digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

hachis parmentier
India, 1° aprile 1985, Yvert 834
 
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Filatelia Tematica



Se questo ennesimo viaggio gastronomico della Brigata di Cucina del Postalista non si apre con un francobollo dedicato a una ricetta, c'è una ragione ben precisa: la storia della patata, presente sulle nostre tavole un giorno sì e l'altro pure sotto le forme più disparate e appetitose, è in realtà la storia di una conquista.

Una conquista partita da una terra a sua volta conquistata, come gli altopiani andini, las punas altas, dove ancora prima degli Incas, le civiltà Aymaru e Tiahuanaco da quei tuberi strappati all'ingrata terra traevano, già 4000 anni fa, il loro sostentamento.

Furono proprio i conquistadores spagnoli, nella seconda metà del '500, a portare in Europa il solanum tuberosum. Che da noi ha preso il nome di patata, derivato dall'omonimo termine andaluso, originato direttamente dalla sua forma in lingua nahuatl (potatl), attraverso però l'uso altrettanto diffuso di termini come papa, di origine quechua, la lingua parlata dagli Incas e tuttora viva in Perù.

La diffusione della patata come alimento non fu tuttavia facile nel nostro continente. Scontava una robusta diffidenza nei confronti di tutto ciò che veniva da un mondo estraneo, con l'aggravante di crescere sotto terra, e si arrivò addirittura a sostenere che provocasse la lebbra.

La sua definitiva consacrazione giunse solo sul finire del '700, quando l'agronomo, farmacista e nutrizionista francese Antoine-Augustin Parmentier pubblicò una serie di ricerche sul valore nutrizionale della patata, arrivando a indicarla come un'arma in grado di ovviare ai problemi posti dalle ricorrenti carestie.

Adottato inizialmente come alimento adatto solo ai soldati di bassa truppa e ai galeotti, il nostro tubero arrivò ad essere proposto addirittura alla corte di Luigi XVI, dove lo stesso Parmentier lo presentò sotto la forma di una preparazione culinaria che, in suo onore, va ancor oggi sotto il nome di hachis parmentier.

Si tratta di patate lessate, ridotte in purea, e poi poste a gratinare in forno alternandole a strati di carne, per lo più avanzi, tritata (hachée, e di qui il nome di hachis) e fatta insaporire in padella. Un piatto povero ma robusto che, dopo aver sedotto le papille gustative dell'augusto monarca, fece il suo ingresso nella gastronomia francese.

Da quel momento in poi, il cammino della patata nella civiltà occidentale è diventato un trionfo, tanto che oggi non ci vuole poi troppa fantasia per immaginare un intero menù basato sull'antico tubero incaico: patatine fritte con l'aperitivo, pommes duchesse all'antipasto, gnocchi di patate come primo, un bel soufflé (ammesso e non concesso che riesca bene, cosa non facile), e per finire un dessert a base di zeppole, per poi passare alla fase della digestione, stimolata da un sorso di vodka... di patate.

Insomma, un cammino trionfale e saporito (e tra i tanti sapori ci piace ricordare quello semplice e stimolante della patata lessa condita con un trito di aglio e prezzemolo e uno spruzzo di olio buono) che ha portato pian piano il tubero andino a conquistare i quattro angoli del mondo.

Ci è parso dunque giusto proporre all'attenzione dei ghiottoni che seguono la nostra rubrica un francobollo che in qualche modo celebrasse una nuova tappa di questa conquista planetaria. L'emissione che presentiamo questo mese è dedicata infatti a un altro passo verso est del solanum tuberosum, e più esattamente al cinquantenario delle ricerche di acclimatazione condotte nel 1935, che portarono all'introduzione in India della coltivazione della patata.

Acclimatazione perfettamente riuscita, come può testimoniare chiunque abbia assaggiato le gustosissime aloo tikki, polpettine a base di patate e piselli servite con svariate salse piccanti nei ristoranti e nei chioschi del subcontinente indiano.

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