digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

kibeba
Angola, 30 maggio 2008, Michel 1802
 
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Filatelia Tematica



Spedizione africana per l’allegra Brigata di Cucina del Postalista, che si avventura appena a sud dell’Equatore per assaggiare un piatto che ben riassume le caratteristiche principali della cucina dell’Angola: la kibeba.

Per assaggiarla abbiamo deciso di venire in quello che può essere considerato il “tempio” della kibeba, la stretta e lunga penisola che protegge dalle onde dell’Atlantico il magnifico porto naturale formato dalla baia di Luanda; una penisola che però da queste parti chiamano isola: la Ilha do Cabo, nota anche come Ilha de Luanda. Abitata in gran parte da pescatori, è anche sede dello Yacht Club locale, e nelle strette stradine che si affacciano direttamente sul porto dicono che si mangi la miglior kibeba di Luanda e, di conseguenza, dell’universo creato.

La nostra kibeba è in realtà una zuppa di seppie e ben sintetizza lo spirito della cucina angolana, che in seguito alla lunga dominazione coloniale del Portogallo ha finito con il combinare e mescolare sapori e metodi di cottura brasiliani, portoghesi e africani.

La preparazione del piatto è abbastanza semplice e gli ingredienti di base sono tre: seppie, cipolla e manioca, anche se molto spesso vengono aggiunte altre verdure, e in particolare i baccelli pentagonali della okra, dal sapore piacevolmente aspro. Si puliscono e si aprono in due le seppie e i baccelli di okra, si affetta la cipolla e si fa a pezzi la manioca, il tutto viene poi disposto a strati in una larga padella che viene posta al fuoco prima vivo, poi dolce e in finale di cottura di nuovo vivo.

Il tutto, e questo conferisce alla pietanza il suo sapore caratteristico, viene generosamente condito con olio di palma, jindungo e altre spezie locali, tra cui una sorta di polvere simile al pepe il cui nome in portoghese viene spesso equivocato con quello del jindungo: il risultato è una zuppa molto densa, o se volete uno stufato abbastanza liquido, che spesso viene servito con accompagnamento di una specie di polentina di farina di manioca.

Il jindungo è una varietà di peperoncino simile al micidiale piri piri, che arriva a totalizzare 100.000 SHU nella scala di Scoville, e come tutti i peperoncini proviene originariamente dal continente americano, dove è noto come malagueta chili. I mercanti portoghesi, che trafficavano in spezie tra le due sponde dell’oceano, lo introdussero in Angola e in Mozambico, e contemporaneamente portarono sull’altra riva dell’oceano quello che, per la sua piccantezza, avevano ribattezzato pepe di malagueta, originario dell’Africa occidentale, che è in realtà una polvere ricavata dai semi di una pianta simile allo zenzero.

Quanto all’olio di palma (che in Angola si chiama demdem), benché oggi demonizzato in Europa per ragioni dietetiche e ambientali, esso rappresenta da sempre un pilastro nell’alimentazione delle regioni equatoriali africane e i puristi lo ritengono insostituibile nella realizzazione di certe ricette tipiche.

Così come insostituibili, nella nostra kibeba, sono le seppie, anche se fuori da Luanda può capitare di vedersela proporre con gamberoni o, addirittura, con pesce al taglio… non vi consigliamo di provare a ordinare una cosa del genere nei locali della Ilha do Cabo: un vero muxiluanda (così si chiamano gli abitanti della penisola) lo considererebbe una vera e propria offesa alla sua cultura culinaria, e preferirebbe senz’altro il digiuno a una kibeba senza seppie e olio di palma.

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