digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

gaufre
Belgio, 19 novembre 2006, Yvert 3569
 
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Filatelia Tematica



Carlo Magno, ammesso che già se ne confezionassero di simili alle nostre, le chiamava con tutta probabilità wafla, da cui poi è venuto waffle. Nella regione del Brabante invece, grazie alla gutturalizzazione della w semiconsonantica iniziale, fenomeno linguistico assai comune nell’evoluzione delle lingue classificate come franciche, hanno preso nel tempo il nome di gaufre.

Nel Belgio bilingue di oggi, i due nomi convivono tranquillamente ed indicano un dolce a cialda, croccante fuori e morbido dentro, cotto su doppie piastre arroventate al fuoco, la cui superficie interna è lavorata in modo da conferire al prodotto finale il caratteristico aspetto “a grata” ben apprezzabile in effigie al nostro francobollo.

E cialda è esattamente la traduzione sia di gaufre che di waffle, e dalla lavorazione delle cialde a fini religiosi (per farne ostie da consacrare) nacquero prima le sottilissime oublie (dal basso latino oblata, cioè offerte in sacrificio) e poi le nostre gaufre.

Gli attrezzi e le modalità di preparazione sono sostanzialmente simili: si tratta di miscelare acqua e farina (per le ostie) e aggiungerci a seconda delle versioni locali uova, latte, burro, zucchero e a volte un po’ di vino bianco (per le oublie e le gaufres) e poi cuocere il tutto tra due piastre di ferro rovente e decorate a motivi geometrici o di fantasia. La consistenza della pastella determina lo spessore del risultato finale: sottili, e spesso arrotolate a cilindro o a cono le oublie (anche il cono del gelato ne è una variante moderna), più spesse e a volte addirittura lievitate le gaufre.

Inizialmente si vendevano al pubblico in occasione di ricorrenze o feste religiose, molto spesso addirittura sul sagrato delle chiese, poi il loro commercio si allargò anche a fiere e mercati, fino ad entrare nell’uso comune di buona parte dell’Europa nord-occidentale, diffondendosi anche, sia pur marginalmente, in Scandinavia, Spagna, e Italia.

Il termine, nella forma walfre, è attestato già nel 1185, e tra il 1430 e il 1770 sono numerosi i testi di cucina e i dizionari che riportano le varie grafie via via assunte, fino al definitivo gaufre, a partire da inizio ‘800. Innumerevoli anche le guarniture che vanno ad arricchire il fragrante manicaretto uscito caldo caldo dal “ferro” che lo ha al tempo stesso cotto e modellato: dalla semplice spolverata di zucchero alle marmellate di vario genere, dalla crema chantilly al cioccolato, passando per miele, sciroppi, e formaggi freschi

Nel Nuovo Mondo, dove oggi sono associate generalmente al Belgio e a Bruxelles, e sono spesso addizionate di lievito chimico, pare siano approdate già con la Mayflower dei Padri Pellegrini, che prima della loro partenza avevano per un certo periodo di tempo soggiornato in Olanda. Di qui il nome di waffle generalmente adottato negli Stati Uniti.

Si dice che Thomas Jefferson, uno dei padri della costituzione statunitense, abbia imparato ad apprezzarle all’epoca del suo soggiorno parigino durante la Rivoluzione Francese, e abbia addirittura riportato in patria un paio di fers à gaufres per poter continuare a godersele anche oltre oceano. Forse è solo una leggenda, ma oggi negli USA, dove la loro forma è quasi sempre rotonda, sono talmente popolari da avere una loro festa: il waffle day, che si celebra il 24 agosto.

A Bruxelles invece, tradizionalmente riconosciuta come loro patria, anche se oggi esistono numerosi tipi di piastre a forma di cuore, di fiore, di cerchio o di pupazzetto, le gaufre sono rettangolari, e sono particolarmente gradite come doni in occasione della festa di San Martino, l’11 novembre.

 

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