digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

mate
Uruguay, 4 marzo 2004, Yvert 2156
 
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Ilex paraguariensis è il suo nome scentifico, e anche se si tratta di un albero alto fino a 15 metri, originario del bacino dell'Alto Paranà, in Sudamerica, è famoso perché serve a produrre un'erba. Non un'erba qualsiasi, ma quella che in Argentina e Uruguay è chiamata semplicemente yerba (erba, appunto) o, se si vuole essere più precisi yerba mate.

Si tratta in realtà delle foglie del nostro albero, essiccate e triturate, dalle quali si ricava, per infusione, una bevanda ad alto contenuto di caffeina e dalle spiccate proprietà toniche, diuretiche, digestive e antiossidanti.

Il nome mate deriva dal termine quechua (l'antica lingua degli Incas, tuttora parlata in molte regioni andine) matì, che indica una specia di piccola zucca, utilizzata per produrre il recipiente nel quale l'infusione viene preparata.

Largamente consumato fin da epoche precolombiane, quello che è universalmente noto come mate è al giorno d'oggi particolarmente apprezzato nel sud del Brasile, in Uruguay e in Argentina, dove se ne fa uso quotidiano e, soprattutto nel mondo dei gauchos, quasi rituale.

La preparazione segue infatti regole precise, che prevedono la presenza di un "maestro di cerimonia", denominato cebador, il quale si occupa di riempire di yerba il mate, formare al centro del recipiente una specie di buco, e versare al suo interno l'acqua bollente. Nel recipiente viene poi introdotta la bombilla, una sorta di cannuccia metallica la cui estremità è munita di un filtro, in modo di poter aspirare il liquido senza ingoiare le foglie.

La nostra piccola zucca viene quindi passata a turno a tutti i presenti, tornando ogni volta nelle mani del cebador che provvede a togliere una parte delle foglie, aggiungerne di nuove e riempire il mate di acqua, prima di porgerla a un altro ospite. Quando il "giro" è completo, si parte per un'altra mateada: un rito che può durare anche più di un'ora e che, almeno per i gauchos, segna la fine di una giornata di lavoro, in attesa del pasto serale.

Il cebador è di solito il proprietario del mate, che dopo averlo comperato, avrà anche provveduto a "prepararlo" riempiendolo di yerba e acqua calda e lasciandolo in infusione per una intera giornata; il procedimento, chiamato curado, va ripetuto per almeno quattro volte, meglio se per una settimana, e ha lo scopo di impregnare il recipiente del sapore dell'erba, eliminando tutti i sapori estranei.

A partire dal diciottesimo secolo, si cominciarono a produrre anche recipienti in legno, corno di bue o metallo: gli esemplari più pregiati sono addirittura in argento, molto spesso finemente lavorato. Il foglietto emesso dall'Uruguay nel 2004 in occasione della 18a Fiesta de la Patria Gaucha rappresenta tre esemplari di mate: uno metallico, l'altro di argento e il terzo (quello che vi proponiamo) ricavato dalla tradizionale calabaza, nome spagnolo della zucca.

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