digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

acciughe alla povera
Perù, 30 aprile 1970, Yvert 518
 
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Una ricetta, ed è subito chiaro dal suo nome, di cucina povera quella in cui oggi si cimenta l'allegra Brigata di Cucina del Postalista. Ma poveri sono solo gli ingredienti principali e la preparazione che, figuriamoci, non prevede nemmeno una cottura, almeno nel senso tradizionale del termine.

Per contro, queste acciughe alla povera, come vengono chiamate lungo la costa toscana, e in particolare a Livorno e provincia, sono particolarmente ricche di sapore e di proprietà nutritive, in gran parte dovute all'alto tenore di acidi grassi Omega-3, preziose sentinelle anticolesterolo dell'organismo umano, che il tante volte snobbato pesce azzurro può vantare.

La preparazione, ancorché un po' lunga, è semplicissima.

Servono, naturalmente, le acciughe: freschissime, decapitate, diliscate e sfilettate vanno fatte "cuocere" semplicemente coprendole con un buon aceto di vino condito con un generoso pizzico di sale; particolare importante, questo, perché il sale attenua l'acidità dell'aceto e al tempo stesso, durante il periodo di "cottura", riesce a salare in modo uniforme il pesce.

Dopo alcune ore, passate possibilmente in luogo fresco, i filetti si presenteranno completamente bianchi. A questo punto vanno scolati accuratamente (non lavati, perché un po' di sapore di aceto deve restare) e disposti in un vassoio, per poi essere conditi con olio buono, pepe o peperoncino a scelta, e se piace un po' di prezzemolo tritato. Sull'uso del pepe o del peperoncino i toscani, come è loro costume, sono divisi in due fazioni l'una contro l'altra armata.

Nella loro versione più semplice, le acciughe alla povera sono già buone così, ma è usanza comune, almeno in Toscana, arricchirle di un altro sapore, anch'esso povero: la cipolla. Cipolla bianca, che è più delicata (o meglio ancora cipollotti freschi, quando è stagione) affettata finemente a coprire i filetti disposti nel loro recipiente. Prima di consumarle, è bene lasciarle riposare qualche ora, ancora una volta in luogo preferibilmente fresco.

Se poi volete avventurarvi a scoprire un gusto un po' più deciso, allora vi conviene utilizzare le cipolle rosse, reperibili in diverse varietà nelle zone costiere toscane: dalla cipolla di Treschietto, particolarmente dolce e tipica della Lunigiana, alla cipolla di Massa Marittima, dall'aroma un po' più pungente e diffusa in tutta l'Alta Maremma. Nel mezzo, la cipolla di Montignoso, ottima anche in pinzimonio, e naturalmente, benché originaria di zone più interne, la quasi onnipresente cipolla di Certaldo, forse la più conosciuta di tutte. Se poi, fuori dalla Toscana, queste varietà dovessero risultare difficili da trovare, allora si può ripiegare in tutta tranquillità sulla rossa di Tropea.

I puristi sostengono che se la cipolla è rossa, di vino rosso deve essere anche l'aceto di "cottura", e rosso deve essere, purché giovane, fresco e di gradazione non troppo alta, il vino da abbinare a quello che può essere un antipasto, uno spuntino di metà mattinata, una robusta merenda, o semplicemente uno stuzzichino buono a qualsiasi ora del giorno.

Prima del tradizionale "buon appetito", un'ultima annotazione.

Se volete gustare il vero sapore delle acciughe alla povera, armatevi di pazienza e preparatevele a casa: quelle del ristorante, in ossequio ai più recenti regolamenti europei sulla consumazione del pesce crudo, devono essere sottoposte ad un procedimento di abbattimento termico (almeno 24 ore a temperature inferiori ai -20°C) ritenuto necessario per debellare parassiti come l'anisakis? la salute (forse) ne guadagna, il gusto (sicuramente) no.

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