digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

cebiche
Perù, 14 gennaio 2004, Yvert 1357
 
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Non è un caso che il francobollo che accompagna questa ennesima incursione gastronomica dell’allegra Brigata di Cucina del Postalista sia stato emesso nel 2004, così come non è un caso se, tra i tanti paesi che si affacciano sul Pacifico, dal Messico al Cile, abbiamo scelto proprio il Perù.

Proprio nel 2004 infatti il Perù ha dichiarato Patrimonio Culturale Immateriale della Nazione il piatto che noi siamo venuti a gustare nella città costiera di Trujillo, nel nord del paese… e anche questa scelta non è lasciata al caso. La città infatti sorge alla foce del fiume Moche, lungo le cui sponde intorno al 1000 a.C si sviluppò, per poi espandersi fino a interessare quasi tutta quella che oggi è la parte settentrionale della costa peruviana, la civiltà pre-incaica mochica.

Pare che siano stati proprio loro, i Moche, a preparare e a gustare i primi cebiche, e il nome di questo piatto fresco e gustoso deriverebbe dalla parola quechua siwichi, che significa "pesce fresco"… tanto fresco da non essere nemmeno cotto, ma solo marinato nel succo fermentato di una varietà locale del frutto della passione, il tumbo; a insaporire il tutto l’immancabile, in queste regioni, peperoncino.

Oggi, complici anche le usanze introdotte dagli inca prima e dai conquistadores spagnoli dopo, si usa il succo del lime e, in altri paesi, anche dell’arancia e del limone; e al sempre presente peperoncino (spesso di diverse varietà più o meno piccanti) si sono aggiunti anche la cipolla finemente affettata e l’aglio tritato.

Il pesce, almeno nella versione base, è rimasto invece lo stesso: sardine, sgombri, sogliole, spigole, piccole cernie e pejerrey, pesci autoctoni di tutta la costa occidentale del Pacifico, molto simili al nostro latterino. Viene accuratamente diliscato e tagliato a cubetti o fettine molto sottili, e quindi posto a marinare (per un tempo che può variare a seconda delle usanze locali e dei gusti del cuoco) nel succo di lime, condito con peperoncino sedano e foglie di coriandolo, e servito su una foglia di insalata con l’accompagnamento di choclo (chicchi di mais bianco gigante bolliti), cancha (mais tostato), yuyo (alga marina dalle foglie filiformi), camote (una sorta di patata dolce) e patate bollite.

Ad innaffiare il tutto l’onnipresente (almeno in Perù) chicha de jora, una birra di mais che pare gli inca usassero anche per marinare il loro cebiche, e una bevanda che a noi europei può apparire perlomeno strana, ma che vale davvero la pena assaggiare: il latte di tigre, che altro non è che il liquido raccolto sul fondo del recipiente in cui si è lasciato marinare il cebiche. Dicono che sia una rimedio infallibile dopo una solenne sbornia e che, e da qui deriverebbe il suo nome, abbia potentissimi effetti afrodisiaci… sarà vero?

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