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![]() digressioni gastro - filateliche a cura della Brigata di Cucina del Postalista |
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aceto balsamico | |||
Italia, 17 aprile 2012, Yvert 3287 | |||
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Le opere letterarie di Donizone da Canossa non brillano certo per stile e sfoggio di cultura, ma hanno senz'altro un grande pregio: rappresentano la fonte più ricca di notizie sulla vita di Matilde di Canossa. Fu, Matilde, uno dei personaggi più importanti e interessanti del nostro Medioevo, protagonista dell'aspro scontro tra impero e papato, durante il quale l'imperatore Enrico IV (che tra l'altro di Matilde era anche cugino) per tre giorni e tre notti si umiliò in ginocchio, il capo cosparso di cenere, davanti al castello di Matilde al fine di ottenere la revoca della scomunica inflittagli da Gregorio VII. Ma ai ghiotti occhi dell'Allegra Brigata di Cucina del Postalista Donizone, che di Matilde fu amico e confessore, ha anche un altro merito: nei suoi scritti, e precisamente negli Acta Comitissae Mathildis, si trova la prima citazione dell'aceto balsamico di Modena. Correvano gli ultimi anni dell'XI secolo, dunque, e già nelle terre modenesi si usava un condimento acido e denso, probabilmente derivato dall'antico garum romano, o secondo altri dall'altrettanto romano sapum. Il segreto della produzione di questa prelibatezza si è quindi tramandato attraverso i secoli nelle famiglie nobili di Modena e dintorni fino a diventare una delle ghiottonerie più ricercate dagli Estensi, che nel Rinascimento lo fecero conoscere e apprezzare nelle corti di tutta Europa. Oggi il segreto di quella produzione è regolato da una DOP e da un disciplinare rigorosissimo che stabilisce la provenienza dell'uva (Lambrusco e Trebbiano), le modalità di cottura e fermentazione del mosto, e i tempi dell'invecchiamento. Invecchiamento che deve durare almeno 12 anni, (ma per l'extravecchio si arriva fino a 25) e che si svolge dentro botti (almeno cinque, e comunque, per tradizione, in numero dispari) di legname pregiato via via più piccole, dato che il processo di condensazione del prodotto ne fa diminuire la quantità con il passare del tempo: sono le cosiddette "batterie di rincalzo". Tradizionalmente, le batterie venivano conservate nei sottotetti non coibentati delle case, e le variazioni stagionali della temperatura contribuivano a migliorare la qualità. La produzione di aceto balsamico tradizionale è un processo continuo di prelievo del prodotto finito dalla botte più piccola, di riempimento della parte mancante e di quella evaporata durante l'anno col prodotto contenuto nel barile immediatamente a monte (rincalzo). La frazione prelevata dalla botte più piccola, che è pari a circa un decimo della quantità iniziale di mosto cotto, prima di essere imbottigliata nei classici contenitori di vetro da un decilitro e posta in commercio, viene finalmente giudicata da una commissione di assaggiatori che assegna il bollino "aragosta" o "argento" a seconda del punteggio ottenuto durante la degustazione; solo l'extravecchio, e sempre a condizione di aver superato la prova di degustazione, si può fregiare del bollino "oro"... ...e con il suo bravo bollino "oro" viene poi venduto… a peso d'oro: un flacone di "aceto balsamico tradizionale" può arrivare anche a 300 euro. Troppi? Forse, ma la bassa resa, la complicazione e la lentezza del processo di produzione e l'inimitabile gusto dolce e acido al tempo stesso, e riccamente aromatizzato dai sentori delle botti di legno nelle quali è invecchiato, che si sposa a meraviglia con i più svariati piatti, dall'antipasto fino al dolce, rendono questo prezzo giustificato alle papille gustative dei ghiottoni di tutto il mondo. Un'alternativa più economica esiste, ed è quella del cosiddetto aceto balsamico di Modena, che prevede tempi di invecchiamento decisamente più contenuti e la miscelazione con normalissimo aceto di vino e caramello (per addensare e dare colore), ma non è ovviamente all'altezza del "tradizionale"… però, in mancanza di meglio, ci si può anche adattare. Da non prendere neppure in considerazione invece, almeno per le severe papille gustative della Brigata di Cucina del Postalista, le varie glasse, salse e condimenti che da qualche anno fioriscono sugli scaffali dei supermercati, ottenute addizionando a piccolissime quantità di mosto cotto, amidi, sciroppi, addensanti e aromi delle più svariate provenienze. |
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