti: il vastese Raffaele Mattioli (1895-1973), il londinese Giovanni Malagodi (1904-1991, deputato della Repubblica, poi Senatore e Presidente del Senato, Ministro del Tesoro, Segretario e Presidente del Partito Liberale Italiano), il siculo/romano Enrico Cuccia (1907-2000, Presidente di Mediobanca) e il palermitano Ugo La Malfa (1903-1979, Ministro dei Trasporti del Regno d’Italia, Deputato della Repubblica Italiana, Ministro del Commercio Estero, Ministro del Bilancio, Vice Presidente del Consiglio dei Ministri, Segretario del Partito Repubblicano fino al 1975); b) le azioni della COMIT non vennero trattate in Borsa per scelta dell’IRI; c) l’attività bancaria fu indirizzata esclusivamente alla raccolta del risparmio e alla concessione del credito ordinario a breve termine e tale situazione restò immutata fino all’inizio degli anni ’90.

Dopo l’introduzione del nuovo Codice Civile del 1942 che ricomprese la materia “Societaria” nel Libro del Lavoro (abolendo i vecchi codici commerciali del Regno d’Italia) anche la Banca Commerciale Italiana Società Anonima rimodellò la propria denominazione in Banca Commerciale Italiana S.p.A..

La Banca Commerciale Italiana si distinse sempre, in Italia, per: a) il finanziamento al mondo della cultura e dell’arte; b) per l’espansione dell’attività all’Estero; c) per espansione dell’attività in Italia (al momento della privatizzazione aveva oltre 700 sportelli bancari aperti in tutta la penisola).

L’IRI fece riquotare il Borsa le azioni della COMIT nel 1970 (cioè dopo 35 anni di assenza!) unitamente a quelle delle altre due Banche di Interesse Nazionale, cioè CREDIT e di BANCOROMA.




La famiglia D’Alì (siciliana) vendette alla COMIT la Banca di Trapani; con questa acquisizione la Banca Commerciale incrementò l’attività anche in Sicilia e poco dopo, mediante la creazione di varie Società collegate e controllate iniziò a praticare (riprarticare) il credito alle Imprese, cosa che le era stata interdetta dalla Legge Bancaria degli anni ’30, superata e travolta dalle normative liberistiche dell’Unione Europea, cosa sulla quale non mi pronuncio per non rischiare di sconfinare in insulti e cattive parole dato che: a) il “sistema” bancario andava bene così com’era stato concepito negli anni ’30 (non era un “orologio svizzero” ma era ben oliato e funzionante) e b) che quello stesso “sistema” aveva permesso all’Italia la rinascita postbellica ed il “miracolo economico” italiano degli anni ’50 e ’60 (quarta potenza economica mondiale, dopo U.S.A., Giappone e Germania). E noi cittadini potemmo scoprire, ma solo dopo il 2010, che l’aver concesso alle Banche il credito industriale a lungo termine (in particolare quello edilizio/immobiliare/fondiario) avrebbe portato alle disgrazie nazionali di varie Banche “popolari” e di un Istituto di Diritto Pubblico quasi finiti in stato di insolvenza, ma salvati dalle finanze dello Stato Italiano, con molti risparmiatori coinvolti nei BAIL-IN e tutti i cittadini nell’intervento finanziario pubblico con le loro imposte e tasse versate al M.E.F..

Nel 1994 la COMIT compì il secolo di vita e nello stesso periodo l’IRI (guidato all’epoca da Romano Prodi) decise la privatizzazione della Banca, mettendo sul mercato il 33% del capitale COMIT posseduto.

La Banca Intesa S.p.A. di Milano (risultante dalla fusione della Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde S.p.A. di Milano con il Banco Ambrosiano Veneto S.p.A., anch’esso di Milano) con OPA, nel 1999, acquistò il 70% del capitale di COMIT, rilevandone anche tutte le varie partecipazioni internazionali; l’acquisizione, da parte di BancaIntesa del 70% del capitale della COMIT fece immediatamente supporre una fusione a breve termine dei due grandi gruppi bancari, con unificazione di amministrazione, obiettivi, sportelli bancari, investimenti, giacenze e clientela.


La COMIT si fuse con BancaIntesa S.p.A. il 24/4/2001 per formare, come già accennato, il grande gruppo bancario che prese la denominazione di INTESABCI S.p.a., denominazione che ebbe breve durata (fino al 18/12/2002); dal primo gennaio 2003 qualunque riferimento alla COMIT, nel nuovo gruppo bancario, di fatto scomparve.

Termino, a questo punto, la storia della COMIT accorgendomi che stavolta mi sono autolimitato nel mostrare gli oggetti postali, dato che nella precedente memoria a tema Credito Italiano forse ebbi ad “esondare” un pochino.

Tutte le corrispondenze della COMIT che ho mostrato ebbero la finestra trasparente e niente fogli interni con la “vera” lettera inviata (quindi ignoti tutti i destinatari; meglio, così: niente problemi di privacy); le “destinazioni” di ciascun oggetto postale le ho desunte proprio dai bolli di distribuzione al verso di ciascuna busta.

Ed in fine di questa memoria a tema BANCA COMMERCIALE ITALIANA S.p.A. (veramente un “Caro Estinto”) allego due immagini della vecchia, storica sede della COMIT in Milano piazza della Scala (foto da due angoli diversi con giornate dal cielo coperto, grigio tipico di Milano e giornata serena col sole), vecchia sede sociale restata tale e immutata dall’inizio del 1900 fino alla fusione, mediante incorporazione, della COMIT in Banca INTESA col predetto cambiamento della denominazione dell’incorporante in “INTESABCI” (o IntesaBCI: le tre ultime lettere stavano proprio a significare Banca Commerciale Italiana!). Progetto architettonico per la storica sede, opera del milanese Luca Beltrami (1854-1933) “in stile” col vicino Teatro alla Scala. Aggiungo anche il vecchio indimenticabile “marchio” della BCI (visibile anche nella grafatura interna della busta da lettera, mio allegato n° 6).

Le immagini sopra allegate le ho tratte da internet (Wikipedia), quindi immagini condivise per motivi di studio con finalità didascalica-educativa esercitata non a fine di lucro.
La COMIT ebbe una sede secondaria anche in Roma (Via del Corso 226), in un bel fabbricato quasi “storico” ideato da G.B.Casati/L. Beltrami/M. Piacentini, iniziato prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale ed ultimato in periodo di crisi postbellica; edificio che con la mia fotocamera elettronica Nikon senza obiettivo grandangolo non sono riuscito a fotografare; vada bene anche ciò che mostro qui appresso (foto dell’archivio storico della COMIT, così anche qui –zero- problemi di copyright) con doppia veduta della facciata <da Est e da Ovest> e scorcio del salone interno:

Arrivederci alla prossima memorietta, terzo ed ultimo ricordo a tema delle indimenticabili B.I.N..

 
NOTE:

1) – per il salvataggio di imprese e banche italiane sull’orlo del fallimento nei primi anni ’30 del XX° Secolo rinvio al mio §1 cioè alla “Memoria” 97ª relativa al Credito Italiano.

il 16 settembre

Antonio Rufini
12-06-2025

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