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![]() digressioni gastro - filateliche a cura della Brigata di Cucina del Postalista |
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okonomiyaki | |||
Giappone, 12 febbraio 2025, Michel 12395 | |||
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Nella traduzione italiana del celebre anime giapponese Kiss Me Licia lo scorbutico padre della protagonista gestisce, a Tokyo, un ristorante dove si servono “polpette” non meglio identificate, che gli spettatori immaginano essere di carne di maiale, dato che qua e là spuntano delle belle fette di pancetta: una sorta quindi di hamburger giapponese, e del resto anche Poldo, il panciuto amico di Braccio di Ferro, nella versione italiana era ghiotto di polpette che altro non erano che, questa volta davvero, hamburger. Se però andiamo a vedere la versione originale del cartone giapponese, allora scopriamo che quelle “polpette” sono in realtà okonomiyaki, e se poi invece dell’anime prendiamo in considerazione il manga (fumetto) dal quale l’anime è derivato, allora scopriamo che il ristorante in questione, oltre a servire, appunto, okonomiyaki, è situato a Osaka. E allora la traduzione più appropriata sarebbe “pizza”, e non “polpette”, perché per ammissione degli stessi giapponesi l’okonomiyaki sta a Osaka come la pizza sta a Napoli, e dell’okonomiyaki Osaka è la regina indiscussa. Nato come piatto povero che metteva insieme un po’ alla rinfusa ingredienti economici, l’okonomiyaki, che alla lettera significa “quello che ti piace cotto alla piastra”, è oggi popolarissimo in tutto il Giappone, con infinite varianti locali che prevedono, esattamente come per la pizza, l’aggiunta di svariati ingredienti a quelli di base, che sono la verza, la pancetta e l’uovo. La ricetta è molto semplice, tanto che nei tipici ristoranti di okonomiyaki i tavoli hanno al centro la piastra dove cuocerlo, e molto spesso sono gli stessi commensali a farlo, magari assistiti dal personale del locale. In altri ristoranti un po’ più popolari ci si siede invece intorno ad un bancone all’interno del quale si affaccendano i cuochi. Preparano una pastella di uova, farina e dashi (il brodo base della cucina giapponese che esalta quel tipico gusto sapido che i giapponesi chiamano umami) alla quale incorporano il beni shoga (zenzero in salamoia) tagliato a dadini e il nagaimo (tubero locale simile alla patata) grattugiato. Poi incorporano alla pastella la verza affettata finissima e i cipollotti negi tagliati a rondelle e lasciano il tutto riposare un po’. Nel frattempo mettono sulla piastra le fette di pancetta fresca tagliata sottile e battuta col batticarne, e quando è ben rosolata la coprono con l’impasto di cavolo formando una specie di frittata circolare del diametro di una ventina di centimetri, per uno spessore di due. Quando l’uovo, cuocendo, avrà compattato l’okonomiyaki, è venuto il momento di girarlo per completare la cottura: è importante che l’uovo si rassodi e il cavolo sia ben cotto per avere un ottimo risultato. A questo punto passano al condimento: prima un leggero strato di otafuku, una salsa agrodolce prodotta marinando nella salsa di soia frutta, ortaggi e spezie secondo ricette tenute per lo più segrete dai vari cuochi e il tipico zig-zag di maionese (quella giapponese è meno acida della nostra); poi una spolverata di panko e alghe aonori seccate e triturate grossolanamente; e per finire una generosa grattugiata di katsuobushi, tonnetto essiccato leggermente affumicato, i cui leggerissimi fiocchi vibrano come ali di farfalla per effetto del calore sprigionato dal sottostante okonomiyaki appena finito di cuocere. All’impasto di base si possono aggiungere, seguendo le tradizioni locali e/o l’estro del cuoco, calamari tagliati a listerelle, gamberetti sakura-ebi, polpo lessato, spaghetti yakisoba, germogli di soia, pollo stufato e sfilacciato, daikon grattugiato, formaggio e, più generalmente, come dice il nome, “quello che ti piace", il tutto cotto alla piastra, servito ben caldo con una spatola per tagliarlo a cubetti, le immancabili bacchette e una bella birra ghiacciata.
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