digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

panzanella
Uruguay, 18 novembre 2007, Yvert 2343
 
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Filatelia Tematica



Uno degli odori che la crescente industrializzazione sta pian piano cancellando dalle strade delle nostre città è quello che, specialmente nelle ultime ore della notte, esce dai forni a solleticare l'olfatto dei primi rari passanti o degli ultimi nottambuli.

Una fragranza calda che par quasi di risentire osservando il francobollo che oggi vi proponiamo, inserito in una serie permanente che le poste uruguaiane dedicano anno dopo anno ai mestieri (oficios) caratteristici e tradizionali ormai in via di sparizione: ci sono il venditore di paccottiglia varia, il ciabattino, il pescivendolo ambulante, il cuarteador (una sorta di postiglione che invece di sedere a cassetta cavalcava il primo cavallo del tiro), il gelataio... e c'è anche il fornaio, ovviamente immortalato nell'atto di estrarre dal forno una pagnotta calda e croccante.

Che calda e croccante, è naturale, resta solo per poche ore, e quello che avanza perde rapidamente la sua morbidezza. E se oggi c'è chi rimedia con surgelatore e, il giorno dopo, forno a microonde, una volta ci si doveva arrangiare riciclando in qualche modo il pane raffermo.

Senza contare che fino a non molti decenni fa, quando l'aggettivo "casalingo" non era una scusa per spillarvi qualche euro in più, in contesti diversi da quelli urbani il pane si faceva davvero in casa. Non tutti i giorni, certamente, e ci si trovava dunque nella necessità di sfruttare adeguatamente anche il pane raffermo, perché non si buttava via niente, e tanto meno il pane.

Che veniva a volte rimacinato finemente per essere sottoposto a un nuovo procedimento di panificazione, a volte grattugiato e utilizzato per ripieni o panature, ma nella maggior parte dei casi finiva con l'essere usato per dare consistenza (e capacità di saziare) a zuppe di verdure i cui ingredienti fortemente risentivano della stagionalità.

E' così che nascono la celebre ribollita fiorentina e la pappa col pomodoro cara a Gian Burrasca. Ed è così che nasce, durante la stagione estiva, uno dei piatti più semplici e al tempo stesso stimolanti della gastronomia toscana: la panzanella.

Difficile immaginare un metodo più frugale per riciclare il pane raffermo: tagliato a fette grossolane e lasciato a bagno in acqua, viene poi strizzato fino a sbriciolarlo e mescolato agli altri ingredienti, che nella versione più semplice altro non sono che cipolla rossa affettata finemente e basilico. Il tutto si condisce con sale, olio e abbondante aceto, naturalmente di vino rosso. Il vino da abbinare alla nostra panzanella è quello che una volta si chiamava acquarello: un rosso giovane di bassa gradazione (tanto da sembrare, appunto, annacquato), aspro e dissetante… meglio se leggermente frizzante.

Questa è la vera panzanella toscana, che però si può arricchire, a seconda della fantasia di chi la prepara e della disponibilità dell'orto, con altri ingredienti, alcuni dei quali ormai entrati a far parte in modo stabile della ricetta, come il pomodoro e la lattuga ed altri, usati più sporadicamente ma pur sempre abbastanza comuni, come cetrioli, peperoni a fettine, cuori di sedano e tonno.

Questione di abitudini e gusti, alcuni dei quali però da bollare decisamente come "barbari", e per questo deprecati e additati alla pubblica esecrazione dall'allegra (ma severa) Brigata di Cucina del Postalista: olive, sottoli, sottaceti, prosciutto cotto, chicchi di mais, mozzarella e (orrore!) wurstel.

E non fate passare troppo tempo tra la preparazione e la consumazione, per non perdere la sensazione di freschezza che la lunga immersione in acqua ha lasciato nel pane raffermo strizzato… sì, è vero, c'è sempre il frigorifero, ma non è la stessa cosa.

Ah, mi raccomando: il pane deve essere quello delle grosse pagnotte toscane, quello non salato che Dante con antifrastica nostalgia (Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui...) celebra nel diciassettesimo canto del Paradiso; gli altri, quelli che sanno di sale per intenderci, non sono adatti, e vi ritroverete nel piatto una poltiglia appiccicosa.

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