digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

shinseollo
Corea del Nord, 1° maggio 2003, Michel 4654
 
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Contrariamente a quanto molti potrebbero essere indotti a pensare, l'allegra Brigata di Cucina del Postalista non passa le sue giornate a bere e a mangiare… o per lo meno, non le passa SOLO a bere e a mangiare. E del resto, a forza di girovagare per il pianeta alla scoperta di gusti e usanze più o meno insolite e spesso sconosciute al resto del mondo, si finisce molto spesso con lo stimolare comunque curiosità che a volte (ed è giusto che sia così) travalicano il puro e semplice interesse gastronomico.

Era dunque quasi inevitabile che, in questo inizio d'estate del 2018, decidessimo di andare a metterci a tavola in Corea. Non al tavolo dei negoziati tra Nord e Sud, ma comunque ad un tavolo, al centro del quale troneggia l'inconfondibile recipiente del shinseollo, un piatto nazionale apprezzato tanto a nord quanto a sud del 38° parallelo.

La leggenda vuole che tra il 1494 e il 1506, quando era al trono il principe Yeonsan, decimo re della dinastia Joseon (della quale la dinastia Kim, oggi rappresentata dal leader nord-coreano Kim Jong-un, afferma di essere erede), considerato da molti storici come il peggior tiranno della storia coreana, uno dei filosofi di corte, tale Jeong Hee-ryang, probabilmente in segno di dissenso verso la gestione del potere del suo sovrano, avesse deciso di farsi eremita.

Abbandonando i lussi della corte reale, Jeong scomparve tra le montagne portando con sé solo un recipiente metallico che usava per cucinare zuppe a base di vegetali. La voce popolare presto lo definì shinseon, che secondo la dottrina taoista significa "spirito immortale", e con l'aggiunta del suffisso -lo (alla lettera "braciere") fu coniato il termine shinseollo per definire il suo unico strumento di cucina.

Il riferimento alla brace è giustificato dal fatto che questa strana sorta di pentola presenta al centro una specie di foro dai bordi rialzati all'interno del quale si introducono, appunto, tizzoni di brace ardente, ed è questa la fonte di calore che porta a cottura la zuppa, e la mantiene calda durante il pasto: sostanzialmente invariata nel corso dei secoli, questa singolare zuppiera è ancor oggi di uso comune in tutta la Corea.

Dal contenitore il nome è passato per metonimia al contenuto, che non è in realtà molto diverso da altre jeongol (zuppe calde abbastanza comuni nella cucina coreana), ed è costituito essenzialmente da piccoli tagli di carne (a volte pesce), verdure, ortaggi, legumi, funghi, radici commestibili, frutta secca di vario genere e spezie non eccessivamente piccanti. Quello che distingue lo shinseollo da altre preparazioni simili, è la ricchezza degli ingredienti, che può arrivare fino a 25 tipi diversi di prodotti (comunque essenzialmente vegetali) cotti lentamente in un brodo che si arricchisce pian piano dei molteplici sapori delle varie componenti.

Una ricchezza e una varietà aromatica che hanno piacevolmente sorpreso le papille gustative dell'allegra Brigata di Cucina del Postalista, e che nel corso dei secoli hanno fatto guadagnare alla zuppa dell'intellettuale dissidente di mezzo millennio fa il nome di yeolguja tang, che alla lettera significa "zuppa (tang) che rende felice la bocca"… per non parlare degli occhi, perché in un shinseollo degno di questo nome anche la disposizione dei vari ingredienti intorno al foro centrale del recipiente di cottura ha una sua importanza…

...un po' come la disposizione di politici e diplomatici intorno al tavolo delle trattative.

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