digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

hwajeon
Corea del Sud, 15 giugno 2005, Michel 2469
 
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Che la cucina, e soprattutto quella tradizionale e genuina, sia legata alla stagionalità è cosa risaputa, anche se le moderne tecniche di coltivazione in serra e la facilità con cui frutta e verdura vengono trasportate fino al supermercato sotto casa da chissà quale parte del mondo tendono a farcelo spesso dimenticare.

Eppure esiste un piatto, in Corea, che della stagionalità fa una sua caratteristica precisa… anzi, potremmo dire che ne esiste uno per ogni stagione: lo hwajeon.

Si tratta di una sorta di frittella, o pancake, ottenuta impastando con acqua calda una particolare farina di riso molto ricca di glutine, e cuocendo il tutto in una speciale padella, il beoncheol, molto spessa così da distribuire omogeneamente il calore ed evitare antiestetiche bruciature. A fine cottura lo hwajeon deve essere bianchissimo, perché possano meglio risaltare le decorazioni floreali che ne sono parte integrante.

Lo hwajeon più tradizionale, la cui preparazione viene fatta risalire alla dinastia Goryeo (intorno all'anno 1000 dell'era cristiana) veniva (e viene tuttora) preparato in occasione della festa di Samjinnal, che cade nel terzo giorno del terzo mese lunare dell'anno, vale a dire all'inizio della stagione primaverile. All'impasto si aggiungono dei petali di azalea, e nelle fasi finali della cottura un'intera corolla viene posta sopra alla frittella a scopo decorativo.

Il risultato, piacevole alla vista e delicato al palato, è indicato col nome di jindallaehwajeon (jindallae è l'azalea, in coreano), e viene spesso accompagnato da un infusione di fiori di azalea in acqua addolcita col miele.

Ben presto si affermò però l'usanza di preparare lo hwajeon anche in occasione del nono giorno del nono mese lunare, il che viene a corrispondere con l'inizio dell'autunno. E siccome di azalee in fiore, in questa stagione, non ce ne sono, per aromatizzare e decorare la frittella è stato scelto il crisantemo. A differenza della versione primaverile, quella autunnale, che è chiamata gukhwajeon, non si accompagna con un delicato infuso ma, forse per contrastare gli incipienti rigori invernali, con un ben più robusto vino di riso, naturalmente aromatizzato al crisantemo.

Poi, a poco a poco, altre versioni si sono affermate, sfruttando le diverse fioriture stagionali, come per esempio quella dell'inizio dell'estate, dove la fa da padrona una particolare varietà di rosa gialla, e si chiama jangmi, mentre nella tarda primavera il fiore utilizzato è una viola (jebikkothwajeon), e durante l'autunno, oltre al tradizionale crisantemo, vengono impiegate anche le cosiddette creste di gallo (celosia cristata).

Praticamente, possiamo dire che ogni tipo di fiore può essere utilizzato, con l'unico limite dell'edibilità e del gusto.

E, si starà già chiedendo qualcuno, d'inverno? Ebbene, dal momento trovare fiori d'inverno è abbastanza difficile, vengono utilizzati altri ingredienti, come le giuggiole, i licheni del genere umbilicaria esculenta (che, tra l'altro, ha spiccate proprietà antivirali) e gli estratti di altre piante come l'artemisia e la sardonica.

Ovviamente l'effetto estetico delle decorazioni floreali si perde durante la stagione invernale, ma con l'arrivo della primavera, nel terzo giorno del terzo mese lunare, si ricomincia dall'azalea… perché come dicono da queste parti, ogni stagione ha il suo hwajeon.

 

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