digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

ÆBLEFLÆSK
Danimarca, 2 gennaio 2014, Yvert 1735
 
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Æbleflæsk: anche se il nome può sembrare impronunciabile alle nostre lingue, l'unica vera ragione per non pronunciarlo è che, una volta messo in bocca il primo boccone, con tutta probabilità non riuscirete più a fermarvi fino ad avere svuotato il piatto... e come buona creanza impone, a bocca piena non si parla.

Si tratta di uno dei più antichi piatti della tradizione culinaria danese, una tradizione che viene dalla campagna, dove questa preparazione a base di carne di maiale e mele è nata. E infatti la traduzione letterale dell'impronunciabile nome è esattamente e semplicemente questa: carne con le mele; un piatto che i contadini danesi hanno per secoli consumato principalmente nella stagione delle mele e del maiale, vale a dire da settembre a marzo, ed è per questo (oltre che per il suo contenuto calorico) considerato un piatto invernale.

Come per molte specialità di origine popolare, anche per il nostro æbleflæsk non si può parlare di una vera e propria ricetta unica, anche perché la disponibilità delle materie prime non conosceva ancora la destagionalizzazione alla quale la grande distribuzione ci ha abituato: materie prime che, per questa specialità sono, oltre alle mele e alla pancetta di maiale, cipolle e pane di segale

Nella Danimarca di una volta, il maiale si macellava tra novembre e dicembre (anche se in mancanza di pancetta fresca, si poteva fare ricorso a quella salata, affumicata, o anche seccata all'aria) e le mele si raccoglievano tra settembre e novembre (anche se le basse temperature ne consentivano la conservazione almeno fino a primavera), e questo ha dato origine a molteplici modi di cucinare l'æbleflæsk. Perché, se all'inizio dell'autunno si usavano mele belle fresche e pancetta salata o seccata, a Natale era la volta della carne macellata di fresco e delle mele tardive, mentre verso la primavera le mele ormai quasi secche si accompagnavano alla carne affumicata.

In linea generale, il procedimento era (ed è) sempre lo stesso, e consiste nell'arrostire in forno la pancetta tagliata a fette spesse almeno un dito. Nel frattempo si frigge nel burro la cipolla tagliata ad anelli: una volta che questi sono ben dorati si tolgono, e in quello stesso burro si fanno stufare le mele, insaporite con erbe aromatiche, fino a che non sono quasi spappolate. Le mele, caldissime, vengono quindi disposte su grandi fette di pane scuro di segale, spesso coperte di sottili fette di lardo, e guarnite successivamente con gli anelli di cipolla e, per finire, le fette di pancetta arrostita.

Naturalmente, oltre alle varianti date dalla materia prima a disposizione, bisogna mettere in conto anche le usanze locali e i segreti che ogni massaia metteva in campo (o per meglio dire, in tavola) per trattare al meglio, nel giorno di festa, gli uomini e le donne impegnati nel lavoro dei campi. Sì, perché nella tradizione contadina danese l'æbleflæsk era un piatto festivo: una sorta di premio gastronomico dopo una settimana di duro lavoro, e al tempo stesso una bella riserva calorica da spendere nella settimana successiva.

E questa tradizione si è in qualche modo mantenuta anche quando, con il processo di industrializzazione del XIX secolo molti contadini si sono trasferiti nelle periferie industriali delle città. Anzi, con il passare del tempo la vocazione festiva del nostro æbleflæsk si è andata accentuando, fino a farne una sorta di piatto nazionale (spesso rielaborato in chiave moderna, come ha fatto lo chef Claus Meyer per il piatto in effigie al nostro francobollo), praticamente irrinunciabile sulle tavole natalizie dei danesi...

...vebelkomme! og glædelig Jul!

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