digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

bougna
Nuova Caledonia , 28 settembre 1999, Yvert 800
 
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Il nome del piatto che questo mese l'allegra Brigata di Cucina del Postalista è andata ad assaggiare all’altro capo del mondo ha un significato che più semplice non si può, e che richiama direttamente il modo con cui viene preparato, cotto, e portato in tavola: bougna, e cioè “fagotto”.

Siamo infatti sull’isola della Nuova Caledonia, una Collettività Francese d’Oltremare situata poco a nordovest dell’Australia, residuo di una presenza coloniale che probabilmente si estinguerà del tutto tra qualche mese, quando dopo decenni di rivendicazioni tese ad ottenere prima un po’ di autonomia, poi una forma di autogoverno locale, ed infine l’indipendenza, si terrà il referendum che dovrà sancire se separare o no la piccola isola dalla Francia.

E quella che andiamo a preparare, con tutta la lentezza che da sempre ha richiesto, è una pietanza di cui i kanak, primi abitatori dell’isola, si nutrivano già prima che, con lo sbarco di James Cook nel settembre del 1774 cominciassero i contrasti tra Inghilterra e Francia per il possesso della Grande Terre (come i francesi hanno poi battezzato l’isola maggiore) e del vicino arcipelago delle Isole della Lealtà.

La materia prima del bougna, a parte alcune piccole aggiunte importate dai colonizzatori, è quella offerta dalla natura, con ampie variabili stagionali: pollame, suini, pesci, gamberi, tuberi locali (patate dolci, una varietà di yam, e taro), latte di cocco e piante aromatiche. Anche il recipiente di cottura, quello che formerà il succitato “fagotto” si reperisce in natura… o per meglio dire, si fabbrica con materiali estemporanei quali le foglie di banano e di cocco.

La preparazione, almeno nella versione primigenia del nostro piatto, inizia molto tempo prima della cottura vera e propria, perché occorre avere a disposizione un certo numero di pietre arroventate, che andranno a formare un vero e proprio forno all’interno del quale verrà inserito il bougna. Questo viene confezionato posizionando delle grosse foglie di banano a formare una specie di piatto sul quale vengono posti a strati tutti gli ingredienti che si hanno a disposizione, cominciando da quelli che necessitano di cottura più lunga, come per esempio le radici di taro.

Tra gli ingredienti, oltre a quelli della tradizione secolare, oggi non è raro trovare anche quaglie (arrivate con i francesi e acclimatatesi perfettamente sull’isola), peperoni e pomodori. I vari strati vengono intercalati con piante aromatiche locali, terminando con una generosa innaffiata di latte di cocco, grattugiato di fresco e appena spremuto.

A questo punto si utilizzano le grosse e fibrose foglie del cocco per chiudere il bougna, avendo cura di intrecciare le più grosse a formare una specie di manico che poi servirà per spostare il “fagotto” sulle pietre roventi: la prima, piatta e molto spessa, viene posta direttamente sopra le braci; le altre (preventivamente arroventate) vengono poste in circolo a formare una cavità atta a contenere la quantità esatta di cibo da cucinare; altre pietre piatte (e roventi) fungeranno poi da “coperchio”, per una cottura che dura almeno un paio d’ore.

Al giorno d’oggi non è raro vedere usare delle pentole di ghisa di grande spessore, poste direttamente sul fuoco. In ogni caso, alla fine della lunga cottura, una volta aperto con due abili colpi di coltello il grosso involucro di foglie di banano ci si trova davanti a uno stufato che ha conservato, miscelandoli tra loro, i sapori di tutti gli ingredienti arricchiti dagli aromi delle spezie e ingentiliti dal latte di cocco.

Tratto distintivo del bougna ben cotto è la sua morbidezza, mentre l’accompagnamento ideale è ancora una volta fornito dal cocco: l’acqua contenuta dalle giovani noci ancora verdi e, in mancanza, il latte diluito in acqua.

Prima di augurarvi il buon appetito, è d’obbligo un’avvertenza: se vi dovesse capitare di mangiare un bougna tradizionale, magari ospitati da una famiglia autoctona, sappiate che tra le carni che troverete all’interno del “fagotto” ci sarà molto probabilmente anche quello che da queste parti viene considerato una vera ghiottoneria... il pipistrello.

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