digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

dim sum
Hong Kong, 14 ottobre 2002, Yvert 1031
 
torna a

Filatelia Tematica



L'allegra Brigata di Cucina del Postalista torna a far rotta verso la Cina, e il punto di approdo scelto altro non poteva essere che il "porto profumato", da secoli considerato luogo di incontro tra Occidente e Oriente. Eccoci dunque a Hong Kong, per godere di una specialità quantomeno sfiziosa: il dim sum.

Una specialità che è ormai facile trovare in uno qualsiasi dei tanti ristoranti cinesi delle nostre città, ma che assaggiato a Hong Kong ha, come è logico, un sapore diverso e soprattutto una diversa ambientazione e modalità di consumo.

Nati come snack leggero servito insieme al tè nei posti di ristoro situati lungo le vie di comunicazioni più frequentate, nella zona di Canton e di Hong Kong questi piccoli bocconi cotti al vapore, in forno o fritti hanno inizialmente accompagnato il rituale del tè mattutino. Un rituale che, per gli anziani impegnati nella quotidiana pratica del tai chi, si prolungava fino alla tarda mattinata. Col tempo poi l'orario della loro consumazione abituale si è pian piano allungato fino all'inizio del pomeriggio, ed oggi è molto frequente consumarli, soprattutto nei fine settimana, in una sorta di brunch che generalmente coinvolge intere famiglie.

Difficilmente però sentirete un indigeno usare il termine dim sum: il nome che loro usano è infatti yum cha (alla lettera, bere tè), e infatti quando si entra in un locale specializzato in dim sum, una volta seduti, l'unica cosa che si trova sulla tavola è proprio una teiera. Da essa si serve il capotavola, dopo ovviamente aver riempito le tazze degli altri, e quando è vuota la copre col coperchio rovesciato, per far capire al cameriere che è ora di riempirla. Insieme alla teiera, sul tavolo è generalmente posta una lunga striscia di carta sul cui uso torneremo più avanti.

Tutto qui… niente menù, e quindi nessun cameriere a raccogliere le ordinazioni. Non sarete infatti voi a chiedere il cibo, ma il cibo a venire a voi, contenuto nei carrelli spinti in mezzo ai tavoli da inservienti che urlano il nome della specialità contenuta nel loro trabiccolo fumante… fumante, perché il dim sum si consuma caldo. Se, come noi dell'allegra Brigata, non riuscite a capire cosa essi vadano gridando, non c'è problema: chiamatene uno con un cenno e chiedetegli, anche a gesti, di farvi vedere cosa ha da proporvi.

Quello che spunterà fuori potrebbe essere, tanto per cominciare da qualcosa di ben conosciuto anche qui da noi, un piattino con su due spring rolls, gli involtini primavera (generalmente fritti, ma spesso anche al vapore) che però qui si chiamano cheng yun; oppure uno di quei piccoli canestri di bambù contenente tre ha gow, deliziose polpettine di gamberetti in farina di riso; e ancora, gli hum bow, una sorta di pagnottina bianca contenente di solito uno stufato di porco che fuoriesce da un taglio in croce praticato sulla pagnottina… esatto: sono quelli rappresentati nel francobollo, insieme chissà perché ad alcune classiche baguettes francesi, forse in omaggio al cosmopolitismo anche gastronomico di Hong Kong.

Tornando al nostro dim sum, ad ogni portata depositata sul tavolo, il manovratore del carrellino traccia sulla striscia di carta un ideogramma: quello è il vostro conto, e dovrete presentarlo alla cassa al momento di uscire dal locale.

Ma prima di allora avrete senz'altro assaggiato anche i chang fen, involtini di spaghetti cinesi ripieni di cavolo, carne o frutti di mare; e i ravioli ripieni di verdure e/o gamberi e/o pollo fritti (guo tie) o al vapore (xiao long pao); e magari l'intrigante xian shui jiao, dove il gusto agrodolce della pasta fritta nasconde il salato e spesso piccante aroma del ripieno di verdure e carne.

E più curiosi (e avventurosi) si saranno spinti magari a provare anche i ji zhua, che niente altro sono che zampe di gallina prima bollite, poi fritte, ed infine insaporite con una salsa di soia alle ostriche... prima di storcere il naso, provatele: noi dell'allegra Brigata lo abbiamo fatto e non ce ne siamo pentiti, ma se proprio non ve la sentite, ripiegate sui pai gu, costolette di maiale in aglio e peperoncino.

Insomma, un lungo festino composto da tanti piccoli bocconi, ognuno dei quali vi toccherà il cuore, perché secondo una vecchia tradizione di queste parti  点 心  (dim sum) significa proprio questo: toccare il cuore.

torna a

Filatelia Tematica