digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

chicharrÓn
Perù, 25 agosto 2011, Yvert 1974
 
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Del maiale, si sa, non si butta via niente, e fatte ovviamente salve eventuali prescrizioni religiose che vietino il consumo della carne suina, questo è vero non solo dalle nostre parti, ma sotto tutti i cieli.

A tutte le latitudini, ogni parte del generoso quadrupede è utilizzata, principalmente (ma non solo) a scopo alimentare, e capita spesso che anche gli scarti di certe lavorazioni siano a loro volta rielaborati per ottenere ulteriori prodotti mangerecci.

E' il caso di quelli che da noi si chiamano "ciccioli" e che nella penisola iberica prendono il nome di chicharrón, e che sono generalmente ottenuti al termine della procedura di estrazione dello strutto dal grasso sottocutaneo del maiale.

E così come da noi se ne conoscono numerose varianti a seconda delle regioni, e numerosi nomi, a seconda dei dialetti, anche in Spagna praticamente ogni regione ha i suoi particolari chicharrones.

Ad accrescere vieppiù tanta diversità gastronomica, nel caso della Spagna, ha contribuito il passato imperiale del paese: al seguito dei conquistadores le tradizioni gastronomiche iberiche sbarcarono infatti nel Nuovo Mondo, e qui si arricchirono di nuovi ingredienti, nuovi sapori e nuovi modi di cucinare, andando a formare così nuove tradizioni culinarie, tanto che al giorno praticamente ogni stato sudamericano ha la sua brava versione di chicharrón.

In Messico e in Guatemala, ad esempio, si usa friggere nello strutto solo la cotenna del maiale, fino a renderla croccante, mentre in Bolivia a finire in padella sono dei bei pezzetti di pancetta, completa ovviamente della cotica, che anche in questo caso deve risultare ben croccante. E se in Argentina e in Cile a volte vengono preparati anche con carne vaccina, in Perù torna in pentola il maiale, per una preparazione che differisce da tutte le altre.

Nel paese andino, e in particolare nella cittadina di Lurin che del chicharrón peruviano è considerata un po' la capitale, i ritagli di maiale (pezzi di costolette e di pancetta con l'immancabile cotenna) vengono fatti bollire fino a che, evaporato il liquido, si ritrovano a stufare prima e a friggere poi nel loro stesso grasso, per un risultato finale che alla croccantezza esterna coniuga una incredibile morbidezza interna.

Oltre alle modalità di preparazione, anche gli accompagnamenti variano da luogo a luogo, e il nostro chicharrón peruviano sarà dunque servito con le camotes (gialle rondelle di patata dolce) lessata, con il mote (chicchi di mais bolliti in acqua e calce) e condito con abbondante salsa criolla, che nella tradizione peruviana prevede l'uso di abbondantissima cipolla tritata, aglio, due o tre tipi di peperoncino fresco, limone e foglie di coriandolo fresche; il tutto innaffiato dalla tradizionale chicha andina, una birra ricavata dalla fermentazione del mais.

Un piatto completo, nato dall'incontro delle tradizioni spagnole con quelle andine, e del quale pare fosse ghiottissimo già il grande conquistador Francisco Pizarro... e per digerire il tutto, un bel bicchierino di pisco.

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